Il fallimento delle trattative per formare una coalizione di governo formata da CDU/CSU, liberali e verdi (coalizione Giamaica) avviene principalmente sulla questione dei migranti. Divisi sulla natura della questione, i partiti si sono poi divisi sul numero dei migranti da accogliere ogni anno: troppi per i Liberali il limite di 200.000 fissato dai Verdi. Ma se non fosse stato per l’immigrazione, il fallimento sarebbe arrivato su altri temi: dall’uscita dal carbone e la riduzione del CO2 alla questione della riforma dell’Eurozona, con la questione del suo bilancio in prima linea.
Il fallimento dell’ipotesi “Giamaica” segue il fallimento di una campagna elettorale che ha rimosso la questione europea, nell’eterna illusione tedesca (e non solo) che sia meglio parlare delle questioni interne per prendere i voti. Chi commette questo errore paga duramente il conto, lo dimostra la sconfitta elettorale dei due maggiori partiti (CDU/CSU e SPD), che hanno inseguito gli antieuropeisti sul loro terreno, fatto d’insicurezza, di ricerca di protezione e identità nazionale. E l’elettorato ha preferito, come sempre, l’originale.
Dopo dieci anni di crisi economica e sociale dell’Eurozona, dopo la crisi dei debiti sovrani, dopo la Brexit e il distacco dell’America di Trump dal fronte europeo, di fronte al collasso del Nord Africa (e alla conseguente crisi migratoria) e al caos politico del Medio-Oriente (che alimenta il terrorismo), non offrire all’elettorato un ‘progetto per l’Europa’ ha rappresentato, da parte di Merkel e Schulz, un esempio di cecità e di irresponsabilità politica. Senza un progetto europeo è chiaro che l’elettorato, in cerca di sicurezza, finisce per essere lusingato da chi promette muri nazionali più alti. All’opposto Macron in Francia ha offerto un progetto per la Francia e per l’Europa, ha detto che con l’Europa c’è più sicurezza e progresso. E i francesi, dopo anni di debolezze politiche e frustrazioni nazionali, hanno avuto una nuova prospettiva: l’Europa come via per salvare anche la Francia.
L’Europa deve poter significare sovranità europea: sull’immigrazione, il commercio internazionale, la politica economica, la difesa e la politica estera. Sovranità europea vuol dire dare all’Europa le istituzioni, le risorse e gli strumenti per agire con efficacia in queste aree. E dare al Parlamento europeo il potere di controllarne l’operato. È il modo per affermare la democrazia europea, in quelle aree dove la democrazia nazionale non è più in grado di dare risposte efficaci. Lasciare che questi temi siano definiti a livello nazionale, Paese per Paese, vuol dire rendere impossibile la definizione di una linea europea comune e far prevalere, Paese per Paese, e su ciascuno di essi, l’interesse nazionale anziché quello europeo. Quindi, non risolvere il problema.
Per questo, la partita è così complicata in Germania, nel Paese che in questi dieci anni, ha creduto che ogni problema europeo potesse esser prima discusso in casa propria e, una volta definita la linea, la si potesse poi imporre a livello europeo. Con le elezioni di settembre quel tempo è finito, anche per la Germania: non ha saputo indicare al proprio elettorato una linea europea chiara e, di conseguenza, ora non riesce a trovare un accordo di governo su immigrazione, sicurezza e futuro dell’Eurozona.
È tempo che queste materie siano sottratte ai governi nazionali, che non sono in grado di gestirle, e siano affidate ad un governo europeo legittimato di fronte al proprio Parlamento. È tempo di un’Europa sovrana, è tempo di un governo federale per l’Europa.
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