Cittadini e magistrati UE in piazza per lo stato di diritto in Polonia

, di Roberto Castaldi

Cittadini e magistrati UE in piazza per lo stato di diritto in Polonia
La sede della Corte Costituzionale polacca a Varsavia - By Jurij - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1427225

Si è svolta ieri a Varsavia una grande manifestazione a difesa dello stato di diritto, aperta da oltre un migliaio di magistrati in toga, a cui hanno partecipato magistrati provenienti da tutta l’Unione Europea. Si tratta di un fatto inedito e straordinario. Come gli stessi giudici hanno sottolineato, i magistrati non sono soliti scendere in piazza, e stavolta si sono sentiti obbligati a farlo, non per ragioni politiche o corporative, ma a tutela dello stato di diritto, e quindi dei diritti di tutti i cittadini.

La grande partecipazione popolare mostra che nella società polacca ed europea ci sono ancora anticorpi contro le pulsioni autoritarie di una destra nazionalista che mette a rischio conquiste storiche come lo stato di diritto. E la presenza di giudici da tutta l’Unione, mostra ancora una volta come l’UE sia una comunità e un progetto politico, fondata su valori condivisi, e non un mero mercato economico, sebbene la sua unificazione politica - su basi federali e quindi volta a valorizzare le differenze interne - sia ancora incompleta.

La Polonia è stata la culla di Solidarnosc, il primo sindacato indipendente nell’ambito dei regimi comunisti. Lì si sono avute prime importanti crepe nel sistema comunista, anche grazie al ruolo della chiesa cattolica e di Papa Wojtyła. Lì si sta manifestando una resistenza al tentativo di “normalizzare” la magistratura mettendola sotto il controllo del governo, come già è stato fatto con la TV pubblica, ormai considerata come uno strumento di regime da molti polacchi. Una resistenza che si è di recente manifestata con l’appello dei sindaci delle capitali dei Paesi di Visegrad, perché come spesso accade è nelle grandi città che la resistenza alle svolte autoritarie si manifesta più facilmente.

E ciò accade in un momento in cui il governo polacco sfida l’ordinamento giudiziario europeo, dopo che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE e della Corte Suprema polacca avevano bocciato la riforma del giudiziario polacco. Il PiS, il partito nazionalista, conservatore, di destra – sempre più estrema – al governo risponde con nuove norme volte a sanzionare i magistrati e a spostare tutte le sentenze riguardo ai giudici e all’ordinamento giudiziario ai presidenti dei tribunali di nomina governativa – secondo le nuove norme introdotte dal PiS. L’accelerazione e la sfida all’UE sono anche un segno di debolezza. Il PiS teme di non vincere le prossime elezioni presidenziali in primavera. Avere il pieno controllo della magistratura, oltre che dell’informazione è dunque decisivo per completare il consolidamento del potere e rendere inoffensivo un eventuale Presidente esponente dei partiti ora all’opposizione.

La presidente della Corte Suprema polacca aveva già messo in guardia che se il governo avesse ignorato le deliberazioni della Corte Suprema e della Corte di Giustizia dell’UE in ultima istanza ciò sarebbe stato incompatibile con la permanenza nell’UE, di cui si contestava di fatto l’ordinamento giuridico e i valori fondanti. Ora a darle sostegno sono scesi in piazza migliaia di cittadini e magistrati da tutta Europa.

Non altrettanto forte, purtroppo, è stata la reazione in Ungheria, dove Orban da anni porta avanti un processo analogo, ed anzi più avanzato. La sua riforma del giudiziario – con pre-pensionamento dei giudici – era stata dichiarata illegale dalla Corte UE, ma i tempi della decisione erano stati tali, che comunque la maggior parte dei giudici cacciati o aveva raggiunto l’età della pensione o ha scelto di non rientrare in servizio, perché ormai la situazione era compromessa. E dopo aver preso il controllo del sistema dell’informazione, anche grazie a una serie di oligarchi a lui vicini, ha potuto poi varare norme volte a normalizzare la società civile – fino alla cacciata della Central European University, costretta a lasciare l’Ungheria e a trasferirsi da Budapest a Vienna.

Quanto accade in Ungheria e Polonia mette anche a nudo i limiti dell’UE nell’intervenire. Non esiste una procedura per espellere uno Stato membro e quella per sanzionarlo richiede l’unanimità di tutti gli altri Stati membri, per cui la Polonia mette il veto a favore dell’Ungheria e viceversa, spalleggiandosi a vicenza. La Polonia è il più importante tra i Paesi di Visegrad, che con l’Italia sono il principale terreno di scontro tra nazionalismo ed europeismo. E Ungheria e Polonia rappresentano gli esempi di Paesi meglio governati in Europa secondo Salvini. A testimonianza di quale sia il progetto politico di chi in Italia chiede “pieni poteri”. Il che chiarisce bene come li userebbe. Che la resistenza polacca a difesa dello stato di diritto abbia successo è dunque un fatto che riguarda da vicino anche noi in Italia, e in generale tutti i cittadini e i Paesi dell’UE.

Per questo è particolarmente triste il fatto che la maggior parte dei media italiani non abbiano dato alcun rilievo alla notizia o non l’abbiano proprio fornita. Evitano così di mettere in guardia i cittadini dai rischi che corrono. Siamo abituati a considerare democrazia e stato di diritto come conquiste acquisite una volta per tutte. Non è così. Vanno difese. Con i nostri comportamenti, le scelte di ogni giorno, la nostra partecipazione e il nostro voto. E dotando l’Unione di strumenti efficaci a tutela dello stato di diritto qualora in qualche Stato membro venga messo a rischio. La proposta della Commissione di istituire un monitoraggio permanente sul tema e di bloccare l’erogazione dei fondi strutturali ai Paesi in cui lo stato di diritto è sotto attacco va nella giusta direzione. Anche su questo è importante che vi siano proposte forti nella Conferenza sul futuro dell’Europa che inizierà tra pochi mesi.

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