Recentemente ho assistito al dibattito organizzato all’interno della Festa del PD sugli Stati uniti d’Europa a Genova. Al dibattito, moderato da Brando Benifei (Vicepresidente ECOSY), hanno partecipato Lucio Levi (Presidente del Movimento Federalista Europeo), Pier Virgilio Dastoli, (Presidente del Consiglio Italiano Movimento Europeo), e due eurodeputati: Gabriele Albertini (PPE) e David Sassoli (PSE).
Durante i loro interventi Levi e Dastoli hanno analizzato lo stato di salute politica dell’Unione Europea. Levi ha citato il fondamentale operato di Altiero Spinelli, che nel 1941, in piena avanzata del regime fascista non abbandonava l’idea della Federazione degli Stati europei, anzi la promuoveva con il Manifesto di Ventotene (scritto in collaborazione con Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni) come uscita dalla guerra e dal regime nazi-fascista, mentre Dastoli ha dato una chiave di lettura riferita ai recenti discorsi sulla necessità di una consapevolezza politica europea evidenziata anche negli ultimi discorsi pubblici del Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Entrambi hanno posto spunti di riflessioni ai due europarlamentari presenti per parlare di una possibile uscita politica dalla crisi economico-finanziaria con cui l’Europa trova a misurarsi da due anni a questa parte e che oggi comincia a lambire anche l’economia di un paese trainante come la Germania.
La risposta di Albertini ha fatto leva sulla dicotomia ancora oggi presente tra l’unione monetaria ed economica realizzata e la mancata riduzione delle sovranità nazionali a favore di una sovranità «europea». Tesi interessante, ma non sufficiente almeno per quanto riguarda le possibili modalità di realizzazione di questo processo che in 50 anni si è compiuto solo in minima parte e vede ancora molta strada da percorrere.
Molto più discutibile l’intervento di Sassoli che, pur sottolineando gli importanti risultati raggiunti rispetto a quando i paesi europei erano in guerra tra loro, ha indicato quale causa della mancata unione politica e dell’avanzare dei movimento nazionalisti e populisti di estrema destra la scarsa partecipazione e l’inerzia di coloro che più di tutti hanno goduto dei vantaggi dell’Unione europea: gli studenti universitari del progetto Erasmus, che in questi anni hanno avuto la possibilità di studiare e vivere negli Stati dell’Unione.
Personalmente trovo di scarso spessore un intervento che cerca di spiegare l’assente coesione politica delle istituzioni europee (specialmente per quanto riguarda il Parlamento), riducendola ad un problema di scarsa partecipazione di una fetta molto limitata di cittadini europei (gli universitari e neanche tutti). Credo che Sassoli abbia dimenticato due fatti molto importanti: le manifestazioni in tutte le capitali d’Europa contro la partecipazione dei Paesi europei alla guerra in Iraq nel 2003 e i fatti del G8.
In entrambi in casi erano proprio loro, i giovani europei, e non solo, che scesero in piazza per manifestare la loro idea politica di Europa, capace di esportare i diritti e i valori democratici, di cui dovrebbe essere esempio, al di là di qualsiasi trattato o convenzione.
Ero presente ad entrambi gli eventi e la risposta dai Governi l’ho vista con i miei occhi: incapacità di tradurre in azione politica la volontà dei suoi cittadini nel primo caso, repressione violenta e sospensione delle leggi democratiche nel secondo.
Questo per citare due episodi chiave nella vita dei cittadini europei, senza addentrarsi nell’inconsistenza dimostrata durante le guerre nei Paesi della ex Jugoslavia, durante i quali gli Stati europei rimasero spettatori fino all’intervento della NATO.
Credo che prima di dimostrare di avere «il dito indice più lungo del medio» i nostri europarlamentari, e le istituzioni europee nel suo complesso, dovrebbero rivedere il loro operato e il loro reale impegno nella costruzione dell’Europa politica, per la quale finanziare progetti lodevoli come l’Erasmus o il Leonardo non è certo misura sufficiente.
L’Europa l’ho vista percorrendo le vie di Bruxelles durante i miei studi. Si, «ho goduto» (per dirla alla Sassoli) della cultura europea, dell’entusiasmo dei tanti giovani che come me negli Stati Uniti (con la u maiuscola) d’Europa ci credono veramente. Forse sarebbe l’ora che anche i politici europei dimostrassero che ci credono veramente, come fece allora Altiero Spinelli che vide in essa la luce per rischiarare le tenebre che avvolgevano l’Europa.
1. su 20 settembre 2012 a 13:00, di Carlo Pelizzo In risposta a: Stati Uniti d’Europa: da Altiero Spinelli ad oggi, molto rimane da fare
Se l’intervento di Sassoli è stato quello descritto, devo concordare sulla sua scarsa consistenza. Non ho al contempo osservato un atto penitenziale da parte dei parlamentari europei per il loro scarso impegno a difesa ed a sostegno di una politica comunitaria-unitaria per, forse, una scarsa visione del futuro o per una paura di essere troppo propositivi. Ed è allora che deve intervenire Draghi a suonare la sveglia, suggerendo le problematiche da risolvere, di competenza politica per uscire dal pantano in cui ci siamo trovati e, non certo, per colpa degli studenti o degli operai.
2. su 20 settembre 2012 a 19:40, di Zlatan In risposta a: Stati Uniti d’Europa: da Altiero Spinelli ad oggi, molto rimane da fare
poteva «loro» non prevedono di apportare un singolo sito, oltre al federalista, l’Europa Treffpunkt, Eurobull.it, Eurobull.it, che si sommano versioni più italiano, francese, inglese e tedesco . Una versione europea con gli articoli tradotti in 4 lingue. Sarebbe forse rafforzare la politica di traduzione del Movimento Federalista Europeo, che funziona bene per inciso quando è stato lanciato. Inutile discutere i benefici per l’obiettivo europeo di identità europea (?) Gran parte dei lettori e collaboratori del Federalist continuare. Quali sono gli ostacoli alla realizzazione che consentono un «salto federale»?
Perdono, è una google traduzione
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