Se la lettera di Macron agli europei, che invita ad un Rinascimento Europeo, sollevava qualche perplessità di metodo, eccessivamente intergovernativo e quindi fortemente a rischio di legittimità democratica, la risposta della nuova leader della CDU tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer (più nota come AKK, vista la difficoltà, anche per i tedeschi, di pronunciarne il nome per intero), è agghiacciante: nazionalista, populista ed ostentatamente conservatrice.
AKK nega l’urgenza e persino l’opportunità (giustamente sottolineate da Macron) di affiancare alle sovranità nazionali una sovranità collettiva europea nei settori in cui risulta strategico presentarsi uniti nella competizione globale: difesa e sicurezza, politica industriale, grandi infrastrutture, ricerca e innovazione, transizione ecologica, piattaforme digitali, etc. Alla faccia del rinnovato Trattato di Aachen che prevede(rebbe) la condivisione, tra Francia e Germania, persino di organismi decisionali strategici su vari aspetti della vita economica e politica dei due paesi.
AKK smonta qualsiasi ipotesi di solidarietà europea, che è invece l’unico elemento essenziale per ridare fiducia e un senso di appartenenza comune ai cittadini europei. E non parliamo della mutualizzazione dei debiti, o della fissazione di un salario minimo (rivendicazioni improbabili); ma della stessa necessità di una qualche forma di stato sociale europeo. Se gran parte delle proposte di Macron erano affidate alla regia di nuovi organismi ad-hoc (di sapore eccessivamente tecnocratico), la Presidente della CDU rilancia gli Stati nazionali come unici depositari della legittimità democratica. Non si capisce, in entrambi i ragionamenti, dove sia il demos europeo; dove sia quella volontà collettiva europea, unica vera risorsa del Vecchio Continente per arginare la marginalizzazione dell’Europa in un mondo di colossi sempre più agguerriti, che probabilmente i politici fanno fatica ad individuare, ma che è estesamente presente nella società civile.
Quando AKK chiede alla Francia la condivisione del seggio francese all’ONU ha ragione. Ma le richieste devono poter essere accompagnate dalla disponibilità a mettere in discussione a propria volta alcuni dei capisaldi del proprio egoismo nazionale. In questo senso, entrambi gli interventi di Macron e AKK sono carenti proprio nelle proposte concrete: non rinunciano a nulla per costruire un’identità collettiva europea. E sinceramente, di queste mezze figure e dei loro calcoli elettorali, i cittadini europei ne fanno volentieri a meno.
Qualsiasi tattica elettorale non può giustificare una sensibilità così scarsa nei confronti dei cittadini che andranno a votare a fine maggio per rinnovare la loro assemblea rappresentativa.
Se questo dovesse emergere come l’orientamento del governo tedesco, l’ipotesi di procedere oltre nell’integrazione europea col metodo intergovernativo sarebbe già morta; un vicolo cieco. E se fosse solo l’orientamento della CDU, ci auguriamo vivamente che il PPE (Partito popolare europeo), storicamente favorevole ad un avanzamento, non un arretramento, della condivisione della sovranità in Europa, sia punito dagli elettori per questa posizione conservatrice di una delle sue componenti più importanti; soprattutto per evitare che oltre al metodo intergovernativo venga bruciato anche il metodo comunitario, tramite l’elezione di un Presidente della Commissione Europea debole.
Certo, sapendola sfruttare, una posizione così ambigua e nazionalista della CDU tedesca potrebbe portare alla ribalta delle prossime elezioni il consenso verso le componenti del Partito Socialista Europeo, sempre che i suoi rappresentanti nei vari paesi non si lascino anch’essi abbacinare dalla retorica nazional-populista.
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