Europa inerte? Due risposte a Panebianco

, di La redazione di Eurobull

Europa inerte? Due risposte a Panebianco

Criticare in maniera corretta

Di Fabio Colasanti

Sulle colonne del Corriere della Sera del 7 maggio, Angelo Panebianco critica l’inerzia dell’Unione Europea in tanti campi e la indica come uno dei fattori principali per la crescita dei partiti populisti. Siamo in tanti a desiderare che l’Unione europea faccia dei passi avanti che aiutino a migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini. Ma penso che le argomentazioni esposte nel suo contributo non aiutino a ridurre l’insoddisfazione diffusa.

Come l’elezione di Donald Trump ci ricorda, la crescita dei movimenti populisti non è limitata ai paesi europei, ma è un fatto che nel nostro paese la delusione nei confronti dell’Unione europea ne è una componente molto importante. L’ultimo sondaggio della serie Eurobarometro mostra che solo il 36 per cento degli italiani pensa che l’appartenenza all’Unione europea sia una cosa chiaramente positiva (il 21 per cento pensa che sia una cosa negativa). Solo nella Repubblica Ceca si trova una percentuale più bassa. Il 43 per cento dei cittadini britannici ed il 46 per cento di quelli greci pensa che l’appartenenza del loro paese all’UE sia una cosa positiva!

Concezioni sbagliate

Penso che questa situazione sia in gran parte dovuta ad un certo numero di concezioni errate sull’Unione europea.

La prima è di prendersela con il veicolo e non con chi lo guida. L’Unione europea non è qualcosa di terzo rispetto ai paesi che la compongono. L’Unione europea è guidata dai governi dei paesi che la compongono e dal Parlamento europeo. Molto spesso in tutti i paesi siamo delusi dalle decisioni prese dai parlamenti nazionali; vorremmo leggi diverse. Ma non ce la prendiamo con i parlamenti come istituzioni, ce la prendiamo con i partiti e i deputati che hanno votato leggi che non ci piacciono. Perché mai quando non ci piace una decisione (o l’assenza di decisioni) del Consiglio europeo dovremmo prendercela con l’Europa? Dovremmo prendercela con chi ha impedito certe decisioni o ne ha prese di sbagliate.

Le critiche delle regole europee sono spesso sbagliate. Le regole europee che vengono più attaccate, quelle sui prodotti, servono a sostituire regole analoghe che altrimenti sarebbero introdotte a livello nazionale e che, se diverse, costituirebbero un ostacolo agli scambi commerciali. La grossa battaglia per la creazione di un mercato unico europeo è consistita proprio nel superamento di queste regole nazionali.

Vogliamo poi tutti che si faccia qualcosa contro, per esempio, l’inquinamento ed il riscaldamento globale. Ma le decisioni di principio in questi campi rimarranno delle buone intenzioni se non sono poi tradotte in regole sui prodotti e su certi processi di produzione.

In ogni caso, la quantità di legislazione dovuta all’Unione europea è molto più bassa di quanto spesso si afferma. Un Research Paper del 2010 della House of Commons indica che solo il 6.8 per cento della legislazione britannica primaria (Statutes) e il 14.1 per cento di quella secondaria (Statutory instruments) serve a trasferire regole europee nella legislazione del paese. Il documento ricorda le imprecisioni insite in questo tipo di ricerche, ma è chiaro che siamo ben lontani dalle percentuali del 70/80 per cento che vengono avanzate nel dibattito politico.

Infine, l’opposizione all’Unione europea si alimenta anche di un grosso pregiudizio anti-tedesco che serpeggia nel dibattito italiano. Su tantissimi temi, l’opposizione a tante decisioni che avremmo voluto veder prese a livello europeo non è venuta dalla Germania. Si pensi all’immigrazione dove la Germania è stata quasi sempre dalla nostra parte nel chiedere maggiori aiuti per i paesi di prima accoglienza e la redistribuzione dei profughi. Le chiusure sono venute da altri paesi.

Ma anche in campo economico, in particolare il rafforzamento dell’Eurozona, la posizione della Germania non è la più chiusa. Da qualche tempo, oltre al gruppo di Visegrad che molti già conoscono e che riunisce quattro paesi dell’est con posizioni molto nazionaliste, è apparso un altro gruppo che si oppone al rafforzamento dell’eurozona. Questo gruppo, che viene chiamato “Nuova Lega Anseatica“, è composto da Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia, Irlanda, Lituania, Lettonia ed Estonia.

Alcuni miti da sfatare

Dobbiamo fare tutti uno sforzo per documentarci su quello che succede veramente negli altri paesi europei. Questo però richiede l’abbandono di alcuni miti ai quali ci aggrappiamo. Il più importante è quello di credere che il processo di integrazione europea che abbiamo conosciuto sia stato basato sulla visione del Manifesto di Ventotene; visione che sarebbe stata poi persa per strada. Non è così.

Quando il Trattato di Roma è stato firmato si sapeva già che non si stava andando verso un’integrazione politica. Il Parlamento francese aveva già rigettato nel 1954 la Comunità europea della difesa. Il processo di integrazione europea che è nato con la CECA e con il Trattato di Roma non è stato basato sul Manifesto di Ventotene, ma sull’approccio funzionalista di Jean Monnet. Questo era basato sull’integrazione economica che avrebbe dovuto poi gettare le premesse per un futuro avvicinamento politico. Purtroppo le due crisi economiche – quella del 2008/2009 e quella del 2011/2012 – e le reazioni molto diverse al picco migratorio del 2015 hanno prodotto una forte riduzione della fiducia reciproca tra i paesi membri.

Dobbiamo batterci per dei passi avanti concreti e significativi, ma dove questi sono possibili. Le dichiarazioni roboanti su obiettivi di sogno – merce che abbonda nelle campagne elettorali – servono solo ad accrescere le frustrazioni quando ci si risveglia e ci si confronta con la realtà.

Dove risiede la causa dell’inerzia dell’Unione europea

Di Pier Virgilio Dastoli

Angelo Panebianco torna oggi sulle pagine del Corriere della Sera sull’inerzia dell’Unione europea che avrebbe causato la crescita dei partiti cosiddetti populisti o meglio sovranisti. Una prima risposta a Panebianco viene proprio dal Corriere con il bel libro di Francesca Basso, le sue domande e le sue risposte sull’Europa.

Dove risiede la causa dell’inerzia? Essa risiede proprio nell’anarchia provocata dalla somma delle (apparenti) sovranità nazionali. La soluzione all’inerzia non sta nel ritorno ai principi della sovranità assoluta (Rex est imperator in Regno suo) e dello Stato nazione, come ci ricorda il Manifesto di Ventotene allegato al volume del Corriere ma in un salto in avanti verso una “repubblica europea”.

Processiamo l’Europa ma portiamo sul banco degli imputati i veri colpevoli per la sua inerzia.

Articolo pubblicato da Europea.info.

Fonte immagine: GFE Firenze.

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