Georgia: l’alba dell’Eurasia dove tutto sta cambiando

, di Ernesto Gallo, Giovanni Biava

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Georgia: l'alba dell'Eurasia dove tutto sta cambiando

La Georgia è un Paese piccolo e molto fiero delle proprie tradizioni, che ha spesso dovuto difendersi dalle ambizioni di vicini potenti. Nei secoli è stata contesa da Turchi, Persiani e Russi, mentre Mikheil Saak’ashvili, il sanguigno ‘eroe’ della rivoluzione delle rose (2003), l’aveva consegnata in mano agli USA. Ora però le cose cambiano: nelle elezioni di lunedì scorso ha vinto un partito nuovo, ‘Sogno Georgiano’, guidato dall’eccentrico miliardario russofilo Bidzina Ivanishvili. Ecco dunque i russi di nuovo in pista.

Saak’ashvili, titoli presi alla Columbia Law School, amicizie importanti oltre oceano, si era presentato con piglio decisionista e programmi filo occidentali. A parte qualche successo, soprattutto nell’economia, egli si è però avventurato su terreni minati. Il tentativo di far entrare Tbilisi nella NATO e l’attacco all’Ossezia meridionale (agosto 2008) gli costarono la perdita di Abkhazia e della stessa Ossezia del Sud e la rottura di ogni relazione con Mosca. Il riacutizzarsi di problemi interni ha poi contribuito alla sconfitta del suo partito, il ‘Movimento Nazionale Unito’, ed all’ascesa al potere di forze vicine a Mosca.

Il nuovo uomo forte, Ivanishvili, ha accumulato una fortuna personale immensa: oltre 6.5 miliardi di dollari, quasi metà del Pil georgiano; in buona parte grazie ad affari compiuti a Mosca negli anni Novanta. Il suo grottesco compound sopra Tbilisi comprende cascate, zoo, giardini botanici, e forse ospita un certo numero di specie protette. Ivanishvili non è però fuori di senno; ha già annunciato che visiterà subito Washington, dove negli anni si è anche costruito un certo sostegno. Sa bene tuttavia che la sua stella polare è Mosca; azzardi come quelli del suo predecessore potrebbero costargli non poco. Da Mosca, ed in attesa di dati ufficiali, Medvedev ha già reso noto di essere disposto a riaprire il dialogo.

In tutta la vicenda c’entrava anche l’Unione europea, nella quale la Georgia di Saak’ashvili ambiva ad entrare. Spettatrice della battaglia tra filo occidentali e amici di Mosca, essa si è limitata a certificare la relativa regolarità delle elezioni. Un dato confortante, per la Georgia; ma Bruxelles è rimasta come sempre inerte. Un vero peccato, oltre che un errore politico; anche perché i georgiani guardavano all’Europa come alternativa all’invadenza USA ed alla morsa russa.

Il Cremlino intanto sta guadagnando simpatie ed appoggi molto più di quanto l’opinione pubblica internazionale si attendesse. E molto di più dell’Europa. In parte sono in gioco interessi anti USA, in parte la Russia ha molto da offrire (in termini di gas e petrolio in primis), in parte essa ha condotto una diplomazia accorta ed intelligente, anche grazie ad un professionista esperto quale il Ministro degli esteri Sergei Lavrov. In Medio oriente, Putin ha fermato la ‘primavera araba’ in Siria, con l’aiuto della Cina. Nell’area del Pacifico, Mosca si è riavvicinata a Tokyo, e il gruppo Itochu contribuirà con Gazprom alla realizzazione del South Stream, che coinvolge anche l’Italia e l’ENI. Nel Mare di Barents, dove potrebbero esserci ingenti riserve di petrolio, Russia e Norvegia cooperano, con buona pace degli USA. Putin potrebbe persino essere il primo leader russo a visitare il Pakistan, dove è già andato Lavrov; e anche lì si parla di un ‘grande gioco’ energetico e del trasporto di risorse dai giacimenti all’oceano.

Quale coronamento e cornice di fondo, Putin ha riproposto l’idea di Unione eurasiatica, una grande area politicamente ed economicamente integrata ed estesa dai confini polacchi alla Korea. Sogni alla Gengiz Khan? Ritorno all’Unione sovietica? Né gli uni nél’altro. Il punto é economico e politico, ed il cuore ne sono le risorse energetiche, che questo gruppo di Paesi potrebbe adeguatamente estrarre e lavorare. Ci sono poi risorse agricole, naturali, ed un’eccellente tradizione scientifica e tecnologica. Russia, Bielorussia e Kazakhstan hanno già avviato (gennaio 2012) un mercato comune unificato. Si noti che il Kazakhstan, un Paese più esteso di tutta l’Europa occidentale e gelosissimo della propria indipendenza da Mosca, ha recentemente rinforzato i propri legami con quest’ultima anziché, come ci si attendeva, con gli USA. La kazaka Eurasian Natural Resources Corporation, per citare una compagnia importante, ha un fatturato di circa 8 miliardi di dollari, quartier generale a Londra e operazioni in quattro continenti, soprattutto in Africa. Forse i nostri dirigenti europei credono di trattare con nomadi della steppa? O magari di accodarsi alla superpotenza americana?

Gli USA intanto restano in silenzio. La campagna elettorale ha momentaneamente sospeso molte questioni internazionali, dalla crisi siriana agli stessi guai europei. Da gennaio il panorama potrebbe essere diverso. Ancora più diverso se a vincere fosse Mitt Romney. La sua ascesa nei sondaggi ed il successo televisivo dimostrano che una parte dell’America rimane aggressivamente a destra. I Repubblicani non avrebbero pietà di Iran, Cina o economie europee in declino. Già ora sembra che il fantascientifico ‘scudo spaziale’ potrebbe essere costruito in Asia sud orientale, e non in Europa, come soprattutto la Polonia vorrebbe. Chiunque vinca a Washington, l’Europa dovrà abituarsi a essere più autonoma, e pronta a combattere per questo.

Non sarà facile. L’UE resta prigioniera dei mercati e dei ritardi sul problema spagnolo. Tra 2012 e 2014, Madrid necessiterà di oltre 150 miliardi di Euro per rifinanziarsi. Basteranno i 60 miliardi chiesti per le banche? O la penisola iberica si avviterà in un circolo vizioso simile a quello greco? E se dopo toccasse all’Italia... per poi arrivare in Germania? Queste sofferenze sono in netto contrasto con l’ascesa dell’Unione eurasiatica, che sta modellando i suoi primi passi proprio sull’esempio europeo. Con un nettissimo distinguo però: in ‘Eurasia’ non si parla di istituzioni democratiche – almeno non per ora. Il paragone è interessante perché alcuni paesi europei ‘traditi’ da Bruxelles hanno preso a guardare sempre più spesso a Mosca. C’è l’Ungheria di Orban che è a due passi da Italia e Germania; c’è Cipro, che ospita alcuni oligarchi russi ed ha chiesto a Mosca aiuti per 5 miliardi di euro; ci sono Bulgaria, Romania e soprattutto la Grecia, che con Mosca ha storici legami economici e culturali.

La vicenda georgiana, in fondo, illustra che l’Eurasia di Putin guadagna terreno laddove l’arroganza americana e l’inesistenza europea lo perdono. Delusi dal ‘sogno americano’ di Saak’ashvili, dimenticati dall’UE, i georgiani si sono rivolti al pragmatico filorusso Ivanishvili. L’Europa poteva rappresentare un’alternativa democratica. Ma in questa geopolitica di potenze emergenti, chi non ha potere non rappresenta nulla. Le classi dirigenti europee non se ne danno cura, e rischiano di trascinare con sé generazioni di cittadini e lavoratori, oltre alla qualità stessa della nostra politica democratica.

1. Gli autori ringraziano Vanna Pisa per il prezioso lavoro di ricerca 2. L’articolo è stato inizialmente pubblicato su Giovine Europa Now - Linkiesta 3. Fonte immagine Flickr

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