Black Lives Matter: partecipazione e omosocialità

, di Matteo Pautasso

Black Lives Matter: partecipazione e omosocialità

Eurobull.it, in partnership con il Centro Einstein di Studi Internazionali, pubblica di seguito un articolo realizzato come attività di ricerca all’interno del CESI Internship Research Project, http://www.centroeinstein.eu/.

Il 3 gennaio segna ormai un’altra macchia nera nella storia degli Stati Uniti: a Los Angeles vi è stato l’ennesimo episodio di violenza da parte delle forze dell’ordine su un uomo di etnia afroamericana, cugino del fondatore del movimento del Black Lives Matter. Egli, coinvolto in un incidente stradale, invece di ricevere un aiuto è stato gettato a terra e colpito ripetutamente dai poliziotti. Purtroppo questo non è che l’episodio più recente di una lunga serie di violenze.

Rekia Boyd, George Floyd, Amadou Diallo, Sean Elijah Bell e Oscar Juliuss Grant III sono solo alcuni dei nomi delle persone di etnia afroamericana che sono stati uccisi in circostanze simili e che hanno ispirato il movimento. In particolare tre attiviste, Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi nel 2012 hanno creato #BlackLivesMatter come invito all’azione per gli afroamericani dopo che il diciassettenne Trayvon Martin è stato processato postumo per il suo stesso omicidio e l’assassino, George Zimmerman (una guardia di quartiere), non è stato ritenuto responsabile per il crimine che ha commesso. È stata proprio la morte di Martin e ciò che ne derivò a spingere queste tre donne a proporre queste tre parole fondamentali e urgenti al popolo americano: le vite nere contano. Questo movimento, a differenza di quello per i diritti civili e del Black Power nati negli anni ’60, presenta alcune caratteristiche sociologiche differenti; mentre i primi possono essere definiti movimenti omosociali/omofili, il secondo necessita di un’analisi un po’ più complessa e approfondita per comprenderne la natura. Cerchiamo ora di comprendere gli aspetti fondamentali dell’omosocialità e i motivi per cui essa è legata al Black Lives Matter.

Prima di introdurre il concetto di omosocialità bisogna fare alcune considerazioni iniziali. Le persone presentano caratteristiche ascritte, ovvero date alla nascita, quali l’etnia o il genere, e caratteristiche acquisite, ovvero che cambiano durante il corso della vita di ognuno, quali ad esempio la posizione lavorativa o l’età; ognuna di queste ha qualità e specificità molto diverse. Si tende spesso ad associare le diverse caratteristiche di una persona alla propria categoria sociale di appartenenza, ignorando il fatto che ciascun essere umano è geograficamente e socialmente radicato in più mondi sociali distinti. Tendendo a interagire spesso con individui simili, gli esseri

umani e ogni loro esperienza vissuta all’interno di un determinato contesto non fanno che sottolinearne la posizione sociale all’interno del contesto stesso risultando così radicata socialmente in esso. L’omofilia è un fenomeno molto diffuso all’interno di un contesto sociale, che descrive la preferenza per persone simili alla luce di alcune caratteristiche comuni. Ogni aspetto culturale, comportamentale o genetico tende a essere socialmente radicato in un contesto. Preferire individui simili ha come conseguenza la tendenza a creare legami con essi e meno con gli altri.

L’origine etnica gioca un ruolo fondamentale nello strutturare le reti sociali nelle società multiculturali, in particolare negli Stati Uniti. L’omofilia base si unisce quindi a quella etnica fino a creare pregiudizi personali che dividono la rete sociale. L’omofilia etnica è radicata a partire dai legami più intimi come il matrimonio, i legami confidenziali o l’amicizia tra compagni di classe fino alle relazioni sul lavoro, le reti limitate di discussione su un tema particolare o il “sentito dire” su qualcuno. Secondo il campione probabilistico nazionale statunitense, solo l’8% degli adulti, inseriti in due o più reti sociali, discutono di argomenti importanti con una persona di etnia differente, il che è meno di un settimo dell’eterogeneità dei rapporti tra persone che osserveremmo se le persone scegliessero a caso tra la popolazione totale.

In riferimento al Black Lives Matter ora, è importante comprendere se effettivamente esso possa essere considerato un movimento omosociale o no. I partecipanti sono per lo più giovani, di simpatie democratiche e abitanti di grandi città, di conseguenza la componente dell’età è certamente presente. La fascia d’età più rappresentata si colloca tra i 18 e 29 anni (41%), seguita da quella tra i 30 e i 49 (38%). Il 15% di chi è sceso in piazza ha tra i 50 e i 64 anni, mentre solo il 6% è ultrasessantacinquenne. Riguardo alle manifestazioni contro il razzismo di giugno 2020 negli USA, c’è stato però un dato sorprendente: il gruppo etnico più rappresentato nelle proteste era di gran lunga quello dei bianchi. Lo certifica un sondaggio del Pew Research Center, prestigioso istituto di ricerca americano, secondo cui circa il 6% degli adulti statunitensi intervistati (il campione era di 9.654 persone) ha partecipato ad almeno una delle manifestazioni organizzate nelle due settimane successive alla morte di George Floyd a Minneapolis. I bianchi erano poco meno della metà di tutti coloro che protestavano contro il razzismo, ovvero il 46%, quindi più del doppio degli ispanici, che si fermano al 22%. Soltanto terzi la popolazione di etnia afroamericana, al 17%, seguiti dagli asiatici, all’8%. È interessante notare come in questo movimento l’omosocialità etnica non sia in realtà la dimensione principale, come lo era invece nel caso del Black Power; nel caso del Black Lives Matter, infatti, nonostante la maggior parte delle vittime sia afroamericana, la prevalenza dei partecipanti è di etnia bianca.

Da un punto di vista territoriale, ad aver preso parte alle manifestazioni antirazziste sono stati per lo più gli abitanti delle aree suburbane (42%), seguiti di pochissimo

dagli abitanti delle grandi città (41%). Soltanto il 17% dei dimostranti viveva nelle aree rurali del Paese. Ciò vuol dire che vi è stata anche un’elevata percentuale di partecipanti che provenivano dallo stesso contesto territoriale; si tratta di omosocialità a livello di collocazione geografica. Oltre a questa analisi percentuale quantitativa si deve tenere conto di alcune peculiarità. Negli USA, i bianchi (dai quali sono statisticamente esclusi gli ispanici, anche quando hanno la carnagione chiara e i tratti somatici europoidi) ammontano al 64% della popolazione; pertanto, è estremamente significativo che poco meno della metà degli antirazzisti scesi in piazza siano proprio bianchi, almeno a livello di visibilità mediatica del Black Lives Matter, all’interno del quale, una rilevante componente di avversione nei confronti di chi è di etnia bianca è più che evidente. Il Black Lives Matter incarna la “minoranza rumorosa” di un movimento più ampio e ramificato, plasmato per lo più da elementi pacifisti e moderati di etnia afroamericana.

Nonostante si possa riscontrare una più o meno evidente omosocialità in termini geografici e di età, non si può dire altrettanto di quella etnica. Infatti, quest’ultima, nel movimento del Black Lives Matter è presente in maniera molto minore rispetto al Black Power poiché - differentemente dal movimento degli anni ‘60 - era, ed è tuttora, caratterizzato da partecipanti di etnia certamente afroamericana, ma soprattutto di etnia bianca. Si può concludere quindi che nel caso del Black Lives Matter si riscontrano i caratteri dell’omosocialità solo parzialmente e che di conseguenza non rientra a pieno titolo tra i movimenti omosociali.

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