La redazione di Eurobull presenta le sue visioni sulla Conferenza sul futuro dell’Europa

Dietro alla rivista, le persone: cosa significa per noi di eurobull la conferenza sul futuro dell’Europa?

, di Cesare Ceccato, Davide Emanuele Iannace, Giulio Saputo, Jacopo Barbati, Silvia Ciaboco

Dietro alla rivista, le persone: cosa significa per noi di eurobull la conferenza sul futuro dell'Europa?
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L’Italia verso un nuovo percorso - Silvia Ciaboco (redattrice)

La Conferenza sul Futuro dell’Europa inizierà il prossimo 9 maggio, segnando così l’inizio di un nuovo percorso in Europa, che, se già prima della crisi pandemica era percepito come necessario, diventa ora più che mai essenziale.

Questa importante iniziativa è stata accolta positivamente dai cittadini italiani, anche grazie al supporto favorevole offerto dai canali di informazione nazionali. Nel paese, è forte il bisogno di dialogare e discutere circa il futuro dell’Europa, ma ciò deve essere fatto a partire dalle priorità dei cittadini e, per questa ragione, la Conferenza sul Futuro dell’Europa costituisce un importante passo verso il rafforzamento della democrazia all’interno dell’UE.

Vi è il desiderio da parte delle “persone comuni” di essere attivamente coinvolte e, così come emerge dalle ultime indagini Eurobarometro, l’Italia è il paese europeo in cui la crisi causata dal Coronavirus ha spinto maggiormente i cittadini a riflettere circa il futuro dell’UE. La crisi attuale pesa sensibilmente sulle opinioni degli italiani e ciò è dimostrato dal fatto che i rischi relativi alla salute sono percepiti come la principale sfida per il futuro, ai quali fanno poi seguito le problematiche ambientali.

L’Italia considera fondamentale il coinvolgimento della società civile, il che significa implementare un approccio dal basso verso l’alto, reso possibile anche grazie all’uso delle piattaforme digitali. Ovviamente, la partecipazione dei giovani è cruciale e, in tale contesto, l’Italia mira a promuovere iniziative che coinvolgano maggiormente la popolazione giovane dell’UE, dei Balcani occidentali e dei paesi del Mediterraneo.

La priorità dovrebbe essere data a due macro-tematiche, ossia al rafforzamento del processo democratico all’interno dell’UE e all’implementazione di misure tali da perfezionare il funzionamento delle istituzioni europee. Tra le varie proposte, vi è quella di introdurre un referendum paneuropeo sulle questioni dell’integrazione. Il “Green Deal” è e rimane certamente una questione chiave, tuttavia, è giunto anche il momento di riconoscere che la politica economica europea non può essere un mero aggregato di separate politiche nazionali: vi è una chiara necessità di traslare l’approccio attuale da un’attenzione prevalente alla disciplina fiscale verso un approccio più globale, tale da valorizzare gli obiettivi di sostenibilità e crescita, nonché di salvaguardia del tessuto sociale. La crisi pandemica sembra aver reso i cittadini italiani più consapevoli circa il loro essere europei e, a questo punto, è giunto il momento di plasmare il nostro domani, insieme.

La Federazione può essere migliore - Davide Emanuele Iannace (caporedattore)

“Life is good, but can be better” [1], sembrerebbe essere una frase motivazionale molto efficace. Se pensiamo all’Europa, la vita tutto sommato – almeno prima della pandemia globale – non andava male, ma può essere molto migliore. Il COVID ha messo in luce tutte le crepe che ancora ci si illudeva di non vedere. Nel momento in cui questo è successo, quel così bene non è stato tale. Piuttosto, invece, c’è un disperato bisogno che ora vada meglio.

La Conferenza sul futuro dell’Europache si va inaugurando proprio oggi è proprio l’occasione che serviva all’Unione e ai suoi cittadini per trovare quel meglio, cercarlo, idearlo, costruirlo, afferrarlo. Le condizioni dell’UE non sono quelle di cinquant’anni fa. Non è più la struttura ideale prototipa di una istituzione sovranazionale, ma il sedimentato dei trattati che fin dal 1950 plasmano la forma del continente e della sua nazione e che oggi sembrano essere arrivati a un punto di stallo. Che sia in ambito sanitario, economico, militare, politico, l’Unione sembra essere arrivata a un punto in cui non sa più quali vie prendere. Perché di scelte, non illudiamoci, ce ne sono a bizzeffe. La Brexitè lì che ci ricorda che l’opzione di opt-out esiste. Noi vogliamo pensare che non si abbandona una barca in mezzo alla tempesta, ma che si impara a governarla meglio, ci si adatta e si migliora. La Conferenza rappresenta l’occasione per prendere la coscienza pubblica di ventisette stati membri e farne una cosa unica e sola, creare lo spazio d’azione necessario a spingere per una riforma dei trattati che non sia un accordo tra tecnici, ma una decisione collettiva. L’Unione dovrà trarre – e questo starà ai suoi cittadini – il meglio dalla Conferenza stessa. L’occasione di una riflessione sociale e culturale complessiva, che coinvolga tutti gli strati della società europea e che sia spinta a rimuginare e ripensare le policy e i meccanismi che fino ad ora hanno funziona e quelli che non hanno funzionato, nonché riflettere sul mondo che vogliamo costruire domani.

Come federalista, so qual è il mondo che voglio costruire domani, ed è un mondo completamente diverso dal passato. La Conferenza è lo spazio d’azione che si attendeva da anni per spingere per una riforma dei trattati di Lisbona e Maastricht, per rispondere all’inter-governativismo con un maggiore approccio comunitario, iniziando da quegli ambiti di policy – quali la sanità e la politica estera – in cui l’Unione ha spazio di manovra fuori i singoli interessi statali. La Conferenza, che simbolicamente inizia proprio nel giorno dedicato all’Unione europea, è l’occasione che non va sprecata, perché non per forza la storia ce ne fornirà un’altra a breve. Questo, è quell’appuntamento che non va perso con un treno che è necessario prendere. The Union is good, but the Federation can be better.

Uno sguardo al futuro, insieme e con ambizione – Cesare Ceccato (redattore)

Crisi economica, crisi del mercato del lavoro, crisi migratoria, emergenza ambientale, minaccia del terrorismo, diciamocelo chiaramente: con una tale serie di problemi incombente sul nostro continente, e sul mondo intero, questa Conferenza sul futuro dell’Europa ci voleva. Al suo annuncio, ogni buon europeista come noi ha espresso parole di giubilo, specialmente considerati i protagonisti che l’evento avrebbe avuto, in primis la società civile, che avrebbe permesso un processo il più democratico possibile. Non si poteva reagire in modo diverso, da anni attendevamo questa occasione… e ci è toccato attenderne uno in più.

La pandemia ha bloccato tutto e tutti, ma nel suo essere uno dei periodi più neri del nuovo millennio, ha portato sempre più attenzione sulla Conferenza, o meglio, su quali argomenti dovrebbero essere discussi al suo interno. Gli ambiti su cui l’Unione europea non è competente, o lo è in concorrenza con gli Stati membri, sono chiari a sempre più persone. Queste, considerati gli avvenimenti degli ultimi mesi, non possono che condividere con noi la speranza che questo eccezionale momento non sia trattato con superficialità, ma sia in grado di portare a quel passo avanti che permetterebbe di superare gli ostacoli comuni per tutta Europa con una maggior facilità.

L’ultimo passo è stato compiuto ben quattordici anni fa, con l’ultimazione del Trattato sull’Unione europea e sul funzionamento della stessa. Da allora il mondo ha continuato a girare, mentre l’Europa, seppur non rimanendo ferma, si è un po’ disorientata. Solo a partire dai nuovi anni ’10 ha incominciato a fare quello che possiamo definire un “allenamento” in vista di questa grande sfida, la cui parte più intensiva ha avuto luogo negli ultimi mesi con il Next Generation EU, uno strumento ambizioso e rivolto alla collettività, fondato quindi sui due principi che, a mio parere, sono i più appropriati per guardare con fiducia ai prossimi anni.

Ambizione è il concetto che deve fare da padrone, solo pensando in grande l’Unione potrà imparare a muoversi abilmente, al suo interno e nel panorama geopolitico, dominato da Stati Uniti, Russia e Cina. Collettività è il concetto che si deve sviluppare. Se si vuole andare avanti (e mi chiedo come si potrebbe non volerlo), lo si deve fare tutti insieme e non uno alla volta. Il futuro ci aspetta, e lo si può costruire basandolo su queste due semplici parole.

Se siamo federalisti, siamo massimalisti - Jacopo Barbati (direttore)

Questo 9 maggio 2021 è una festa dell’Europa un po’ particolare, cadendo ancora nel pieno della pandemia di Covid-19 che da 15 mesi ormai ha paralizzato l’Europa e il mondo intero.

Una pandemia che ha colto colpevolmente tutti di sorpresa, nonostante gli avvertimenti degli esperti negli anni passati, e che nella primavera dello scorso anno in Europa ha fatto in modo che l’integovernativismo desse il peggio di sé, con l’ignobile teatrino messo su dai cosiddetti frugali mentre il virus faceva innalzare il tasso di mortalità del 25%.

L’estate ha portato a più miti consigli, e il 21 luglio dello scorso anno il Consiglio Europeo, su pressioni di Parlamento e Commissione, ha approvato per la prima volta l’emissione di bond europei per un valore totale di 750 miliardi di Euro: il cosiddetto piano Next Generation EU.

Un accordo, però, sempre figlio dello spirito intergovernativo e non federalista del Consiglio, e [quindi deludente: https://www.taurillon.org/la-gfe-si-rivolge-ai-parlamentari-europei-per-rendere-il-bilancio?lang=it]: il piano è una tantum e ci sarà ancora da lottare per rendere l’emissione di debito condiviso una risorsa strutturale dell’UE.

Ci sarà da lottare fin quando il metodo intergovernativo non sarà superato, fin quando il Consiglio esisterà e avrà competenze esclusive su temi come questo, fin quando l’Unione Europea non si trasformerà in una vera federazione.

La pandemia, dicevamo, ha sospeso il mondo, letteralmente: anche la Conferenza sul Futuro dell’Europa, ufficialmente lanciata poco fa, alle 14.00, è stata rinviata di un anno esatto rispetto al piano originale.

Meglio tardi che mai: la Conferenza deve rappresentare il punto di svolta nella richiesta “dal basso” di riforma dei trattati europei, chiedendo la convocazione di una assemblea costituente che faccia finalmente uscire l’Unione dall’impasse del metodo intergovernativo.

Se siamo federalisti, siamo massimalisti; gli obiettivi intermedi non ci possono bastare. Stiamo aspettando da oltre 70 anni.

Per un 9 maggio di consapevolezza e di lotta - Giulio Saputo

Oggi è il 9 maggio, una delle più importanti giornate in cui nel nostro paese si costruisce la memoria collettiva attraverso il ricordo.

Si ricordano le vittime del terrorismo (il 9 maggio 1978 viene ritrovato in via Caetani il corpo di Aldo Moro) e la tragica uccisione di Giuseppe «Peppino» Impastato (a Cinisi, per mano della mafia, lo stesso giorno).

Sempre oggi, anche a livello europeo si costruisce la nostra comunità attraverso la selezione della memoria condivisa, il nostro sentire comune.

Ci sono almeno 3 avvenimenti di straordinaria importanza che ci uniscono sul piano sovranazionale e che vorrei ricordare:

  1. Il primo giorno di pace dopo la resa della Germania nazista, il 9 maggio 1945 (in alcuni paesi dell’Europa orientale e in Russia è ancora celebrato come «Giorno della Vittoria»).
  2. Il centesimo anniversario dalla nascita di Sophie Scholl, giovane tedesca antinazista che è stata disposta a morire per diffondere e difendere le idee di pace, democrazia e diritti umani. Ha partecipato all’attività del gruppo clandestino della Rosa Bianca, di cui vi riporto l’estratto di un volantino di propaganda: «L’idea imperialista della forza - da qualsiasi lato provenga - deve essere eliminata per sempre (...). Soltanto la cooperazione su larga scala dei paesi europei potrà creare le basi sulle quali poggerà la ricostruzione. L’egemonia centralizzata - come quella che lo stato prussiano ha cercato di esercitare in Germania ed in Europa - dovrà essere eliminata al suo primo apparire. La Germania del futuro dovrà essere uno stato federale. A questo punto soltanto un sistema federale potrà instillare nuova vita nell’indebolita Europa. I lavoratori dovranno essere liberati dalla loro condizione di profonda schiavitù nella quale li ha sprofondati il nazionalsocialismo. (...) Ogni nazione ed ogni uomo deve avere il diritto di godere dei beni della terra. Libertà di parola, libertà di religione, protezione di ogni cittadino dagli arbitrii di regimi criminali fondati sulla violenza dovranno essere le basi per la nuova Europa. Aiuta la resistenza. Distribuisci i volantini!»  [2]
  3. L’inizio dello straordinario esperimento di condivisione della sovranità portato avanti attraverso il sistema comunitario, inaugurato il 9 maggio del 1950 con la Dichiarazione Schuman che lancerà la CECA e che ogni anno celebriamo come «Festa dell’Europa». Una tappa importante nel percorso iniziato durante la Resistenza per realizzare uno stato federale e garantire la pace sul continente. Oggi purtroppo nelle celebrazioni si tende a dimenticare questi due importanti passaggi nella breve «Dichiarazione» che segnano le fondamenta dell’attuale processo di integrazione: «La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime. (...) Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace.» [3].

Occorre stare attenti a cosa scegliamo di celebrare del nostro passato sennò si rischia di non sapere dove indirizzare il futuro.

Ed è proprio sul «domani» che vorrei concludere questa breve riflessione. Oggi non è solo una giornata per studiare la storia, ma anche per attivarsi e mobilitarsi: è stata lanciata ufficialmente la "Conferenza sul Futuro dell’Europa". Credo che questo straordinario processo democratico abbia davanti a sé due grandi sfide. La prima è quella della legittimità che verrà data dai cittadini e dalla società civile a questo appuntamento. La seconda riguarda il metodo dell’esercizio democratico. Se si tratterà solo di un mero momento di ascolto, sarà destinato a suscitare indifferenza o ulteriore frustrazione e rabbia nei cittadini comunitari. Gli europei non possono essere ingannati all’infinito: o lo spirito trainante sarà quello di un reale momento costituente (ovvero che possa realizzare un’Europa capace di rispondere alle loro aspettative) oppure la Conferenza sarà solo l’ennesima sala d’attesa per milioni di persone già disilluse. Occorre dare una risposta di sistema come, ormai 80 anni fa, fecero Rossi e Spinelli a Ventotene. Dalle politiche alle istituzioni, occorre ritrovare l’ambizione di progettare il domani per intere generazioni a cui stiamo chiedendo di pagare tutti gli errori e la miopia con cui si sono gestiti oltre dieci anni di crisi. La prospettiva, allora, di una Costituzione europea che ponga le basi di un’Europa compiutamente democratica, solidale e federale rappresenta oggi un progetto in cui poter davvero ritrovare la speranza per un futuro migliore.

Per approfondire:

  1. Jacopo Barbati per Eurobull: https://www.taurillon.org/la-conferenza-sul-futuro-dell-europa-come-opportunita-di-riformare-i?lang=fr&var_ajax_redir=1
  2. L’appello UEF in vista della Conferenza su Euractiv: https://euractiv.it/section/futuro-delleuropa/opinion/la-nostra-europa-federale-sovrana-e-democratica/
  3. Pier Virgilio Dastoli per Linkiesta Europea: https://www.linkiesta.it/2021/04/conferenza-futuro-ue/

Per non limitarsi solo a festeggiare, ma per attivarsi concretamente e qui

Note

[1Frase principale del personaggio del film DC Wonder Woman 1984

[2Qui l’ottimo articolo di Maria Pia di Nonno per La Nuova Europa

[3Maggiori informazioni qui

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