Alla vigilia delle elezioni USA: lo scontro è ancora aperto

, di Giulia Sulpizi

Alla vigilia delle elezioni USA: lo scontro è ancora aperto

In un clima nazionale ed internazionale sempre più teso le elezioni statunitensi rappresentano un’ulteriore incognita. Ciò che accadrà alla Casa Bianca influenzerà le sorti del mondo tutto e non sarà privo di conseguenze.

Gli sfidanti si sono confrontati a lungo, in una battaglia accidentata e senza esclusione di colpi. Da una parte, Donald Trump non smette di enfatizzare la necessità di continuare la politica da lui intrapresa. Senza aver, infatti, imposto l’uso di alcuna precauzione per evitare la diffusione del Covid-19, ha, però, elaborato diversi piani economici volti a fronteggiare le disastrose conseguenze della pandemia, con l’obiettivo di risollevare l’economia americana. Sul fronte sanitario, inoltre, il Presidente uscente ha ipotizzato dei tagli profondi alla spesa, facendosi, però, al contempo sostenitore di progetti volti a ridurre l’ammontare dei premi dell’assicurazione sanitaria. Ha, poi, ripetutamente promesso di voler abbassare i prezzi dei farmaci. Idee encomiabili, certo, ma che ancora non hanno trovato una loro attuazione.

Trump continua, inoltre, a sostenere l’importanza di adottare una linea dura con la Cina e di agire sul piano delle relazioni internazionali mettendo “America first”.

Ed è proprio con questo grido – di superiorità e autonomia – che l’attuale inquilino della Casa Bianca, da sempre scettico sul cambiamento climatico, ha annullato la regolamentazione a tutela dell’ambiente, avvertendo che farà di tutto per uscire dall’accordo di Parigi. Nonostante queste posizioni, Trump non ha dimenticato di inserire dei progetti per l’ambiente nella sua agenda, dove ha menzionato la grande rilevanza di “ripulire gli oceani del nostro pianeta” e di mantenere l’accesso all’aria pulita e all’acqua potabile.

Dall’altra parte, il suo avversario Joe Biden non ha mai nascosto il suo malcontento circa la gestione del Presidente della pandemia. In tutta risposta, ha ideato un piano in sette punti per fronteggiare il Covid-19, sostenendo la necessità, ad esempio, di introdurre l’obbligo di indossare le mascherine a livello nazionale e di effettuare un maggior numero di tamponi. Il candidato democratico, interessato al tema della sanità, non ha, infatti, mai smesso di rammentare di essere stato accanto a Obama quando l’Affordable Care Act è stato convertito in legge e, per queste ragioni, ha promesso di proteggerlo e di espanderne l’ambito applicativo.

Biden, inoltre, al contrario del suo rivale, intende investire nell’innovazione e nella classe media stipulando nuovi accordi commerciali, delineando, così, nuove coalizioni di alleati e partnership.

Anche il cambiamento climatico è uno dei punti fondamentali del programma dell’ex vice di Obama, laddove sostiene la necessità di incentivare l’uso di energia pulita, con l’obiettivo di arrivare ad emissioni nette a zero entro il 2050.

Le diversità tra i due candidati e le loro proposte non potrebbero essere più evidenti e, non a caso, sono emerse chiaramente in occasione dei dibattiti televisivi. In questi ultimi eventi pubblici, in particolare, non sono mancate le offese e gli insulti personali, da una parte e dall’altra. Biden ha definito la sua controparte come “razzista”, mentre Trump lo ha accusato di avere troppa paura del Covid-19 per essere un buon Presidente. Al termine di questi scambi di battute – non troppo bonarie – i media statunitensi ed esteri hanno notato come nessuno dei due sia risultato particolarmente brillante agli occhi degli americani.

Per queste ragioni, entrambi i candidati difficilmente potranno dormire sonni tranquilli.

Nei giorni scorsi è stato il senatore repubblicano del Texas Ted Cruz ad avvertire i membri del suo partito del grande rischio che stanno correndo. La mappa elettorale 2020 appare poco favorevole al Presidente uscente, evidenziando, così, la possibilità – neanche troppo remota – che il G.O.P. perda la Casa Bianca e il Senato.

Gli ultimi sondaggi su base nazionale danno, infatti, Joe Biden in vantaggio di 11 punti su Trump. Il Presidente è in affanno anche in alcuni swing states e persino la Georgia, fedele, fino a poco tempo fa, ai repubblicani, tentenna, al punto che lo stesso Trump si è recato nello Stato per un comizio dell’ultimo minuto.

Ciò non vuol dire che il suo sfidante abbia la vittoria in tasca. Il percorso di Biden potrebbe rivelarsi più difficoltoso del previsto.

Quest’anno un numero molto alto di americani voterà, o ha già votato, per posta. Ogni Stato ha, però, procedure diverse per il conteggio di mail e absentee ballots, che possono essere scrutinate o al momento dell’arrivo della scheda elettorale per posta o prima del giorno delle elezioni o il giorno del voto.

Dalle notizie trapelate c’è, però, un elemento che necessita di essere oggetto di riflessione: Joe Biden è in vantaggio nei c.d. Stati dei Grandi Laghi, territori dove la Clinton nel 2016 aveva riportato delle cocenti sconfitte. Si tratta di un’ottima prospettiva per il candidato democratico, che vedrebbe, così, migliorare le sue possibilità di strappare la Casa Bianca a Donald Trump.

Bisogna, però, sottolineare che i risultati del voto di questi swing states arriverà non nei giorni delle elezioni, ma nelle ore e nelle giornate successive rispetto al 3 e al 4 novembre. Dunque, negli Stati dove Biden appare più favorito ci sarà da attendere più tempo per avere l’esito, mentre, in quelli in cui è meno forte, si avrà il dato finale a poche ore dalla chiusura dei seggi.

È in quest’attesa che potrebbero profilarsi non pochi problemi per il candidato democratico. Trump, infatti, da mesi alimenta l’allarme su presunti brogli nel voto per posta e ha affermato di non sapere se sarà disposto a riconoscere un’eventuale sconfitta. L’arrivo dei primi risultati a lui più favorevoli potrebbe spingerlo a dichiararsi vincitore, senza aspettare il quadro definitivo. Nel caso, invece, in cui il voto finale non gli garantisse la vittoria, potrebbe gridare al complotto e chiedere l’intervento della Corte Suprema.

È proprio la nomina – confermata con il giuramento del 26 ottobre – della nuova Associate Justice della Supreme Court statunitense a potersi definire decisiva. Dopo la scomparsa, infatti, di Ruth Bader Ginsburg, la scelta di un nuovo membro del collegio è risultata determinante.

Avendo, così, trasformato la Corte in un organo a netta maggioranza conservatrice, Trump è riuscito, a dispetto di tutti, ad assicurarsi un enorme potere: il potere di influenzare tutte le decisioni maggiormente controverse e scottanti del più alto consesso giudiziario degli Stati Uniti.

Non è un caso, infatti, che la designazione sia ricaduta su una donna, giovane e con molti anni di operatività di fronte a sé, prediletta come law clerk dal defunto Associate Justice Antonin Scalia – noto conservatore.

Il peso del suo voto nella Corte Suprema non sarà di poco conto e riuscirà a ribaltare e a riscrivere le sorti del Paese.

Comunque vadano le elezioni, quindi, Trump ha cambiato il volto degli Stati Uniti per i prossimi decenni.

Se in meglio o in peggio, questo lo potrà dire solo il tempo.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom