Mafia ed Europa

, di Davide Negri

Mafia ed Europa

L’Europa è, tra tutte le aree del pianeta, quella in cui gli effetti della globalizzazione e l’apertura dei propri mercati per via della creazione di un mercato e di una moneta unici senza protezione penale ha favorito la penetrazione di mafie da tutto il mondo. Paesi come la Spagna, per via della diffusa corruzione, vengono spesso citati dai rapporti della magistratura italiana come un vero e proprio contaneir di cocaina dell’Europa. Il traffico internazionale di cocaina è gestito per la maggior parte dalla ’ndrangheta calabrese che ha saputo costruire rapporti solidi con i cartelli colombiani e messicani di produzione della cocaina, accordi con i deboli governi africani per lo stoccaggio, e una rete capillare di distribuzione che partono da Spagna, Olanda e Italia. La Germania, ad esempio, ha ignorato a lungo l’ingresso nella propria economia di capitali di origine mafiosa ai tempi della riunificazione, dato che quei capitali contribuirono allo sviluppo e alla riconversione della Germania dell’Est a costo zero per l’economia.

Nei più importanti paesi europei vi è una legislazione anti-mafia non soddisfaccente o nulla, che non prevede il reato di associazione mafiosa. Poco è stato fatto a riguardo di sequestri e confische dei beni mafiosi. Paradigmatica è l’assenza di legislazione che aiuta lo svolgimento delle indagini come, ad esempio, in Germania dove è impossibile svolgere intercettazioni ambientali in luoghi pubblici o in Spagna dove per effettuare una perquisizione in un domicilio privato bisogna attendere l’alba poichè è impossibile effettuarla durante le ore notturne.

In questo scenario l’Unione europea non può svolgere alcuna funzione. Essa è prigioniera della sua natura confederale e del suo ruolo di semplice arbitro e regolatore del mercato. Le istituzioni europee, e in particolare la Commissione e la Corte di Giustizia, hanno il compito di garantire l’apertura del mercato interno e le libertà economiche, ma non hanno gli strumenti per proteggerle con un sistema penale europeo adeguato. La stessa azione amministrativa dell’Unione, quale l’erogazione di fondi comunitari, diventa fonte di continue frodi nelle aree ad alta presenza mafiosa.

Di fronte a questa drammatica, ancorché silenziosa, emergenza, molti commentatori e lo stesso Parlamento europeo hanno invocato la determinazione di norme penali a livello europeo contro la criminalità organizzata a protezione del mercato e della società. Ma il probema è che il diritto penale, essendo il potere più penetrante ed invasivo, rispetto alle libertà individuali e collettive dei cittadini, di cui dispone lo Stato per regolare la convivenza civile, può essere esercitato solo se legittimato democraticamente dal Parlamento. Invece un ipotetico diritto penale comunitario discenderebbe da fonti come il Consiglio (gestito dai governi nazionali) e la Commissione (solo sulla carta un organo indipendente) che costituiscono l’ esecutivo-legislativo di una istituzione non sovrana e derivata (nel senso che i suoi poteri le sono conferiti dagli Stati membri che possono in qualsiasi momento riappropriarsene).

Lo stesso Parlamento europeo - come ha affermato il 30 giugno 2009 la corte di Karslruhe - non fornisce all’Unione europea una legittimazione democratica paragonabile a quella garantita all’interno di uno Stato democratico dall’organo rappresentativo dei cittadini. In primo luogo, perchè si tratta di una istituzione che non rispetta il principio one man one vote, ossia il diritto dei cittadini ad essere rappresentati su un piede di parità. In secondo luogo perchè la divisione dei poteri non esiste ancora a livello europeo e il Parlamento né rappresenta il potere legislativo, né nomina o controlla il governo, e non è quindi legittimato a gestire l’amministrazione della giustizia penale.

L’unica possibilità di azione, per i diversi Stati europei, è aumentare il coordinamento tra le polizie giudiziarie e armonizzare le legislazioni nazionali anti-mafia, per evitare che i vuoti legislativi costituiscano incentivi per il sorgere di porti franchi giudiziari. E’ evidente il limite del fatto che la responsabilità di politiche anti-mafia ricada sui singoli Stati, nonostante le mafie controllino traffici illegali transnazionali e siano sempre più legati a quegli aspetti dell’economia globale che sfuggono al controllo delle autorità statali.

Da ultimo, è doverosa la critica sull’efficacia di accordi e convenzioni internazionali, relativi a norme penali contro la criminalità organizzata, per garantire l’uniformità legislativa della materia. Il punto cruciale, infatti, è la mancanza di organismi di controllo e di una polizia giudiziaria e investigativa in grado di perseguire le organizzazioni a livello transnazionale per far sì che non si debba ogni volta partire esclusivamente dalla rilevanza penale sul territorio dei singoli Stati. Infatti, nel caso una cosca mafiosa sia organizzata a livello europeo, le magistature dei vari paesi possono agire solo sulla base della rilevanza dei reati sul proprio territorio, e il risultato a livello europeo dipenderà solo dalla buona volontà di collaborazione tra le polizie giudiziarie e gli inquirenti dei diversi paesi. Le disposizioni penali di un accordo internazionale verrano poi applicate da organi giudiziari diversi senza che vi sia un organo superiore a livello europeo che ne garantisca una interpretazione uniforme e possa avviare azioni penali a livello europeo contro la criminalità organizzata.

Gli Stati non accorderanno mai ad un organo sovranazionale poteri di giurisdizione e di iniziativa contro reati legati alla criminalità organizzata e le mafie, poichè per la loro perseguibilità è necessario un sistema organico di norme penali sostanziali e processuali, comprensivi di penetranti strumenti investigativi e di controllo sull’economia: in poche parole nessuno Stato accetterà di perdere il controllo di un potere repressivo nei confronti dei propri cittadini per cederlo ad un organismo non legittimato democraticamente.

Riassumendo, la genesi delle mafie, come potere organizzato in grado di gestire la violenza, è solo uno dei tanti volti del fallimento del sistema contemporaneo formato da Stati divisi, sovrani e impotenti. La via obbligata per combattere un simile cancro del vivere civile è innanzitutto la creazione di un potere europeo in materia di giustizia. Ma tale potere non può esistere senza un’istituzione sovrana statale europea che sappia tradurlo in una consapevole scelta legislativa penale. Quindi in Europa, nella battaglia per il diritto e la pace, solo la creazione di uno Stato federale potrà fornire la possibilità di agire contro le mafie, a difesa della libertà e della democrazia delle nostre società, per tenere alta la fiaccola della giustizia.

Immagine: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Fonte: Flickr

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