Sono trascorsi trent’anni da quando il Parlamento europeo, sospinto con tenacia da Altiero Spinelli, votava a larga maggioranza (201 voti a favore, 37 contrari e 72 astensioni) il contenuto politico di quel che sarebbe divenuto, cinque mesi dopo, il progetto di trattato che ha aperto la strada all’Unione europea. Il cammino che aveva condotto al voto maggioritario del Parlamento europeo non era stato facile perché Spinelli aveva remato all’inizio contro la corrente dei governi che, guidati dal liberale tedesco Genscher ma di fatto tenuto sotto scacco dalla dama di ferro Thatcher, non volevano sentir parlare di revisione dei trattati di Roma, contro lo spirito di conservazione dei democristiani europei che temevano di vedere il loro europeismo evaporare nelle mani dell’ex confinato antifascista di Ventotene e contro le divisioni della sinistra europea dove l’impegno federalista di Willy Brandt era contrastato dal nazionalismo dei francesi e dei britannici.
Il timore dell’Europa sulla via del sottosviluppo (l’espressione era stata coniata dall’economista francese Michel Albert) fece prevalere nel Parlamento europeo lo spirito costituente che affondava le sue radici nel federalismo spinelliano con l’ambizione di rispondere alla paralisi intergovernativa e di preparare il terreno alla nuova Europa nella quale si avvertivano all’Est gli scricchiolii nell’edificio dell’imperialismo sovietico. Il progetto di Spinelli era, in effetti, rivolto a “tutti i popoli europei” con un messaggio forte di unità che dovrebbe essere ascoltato anche oggi da chi accarezza l’idea di un’Europa del Nord contro l’Europa del Sud, dell’Europa della moneta contro l’Europa della solidarietà continentale, dell’Europa del rigore contro l’Europa della crescita sostenibile. Al messaggio di unità si accompagnavano tuttavia due condizioni: il progetto sarebbe diventato patto di società o costituzione solo se approvato dai cittadini e una minoranza di popoli e di Stati non avrebbe potuto o dovuto impedire a una maggioranza di fare un salto verso l’Unione politica.
L’impegno costituente del primo parlamento eletto, sospinto dalla crisi, non è stato raccolto dall’attuale parlamento europeo che si avvia stancamente verso la fine della legislatura, un parlamento prigioniero delle logiche di schieramenti contrapposti e incapaci di dire no alle arroganze del Consiglio in tema di governance economica e di risorse finanziarie. È stata per ora inascoltata la voce di Jacques Delors e Gerard Schroeder che hanno lanciato un appello affinché sia riconosciuto nel prossimo parlamento europeo eletto un ruolo costituente.
Una spinta democratica e parlamentare potrebbe venire dall’incontro delle assemblee legislative nazionali ed europee (le “assise sull’avvenire dell’Europa” immaginate da François Mitterrand alla vigilia della caduta del Muro di Berlino e poi convocate a Roma nel novembre 1990 in vista del negoziato sul trattato di Maastricht) che il governo italiano vorrebbe riunire a Roma il 25 marzo 2014, un incontro a cui dovrebbe seguire sotto presidenza italiana e secondo la proposta di Laura Boldrini una grande conferenza della democrazia partecipativa. Pensiamo che si potrebbero invitare a Roma le associazioni che hanno promosso iniziative di cittadini europei per il diritto all’acqua, all’educazione per tutti, al pluralismo nei media, al reddito minimo garantito, allo sviluppo sostenibile (il progetto della DGB tedesca per un piano Marshall europeo che si incontra con quello dei federalisti europei).
Vale oggi come ieri il monito rivolto il 14 settembre 1983 da Spinelli ai suoi colleghi del Parlamento europeo: “avete letto tutti il romanzo di Hemingway in cui si parla di un vecchio pescatore che, dopo aver pescato il pesce più grosso della sua vita, tenta di portarlo a riva. Ma i pescecani a poco a poco lo divorano e quando egli arriva in porto gli rimane soltanto la lisca. Quando voterà fra qualche minuto, il Parlamento europeo avrà catturato il pesce più grosso della sua vita ma dovrà portarlo fino a riva. Facciamo quindi ben attenzione perché ci saranno sempre degli squali che cercheranno di divorarlo. Tentiamo di non rientrare in porto con soltanto una lisca”.
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