I problemi economici interni della Cina, così come quelli politici, dovuti alla presenza di minoranze etniche più o meno consistenti, presenti nel paese, sono noti ai più (vedi cartina [1]).
Mentre i primi però sono oggetto di forte interesse da parte dell’establishment cinese, i secondi o sono ignorati o sono affrontati solitamente con la forza nei confronti delle popolazioni ribelli, con la segregazione dei dissidenti e con la superiorità numerica dell’etnia Han [2].
Lo spauracchio che tormenta i dirigenti cinesi, almeno quelli più disposti a trattare con tibetani, uiguri e altri, è che la concessione di autonomie particolari possa portare alla dissoluzione della Repubblica popolare cinese. Questi timori non sono infondati se si pensa alla dissoluzione dell’URSS nei primi anni ‘90 [3].
Sfortunatamente i dirigenti cinesi non comprendono (o non vogliono comprendere) che questa situazione non può durare in eterno, prima o poi potrebbero esserci sommosse che potrebbero mettere a rischio non solo le ambizioni cinesi di egemonia planetaria, ma anche la crescita economica della Repubblica Popolare Cinese.
Dobbiamo però registrare l’opinione di molti analisti di relazioni internazionali e geopolitica che ritengono questo scenario remoto se non improbabile, almeno nel breve-medio periodo [4].
Tuttavia nei prossimi anni, molto probabilmente, si assisterà alla riunificazione di Taiwan alla Cina [5]. Questo evento non potrà verificarsi senza un ripensamento delle posizioni dei governanti della RPC sull’assetto dello stato.
La libera circolazione delle idee e delle persone tra Cina e Taiwan, l’influenza della cultura americana [6], internet [7], le condizioni dei lavoratori cinesi nelle fabbriche [8] sono tutti fattori che stanno influendo pesantemente sulle nuove generazioni di cinesi, che viaggiano, conoscono altre culture e soprattutto vengono a contatto con altri modi di concepire il mondo, il lavoro e l’essere umano e quando rientrano in patria, comparano.
Il ricordo di Piazza Tian’anmen è ancora forte nei cinesi, ma vale sia in senso negativo (paura) sia in senso positivo (speranza) [9].
Il rischio è che lo stato cinese si trovi impreparato ad affrontare questa situazione e che vengano davvero a crearsi le basi per l’affossamento e la disgregazione della Cina così come la conosciamo con tutti i corollari (scontri armati, diffusione armi di distruzione di massa sul mercato nero, ecc…).
La soluzione proposta da alcuni studiosi, fra cui Yin Jiaqui, importante leader della “Federazione per una Cina democratica”, residente a Parigi, prevede la nascita di una terza repubblica cinese “federale”.
In particolare la Cina federale di Yin jiaqui si dividerebbe in “loose republics” (Taiwan, Hong Kong, Macao, Tibet, Mongolia Interna e Xinjiang; e “close republics” (il resto della Cina). Le close republics dovrebbero formare una federazione, mentre la relazione tra questo nucleo federale e le loose republics dovrebbe essere di tipo confederale [10].
In realtà istanze federaliste erano già presenti negli anni successivi alla rivoluzione del 1911 [11].
Uno dei personaggi di spicco del tentativo di creare una repubblica federale cinese all’epoca sembra essere stato Chen Jiongming(vedi foto). Il pensiero di Chen è stato ignorato sia dai nazionalisti del Kuomitang sia dal partito comunista cinese; Chen, ribellandosi a Sun Yat Sen, considerato dagli uni e dagli altri come il padre della patria cinese, era stato bollato come reazionario [12].
Sembra che all’inizio lo stesso Sun avesse appoggiato le idee federaliste [13].
In realtà pare che il dissidio tra i due sia cominciato con l’interesse di Sun per la neonata URSS di Lenin e per visioni più centraliste dello stato.
Il pensiero di Chen si rifà, in parte, al pensiero degli anarchici cinesi [14].
Chinese anarchists propagated their ideas and belief by publishing journals, books and pamphets in Paris, Canton, Zhangzhou and Shanghai. Liang Bingxian sums up where they stood [15] :
1) Interpret and publicize Proudhon’s theories of social revolution and of private property; Kropotkin’s communism and theory of mutual aid to supplement social Darwinism; and Kropotkin’s philosophy of living.
2) Oppose racialism, nationalism and militarism.
3) Oppose arranged marriage and marriage for profits; advocate freedom in love.
4) Champion individual freedom, social equality and a classless but organized society.
5) Oppose imperialism and national boundaries; promote a world of Great Harmony (datong).
6) Oppose religion that stupefies people’s mind; advocate mobilizing human wisdom to enrich physical world.
La parte federalista delle idee di Chen invece, può essere sintetizzata dalle dichiarazioni rilasciate a Rodney Gilbert, corrispondente americano del North China Daily News (Shanghai) nel febbraio del 1921 [16]:
The people of China are not organized to express themselves or to make their collective will felt. They are accustomed, however, to self-government in their village communities, and if there is democracy in China, it will have to evolve from these communities and their tradition of self rule. We must work from the bottom up, and not from the top down as we have been trying to do for so many years......
We believe that if we begin the application of our ideas in Kuangtung [Guangdong] and if we are at all successful, the example will prompt the people of the provinces around us to insist upon a similar system, and that the movement will spread throughout China...If we can get a few provinces we can federate and bring in the others, one by one, until we have made over into a lien sheng cheng fu [liansheng zhengfu] - a Government of United Provinces.
Chen riuscì a tentare un primo esperimento nella provincia del Guandong che entusiasmò anche alcuni funzionari e osservatori stranieri [17].
Chen auspicò, durante i suoi ultimi anni di vita, l’applicazione dei principi federalisti per la ricostruzione dell’Asia, dell’Europa e dell’America e la possibilità di creare un’autentica federazione mondiale [18]:
1) Build the Chinese nation upon the principles of equality of wealth, equality of rights, and the equality of enjoyment.
2) Build Asia into an organized unit, a cornerstone for a world organization. To achieve a world in harmony (datong), Asia, Europe and America must be separately organized into federations.
3) Organize the world into a federation based on the principle of equality and peaceful co-existence. Abolish military organizations in every nation. China should play the role of founding member in such a world federation.
Chen, sconfitto da Sun, si rifugiò ad Hong Kong, dove morì nel 1933.
All’epoca il federalismo non riuscì a diventare popolare presso i cinesi anche per il timore che uno stato federale, simile a quello americano, non avrebbe difeso efficacemente lo stato cinese dalle aggressioni esterne.
Il figlio di Chen, Leslie Hung Dingyan Chen (1923-2006), ha mantenuto vive le tesi paterne, tramite un centro studi intitolato a Chen [19].
I documenti del centro studi, in inglese e scaricabili da internet, meriterebbero studio e attenzione da parte dei federalisti di tutto il mondo, cinesi e non.
L’Europa dovrebbe fungere da esempio per la Cina, dotandosi di un assetto istituzionale federale; dovrebbe inoltre appoggiare maggiormente gli accademici dissidenti che cercano di trovare una soluzione federalista ai problemi interni della Cina. Una Cina democratica e prospera conviene a tutti, non solo ai cinesi.
La debolezza dell’Europa all’estero arriva addirittura al punto da non poter sostenere idee utili, non solo per la stabilità futura della Cina, ma anche dell’Asia e di conseguenza del mondo? Speriamo non sia così.
L’urlo di Chen (o meglio del pensiero politico-filosofico di Chen), proveniente da un periodo di grande libertà di pensiero nella Cina del ‘900, non dovrebbe terrorizzare né l’occidente né l’oriente.
E’un urlo proveniente dal passato, ma rivolto al futuro; un urlo di rivincita e speranza di un uomo che dopo aver contribuito alla caduta di una monarchia assoluta millenaria ha cercato, inutilmente, di salvare dalle divisioni e da se stessa quella stessa Repubblica, per cui aveva combattuto.
1. su 21 novembre 2009 a 10:03, di Michele Ballerin In risposta a: L’urlo di Chen: il federalismo e la Terza Repubblica cinese
Complimenti per lo spunto, originale e interessante. Non conoscevo il personaggio, né che fosse esistito un pensiero federalista cinese. Mi sembra un bell’esempio di contaminazione culturale fra oriente e occidente, qualcosa sul genere di ciò che fece Gandhi nel suo tentativo di sintesi fra induismo, cristianesimo e tolstojanesimo: il tipo di operazione con cui bisognerà imbastire la trama di una cultura mondiale comune, a fondamento di una comunità politica (federale) planetaria.
Segui i commenti: |