Le profonde convinzioni federaliste del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sono note a tutti, almeno dalla sua elezione, e si sono manifestate nel continuo richiamo alla necessità di superare gli Stati nazionali (che già nel 1954 Luigi Einaudi aveva definito “polvere senza sostanza”), perché il loro futuro si costruisce soltanto in un’Europa integrata e politicamente unita.
Crisi democratica
Napolitano, d’altra parte, ha sempre sostenuto che la crisi della democrazia che investe tutti gli Stati dell’Europa (e si manifesta con la preoccupante sfiducia e il crescente distacco dei cittadini dai loro eletti) richiede di superare la chiusura della lotta politica entro sempre più asfittici ambiti nazionali, per dar vita ad una dialettica politica finalmente europea (cioè adeguata alla dimensione dei problemi fondamentali con i quali gli Stati si confrontano).
Nei recenti discorsi di Mestre (alla Fondazione Pellicani) e di Cernobbio, Napolitano ha approfondito le sue argomentazioni e chiarito il modello di Unione politica cui aspira e i passi che ritiene indispensabili per realizzarla. Napolitano ha sottolineato che i cambiamenti rilevanti al Trattato di Lisbona, realizzati per via intergovernativa (quali sono, di fatto, i trattati sul Fiscal Compact e sull’European Stability Mechanism) richiedono ora un processo di rafforzamento democratico e di conseguente evoluzione istituzionale dell’Unione. Del resto, ricorda il presidente, la visione dell’Europa da cui si è partiti era quella che intendeva giungere a gestire l’interesse comune “attraverso istituzioni democratiche, alle quali sia delegata la sovranità necessaria”.
Per la democrazia occorre quindi organizzare il passaggio dalla dimensione nazionale a quella sovranazionale, con le cessioni di sovranità che saranno necessarie, dagli Stati all’Unione. Sul piano istituzionale, l’Unione europea, deve tendere “a una forma federale multi-livello”: a una sorta di “poliarchia transnazionale”, secondo la definizione dello studioso americano Robert Dahl.
Occorrerà considerare come una ricchezza le diversità ma anche riconoscere “il potere decisionale supremo riservato alle istanze europee nella definizione e nell’attuazione dell’interesse comune”.
La scelta di Napolitano è chiaramente a favore della conclusione del processo di unificazione europea con la creazione di uno Stato federale, di cui individua e indica le categorie fondamentali, coincidenti con quelle classiche del costituzionalista americano Kennet C. Wheare: “autonomia e coordinamento» e «unità nella diversità”.
Sfera pubblica
Altrettanto chiara è la strategia che il presidente suggerisce per giungere alla costituzione dello Stato federale: richiede un processo costituente, da realizzare probabilmente tramite un’Assemblea costituente, poiché per ottenere il cambiamento occorre basarsi sul potenziale democratico della componente parlamentare, “comprendente insieme il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali che, senza sovrapporsi nell’esercizio delle loro distinte funzioni, condividerebbero, l’esercizio del potere costituente dell’Unione”.
Perché questo processo possa funzionare è necessaria la partecipazione diretta del popolo europeo e delle sue espressioni organizzate: i movimenti della società civile e soprattutto i partiti. In sintonia con il pensiero di Giorgio Napolitano, ricordo che Altiero Spinelli sempre ammoniva che “l’Europa non cade dal cielo” e che è essenziale la pressione dell’opinione pubblica sui loro governanti per “forzarli” a cedere la sovranità necessaria alla Federazione europea.
Ora manca “una sfera pubblica europea” che consenta la circolazione ed il confronto delle opinioni, così come “manca l’impulso decisivo delle leadership politiche cui spetterebbe la guida del processo” di costruzione dell’Unione federale .
Appare indispensabile, al presidente Napolitano, che i partiti si rinnovino, in Italia e in Europa, e questo rinnovamento non può avvenire se essi non trovano “il senso della missione comune di unire l’Europa, di farla vivere e pesare nel mondo di oggi e di domani”. I partiti possono rinnovarsi soltanto europeizzandosi nella loro dialettica, nella loro organizzazione, nei loro programmi, incluse anzitutto le opzioni che essi propongono per la costruzione della Federazione europea e per la soluzione dei problemi comuni di tutti i paesi europei.
Tabella di marcia
Ciò che mi preme rilevare è che dai recenti discorsi di Napolitano emerge una chiara novità rispetto alle sue precedenti posizioni. Napolitano propone infatti di realizzare tutte le innovazioni attuabili sulla base del Trattato di Lisbona e gli emendamenti introducibili con procedura semplificata, ma anche e soprattutto di porre mano alla riforma organica dei Trattati, attraverso la convocazione di una nuova Convenzione, ai sensi dell’art. 48 del Trattato, con l’obiettivo di trasformare l’Unione in una Federazione di Stati e di cittadini.
A mio avviso, quindi, la nuova Convenzione dovrebbe avere funzioni costituenti e porre mano ai nodi delle competenze dell’Ue, del riequilibrio dei poteri tra le istituzioni dell’Unione e tra questa e gli Stati membri, anche attraverso l’introduzione, per determinate materie, della regola del voto nel Consiglio europeo a maggioranza qualificata.
Il disegno della Convenzione costituente porta con sé l’esigenza di un’integrazione differenziata, affinché i paesi che vogliono procedere più speditamente sulla via dell’Unione federale non possano venire bloccati da quelli recalcitranti. Tutte queste fasi, a mio avviso, dovrebbero essere collocate all’interno di una “road map”, da ora alla Federazione europea, di cui siano specificati i vari passaggi e le scadenze.
Questa “road map” dovrebbe essere approvata dagli Stati disposti a perseguirla e accompagnata da una dichiarazione solenne di volontà politica, analoga negli scopi alla Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, che rappresentò l’atto di nascita dell’Europa comunitaria. Come scriveva Tommaso Padoa-Schioppa in una riflessione citata da Napolitano, “l’incompiutezza rende precario il già costruito”. Ma l’approvazione di un piano preciso, con scadenze temporali, da cui emerga chiaramente il senso di marcia e il punto di arrivo, produrrebbe effetti immediati, non solo sulle aspettative dei mercati ma soprattutto sulla fiducia e nella speranza dei cittadini, oggi fortemente depresse.
Non ci rimane che auspicare che tutte le proposte avanzate dal presidente Napolitano siano fatte proprie dal governo italiano e tradotte, in sede nazionale ed europea, in conseguenti atti di governo cui venga impressa la necessaria urgenza.
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