Chiamami col mio nome: perché la bisessualità esiste e non è uno stato di confusione

, di Sofia Masullo

Chiamami col mio nome: perché la bisessualità esiste e non è uno stato di confusione
Foto di Pontin Su da Pixabay

Mi definisco bisessuale perché riconosco di avere in me la potenzialità di essere attrattə – romanticamente e/o sessualmente – da persone di più di un genere, non necessariamente nello stesso momento, non necessariamente allo stesso modo, e non necessariamente con la stessa intensità.

Bisessualità è un termine ombrello che corrisponde alla “b” dell’acronimo LGBTQ+. Le persone bisessuali sono attratte sia dal genere uguale al proprio sia da generi diversi. In alcuni casi, quando l’attrazione verso un genere è predominante, ma non esclusiva, vengono preferiti termini come eteroflessibilità o omoflessibilità, terminologie che però lasciano spesso adito a molte discussioni e controversie. C’è poi chi confonde la bisessualità con la pansessualità, che di fatto non sono la stessa cosa: coloro che si identificano come pansessuali trovano che il genere di una persona sia irrilevante nel determinare la loro attrazione. Il desiderio pansessuale va dunque oltre il genere, ma anche oltre l’orientamento, perché a conquistare e ad attrarre è piuttosto la personalità, il modo di porsi, di essere della persona in questione, le emozioni ed anche la tensione erotica che entrano in gioco quando si è a contatto con questa persona.

Le persone bisessuali sono però vittime del pregiudizio bisessuale, o bifobia, che è diverso dal pregiudizio omosessuale. Per delineare gli aspetti della bifobia bisogna partire dal concetto di monosessismo. Chiariamo che le persone monosessuali sono quelle che provano attrazione per un solo genere: etero, gay e lesbiche. Secondo i princìpi del monosessismo, le persone etero, gay e lesbiche sono date per certe, e quindi socialmente esistenti, o quantomeno facili da individuare; questo consente la creazione di leggi e servizi specifici (canali informativi, formativi e di supporto sanitario).

Ma quindi perché la bifobia è un prodotto del monosessismo? Di base, il monosessismo discrimina le persone che provano attrazione per più generi o per nessuno (asessualità), sfociando in comportamenti bifobici e di bi-cancellazione, proprio perché la bisessualità non è conforme ai princìpi della monosessualità. Le persone bisessuali faticano a trovare il proprio spazio all’interno della comunità etero, ma anche in quella LGBTQ+, proprio in quei luoghi che si professano safe per tuttə. Le persone bisessuali non sono appunto contemplate in questo sistema di servizi, così come le persone asessuali, nell’errata convinzione e anche nell’aspettativa che quest’ultime utilizzeranno una combinazione dei servizi pensati per etero, gay o lesbiche. Spesso, anche in campo informativo, le tematiche “b” specifiche vengono distorte, trascurate o nemmeno trattate. Tutte queste cose messe insieme provocano inevitabilmente l’emarginazione e l’esclusione della comunità bisessuale. Non è certo un caso che le persone bisessuali siano molto più esposte a depressione, ansia, e pensieri suicidi.

La bifobia si potrebbe dunque riassumere in tre punti fondamentali:

  1. la negazione della bisessualità;
  2. l’invisibilizzazione della bisessualità;
  3. l’esclusione e la marginalizzazione delle persone bisessuali.

Questo percorso discendente e regressivo è figlio di due grandi macro-teorie di natura bifobica: in primo luogo l’instabilità dell’orientamento sessuale e in secondo luogo l’irresponsabilità sessuale delle persone bisessuali.

L’ instabilità dell’orientamento sessuale rispecchia la credenza comune, e quindi il pregiudizio, secondo cui la bisessualità sia uno stato di confusione sul proprio orientamento sessuale, una fase transitoria che col tempo porterà l’individuo a identificarsi inevitabilmente come etero o come omosessuale come meta esclusiva, secondo il principio per cui non può esistere una coesistenza; quindi, il principio per cui l’una esclude l’altra. Un altro falso mito connesso a questo discorso è che a lungo termine le persone bisessuali prediligano relazioni eterosessuali per mantenere i loro privilegi nella relazione monogama. Uno dei fondamenti della bifobia sta dunque nel negare l’esistenza stessa della bisessualità come orientamento sessuale distinto dalla eterosessualità e dalla omosessualità. L’irresponsabilità sessuale, invece, è un altro aspetto peculiare che la bifobia ha in comune con l’omofobia, ovvero la convinzione che le persone bisessuali siano sessualmente promiscue (quindi potenziali e probabili portatrici di MST), oltre che manipolatrici e incapaci di intraprendere relazioni monogame (quindi maggiormente propense al tradimento del partner, oltre che una minaccia per le altre relazioni, come se il tradimento fosse una prerogativa bisessuale inesistente nelle relazioni etero, omosessuali e lesbiche), e infine sessualmente attive e disponibili con chiunque. Si ha quindi un ritratto della bisessualità come di un comportamento sessuale amorale, confuso e disonesto, che ha come scopo quello di seminare disordine e promiscuità in nome di un mero capriccio. Capita anche che alcune coppie a orientamento misto si sfasciano perché uno dei due partner non si fida “dell’ambiguità e dell’indecisione dell’orientamento bisessuale/biromantico” dell’altro. Inutile dire che tali convinzioni sono chiaramente frutto della disinformazione. Cerchiamo quindi di fare chiarezza. In primo luogo, c’è la tendenza ad assimilare il concetto di bisessualità a quello di poliamore, e quindi ad intendere la bisessualità in opposizione alla monogamia.

Sbagliato! Il rapporto poliamoroso è una relazione consensuale caratterizzata dal fatto che ogni partner (appartenente a qualunque identità sessuale e orientamento sessuale) può avere contemporaneamente più rapporti d’amore. Esso rientra nell’ombrello delle non-monogamie etiche, cioè consensuali e regolate. Poiché le relazioni poliamorose sono basate sul consenso di tutte le persone coinvolte (che devono quindi essere informate delle situazioni relazionali e sentimentali in cui si trovano inserite) non possono definirsi poliamorose le relazioni caratterizzate da clandestinità. Quindi no, bisessualità non vuol dire poliamore. Possono esistere sì persone bisessuali poliamorose, ma anche monogame. E inoltre, no: le persone bisessuali non provano attrazione per chiunque gli capiti davanti agli occhi. È come dire che una persona eterosessuale, in quanto tale, si sente attratta sessualmente e/o romanticamente da qualunque persona del sesso opposto gli capiti di incontrare. Allo stesso modo una persona gay o lesbica non necessariamente prova attrazione sessuale e/o romantica per qualunque persona del proprio sesso, proprio perché entrano in gioco altri fattori, oltre l’identità sessuale e l’orientamento.

Inoltre, la tendenza a giudicare l’orientamento sessuale di una persona esclusivamente dal sesso del partner (quindi l’ascrivere una persona bi all’essere etero o gay a seconda del genere dellə partner del momento) è uno degli aspetti del processo di invisibilizzazione delle persone bisessuali, oppure, in assenza di comportamenti bisessuali, la tendenza a mettere in discussione l’identità bisessuale di un individuo. Eppure, in genere, di una persona eterosessuale non si mette in dubbio (o quanto meno in discussione) l’orientamento sessuale, anche quando non ha avuto rapporti con persone del sesso opposto, proprio secondo quello che è il principio dell’eteronormatività sostenuta da moltə.

Questi fenomeni di stigma e stereotipia sono tuttora presenti in numerosi contesti: i media mainstream; il settore scientifico, psicologico, politico e legislativo; in seno alle comunità gay e lesbiche; nelle scuole e negli ambienti di lavoro. In alcuni casi, le persone bisessuali vengono perfino usate come veri e propri feticci in risposta a fantasie sessuali, come per esempio il sesso a tre.

E sullo stigma a cui sono sottoposte le donne bisessuali? Se ne potrebbe scrivere molto. Troppo, purtroppo. Da un lato gli uomini bisessuali vengono umiliati nella loro mascolinità, il loro orientamento viene completamente ignorato e la società li etichetta spesso come omosessuali, oscurando quindi l’orientamento bisessuale. Il discorso sulle donne bisessuali prende, invece, una deriva diversa: all’eteronormatività e alla lesbofobia si aggiunge anche la misoginia (anche se omofobia e lesbofobia sono entrambe frutto di una deriva misogina). È frequente che sia donne lesbiche che bisessuali impegnate in una relazione con una donna si sentano dire in continuazione che le vere relazioni si hanno solo con gli uomini, e che saranno felici, appagate e complete solo quando avranno un uomo. La convinzione che una donna debba avere al proprio fianco un uomo è intesa sia in senso emotivo e romantico che dal punto di vista sessuale, proprio perché secondo la mentalità fallocentrica solo se si è pene-muniti si può soddisfare una donna, il che riconduce anche all’idea che un rapporto sessuale sia possibile solo con la penetrazione. L’idea che la soddisfazione sessuale di una donna si realizzi solo con la penetrazione è una deriva pericolosa, resa possibile anche a causa della complicità con la pornografia mainstream e della diseducazione sessuale. Inoltre, questa convinzione fa comodo a molti uomini semplicemente perché in questo modo durante un rapporto sessuale fanno meno fatica. «Dici di essere lesbica/bisessuale solo perché non hai mai provato il pene»: un ritornello per nulla orecchiabile, purtroppo trasmesso a ripetizione, e generalmente da uomini etero cisgender. Con una frase del genere è chiaro come, in certi casi, si voglia intendere “il mio pene”, al che verrebbe da pensare che in alcune di queste persone ci sia la puerile convinzione che il pene serva a battezzare o convertire all’eteronormatività. Breve memorandum: in Italia non sono (ancora) ufficialmente considerate illegali le terapie di conversione.

Quando mai è successo invece che un omosessuale abbia cercato di convertire un etero? La bifobia - direzionata nello specifico verso le donne - considera le relazioni con le donne temporanee e comunque subordinate al piacere maschile, quindi solo una fase transitoria. Talvolta alcuni partner sostengono che, pur essendo in una relazione monogama, essere traditi con una donna è accettabile, mentre con un uomo no, poiché questo minerebbe la loro virilità. Secondo quest’ottica il rapporto con un’altra donna non è considerato come un vero e proprio tradimento, dato che alla fine le loro partner sceglieranno sempre gli uomini.

Se si investissero tempo e risorse all’ educazione affettiva, sessuale e di genere forse si comincerebbe a spianare una strada che porrebbe fine all’invisibilizzazione, all’esclusione, all’emarginazione, alla stigmatizzazione e alla mortificazione delle differenze sessuali, soprattutto a beneficio dei più giovani che iniziano a scoprire più da vicino la propria identità e si affacciano per la prima volta alla dimensione dell’affettività e della sessualità. Ma siccome dall’alto non c’è alcun interesse a promuovere queste iniziative, e quindi a creare individui consapevoli e in grado di autodeterminarsi, è più comodo continuare a nutrire fallocentrismo, eteronormatività e misoginia a supporto dello status quo. Siamo il Paese della diseducazione sessuale.

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