Un compromesso al ribasso

, di Jacopo Barbati

Un compromesso al ribasso

A oltre due mesi dalle elezioni politiche, l’Italia ha finalmente un Governo, seppur di «larghe intese». Sarà destinato a durare?

«Giornata di festa»

Il giuramento del Governo, avvenuto al Quirinale il 28 aprile, è stato macchiato dal sangue di due carabinieri in servizio nei pressi di Palazzo Chigi, colpiti da un uomo che ha dichiarato che avrebbe voluto sparare a «un politico» e poi suicidarsi. Chiaro segno di una crisi non solo economica, ma sociale. In questo contesto, molti commentatori e giornalisti hanno parlato di «tremendo episodio che ha rovinato una giornata di festa». Ecco, definire «giornata di festa» il momento del giuramento di un Governo talmente misto che sembra impossibile possa funzionare potrebbe essere un pochino azzardato.

Compromessi

Proprio in questo momento di crisi sociale serve un Esecutivo in grado di dare risposte a questo Paese, a questa società profondamente colpita, divisa e a disagio. Invece, e questo dimostra che la politica è lo specchio della società, il Governo che ha giurato ieri incarna esso stesso le caratteristiche di crisi, divisioni e disagio. Partiamo da un presupposto: numericamente, le scorse elezioni sono state vinte dal PD, col M5S grande sorpresa subito dietro, il PDL ancora più lontano e il grande fallimento di Scelta Civica e degli altri partiti e movimenti vari. Poi, la pessima gestione dell’elezione del Presidente della Repubblica da parte del PD di Bersani (chiaramente brava persona, probabilmente buon politico, sicuramente scarso leader), che non è riuscito a imporre i propri candidati, ha portato alla clamorosa riconferma di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica e alla conseguente nomina di Enrico Letta a Presidente del Consiglio dei Ministri, incaricato di formare un nuovo Governo. E questo Governo è stato formato, animato da 21 Ministri di cui 9 gravitanti in orbita PD, 5 vicini al PDL, 3 esponenti di Scelta Civica, altrettanti “indipendenti” e un rappresentante del Partito Radicale. Non proprio riflettente l’esito del voto popolare. Altro che Terza Repubblica: siamo tornati ai tempi del pentapartito.

Sfide

Una composizione tanto eterogenea è di cattivo auspicio per ogni velleità europeista, tantomeno federalista. Ci saranno delle vere e proprie sfide da affrontare sul lato della politica interna: la strategia per aiutare le imprese a uscire dalla crisi, la creazione di nuovi posti di lavoro, una eventuale riforma della tassazione – con riguardo speciale all’I.M.U. - , riforma della legge sulla cittadinanza, taglio dei costi della politica, riforma della legge elettorale, riforme istituzionali varie. Tutti argomenti che vedono gli esponenti di questo Governo divergere completamente o quasi. Difficile si trovi spazio per discutere di integrazione politica europea, nonostante questo sia un tema caro allo stesso Letta (veramente notevole il suo discorso alla Camera dei Deputati in occasione del voto di fiducia: tra le altre cose, parla esplicitamente di “una maggiore integrazione verso un’Europa Federale”) e nonostante il Ministro degli Esteri sia Emma Bonino, non abbia mai nascosto simpatie federaliste. Nel breve periodo, tra l’altro, è molto probabile che il tema principale, per la Farnesina, sarà lo sviluppo della situazione dei fucilieri di Marina Latorre e Girone, alle prese con la giustizia indiana per il noto incidente che ha visto la morte di due pescatori indiani, scambiati per pirati dai militari italiani, e che ha avuto molta risonanza nell’opinione pubblica italiana. Un compromesso al ribasso quindi, che genererà profluvi di polemiche su ogni singola questione e che terrà ancora una volta il dibattito politico italiano ancorato al mero livello nazionale, non considerando che molti dei problemi che affliggono il Belpaese potranno essere risolti solo ed esclusivamente a livello sovranazionale. Perdiamo pure altro tempo, ma la Storia non aspetta.

Alternative

C’è anche da considerare che difficilmente un qualsiasi altro Governo avrebbe ottenuto la fiducia dalle Camere. C’erano poche alternative. Quale soluzione, allora? Un Governo con l’unico scopo di riformare la legge elettorale (attualmente indecente) e di porre fine al bicameralismo perfetto (progetti già vagliati dallo stesso Letta), con nuove elezioni a seguito di queste riforme che consegnerebbero finalmente al Paese una maggioranza in grado di governare e di aprirsi all’Europa e al mondo globale. Altro problema: siamo sicuri che la futura prossima maggioranza sarà filoeuropea o addirittura filofederalista? Questo lo decideranno gli elettori; per questo le forze europeiste e federaliste dovranno profondere il loro massimo impegno nel contrastare quelle demagogie che hanno identificato l’UE e l’Euro come unici responsabili di una crisi non solo economica, ma sociale.

Fonte immagine Commons.wikimedia

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