Idee sul futuro dell’Europa: Europa sociale e risposta al proliferare delle mafie

, di Daniele Armellino, Giorgia Sorrentino

Idee sul futuro dell'Europa: Europa sociale e risposta al proliferare delle mafie
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Eurobull.it, in collaborazione con la Gioventù Federalista Europea, propone per la prima settimana di maggio commenti e nuovi punti di vista sul documento Idee sul futuro dell’Europa. In chiusura alla Conferenza sul Futuro dell’Europa si ribadisce ancora una volta qual è la nostra di Europa, quale futuro si immagina, partendo da otto temi chiave. Oggi trattiamo di Europa sociale con Giorgia Sorrentino e della sfida alle mafie nella battaglia per la federazione europea con Daniele Armellino.

Leggi la versione completa del documento completo su Europa sociale e per una risposta federalista al proliferare delle mafie.

Europa sociale

Nel film del 2007 Tutta la vita davanti, il regista Paolo Virzì descrive il mondo lavorativo dei call center in Italia attraverso la protagonista, Marta, neolaureata in filosofia teoretica che, nell’assenza di qualsiasi possibilità di trasformare la sua conoscenza di Heidegger in una professione retribuita, trova occupazione precaria come centralinista.

Siamo di fronte a un affresco dei giovani italiani e della loro mancanza di prospettive, tanto in termini di carriera quanto nella possibilità di costruire una vita coerente con le aspettative di un’esistenza soddisfacente.

Ancora all’alba della crisi economico-finanziaria del 2008, originatasi negli Stati Uniti e abbattutasi successivamente sul Vecchio Continente (imponendo tra le altre cose all’attenzione il tema della sostenibilità del debito pubblico e del potere dei mercati finanziari), i giovani adulti avevano di già perso la fiducia nella politica e nelle istituzioni mentre stava crescendo un sentimento antisistema destinato a segnare la storia delle Democrazie occidentali nel corso degli anni ‘10 del XXI secolo.

In Italia, il populismo si è fatto soggetto politico con la fondazione, nel 2009, del MoVimento 5 Stelle, partito che entrerà in Parlamento alle elezioni politiche del 2013, conquistando poi la maggioranza relativa in quelle del 2018; il M5S contribuirà poi a varare quello che è stato il primo governo euroscettico della storia italiana, costituito insieme alla Lega di Matteo Salvini. Essa, infine, risulterà il partito italiano più votato alle elezioni europee del 2019; mentre i partiti europeisti, anche grazie al sostegno dei giovani, conquistavano la maggioranza assoluta del Parlamento, l’Italia, Paese fondatore dell’UE, era in netta controtendenza e sempre più isolata nello scenario internazionale.

Questa panoramica del passato recente dovrebbe bastare a dare una prima spiegazione del perché i federalisti debbano battersi per una vera realizzazione della dimensione sociale dell’Unione europea. Anzi, dovremmo affermare quale sia la ragione per la quale i federalisti devono continuare a combattere questa battaglia, dando in questo modo sostanza agli intenti degli autori del Manifesto di Ventotene.

Proprio durante i lavori dell’Ufficio del Dibattito della primavera 2021, nel pieno della pandemia da coronavirus, il Movimento Federalista Europeo ha voluto ritrovarsi per recuperare la lezione di Ernesto Rossi, a partire proprio dalla sua opera Abolire la miseria, del 1945.

Economista e liberale, egli pose il welfare state al centro della sua riflessione riguardo la ricostruzione post-bellica dell’Europa; un welfare state garante della dignità, e dunque della libertà, delle cittadine e dei cittadini europei.

Diceva Rossi, che non può esistere libertà senza la dignità di avere da mangiare, da vestire, una casa sicura, accesso universale all’istruzione e alla sanità, e non può esistere libertà nel bisogno generato dalla miseria.

I federalisti hanno sempre posto a fondamento degli Stati Uniti d’Europa lo slancio e la volontà fondatrice del popolo europeo, non solamente di ristrette élites che possano mettere a servizio di questo progetto politico concreto il loro sforzo intellettuale.

E come può esistere partecipazione del popolo europeo alla vita politica nella miseria, nella povertà lavorativa, nella precarietà dell’esistenza? Non è un caso se il sentimento europeista, che in Italia ancora nel 2019 era agonizzante, sia tornato a crescere a seguito della risposta europea alla crisi pandemica, con l’emissione degli eurobond per finanziare i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza e il meccanismo SURE per la copertura della cassa integrazione.

L’Unione è capace in potenza (e in atto!) di completare la propria costruzione attraverso una risposta efficace alle crisi, ma fatica ancora a identificare nelle profonde disuguaglianze l’origine della crisi strutturale della nostra epoca, che ha agito come esiziale disgregatore del collante sociale e, dunque, del potenziale di mobilitazione di una coscienza collettiva.

Una fragilità pericolosa che rischia di trasformare la spontanea solidarietà seguita all’invasione dell’Ucraina in scontro sociale dovuto al drammatico rincaro dell’energia per famiglie e imprese, già pesantemente segnate dalla pandemia.

Tra i compiti per il dopoguerra che il Manifesto di Ventotene ci ha consegnato vi è un grande monito: “le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma - come avviene per forze naturali - essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime”.

Non possiamo qui che pensare a una fondamentale lezione che ci consegna il dibattito soprattutto quello italiano degli ultimi anni: in materia di welfare state bisogna disaccoppiare il sostegno alle varie forme di fragilità (sociali, familiari, educative, psicologiche, sanitarie) dalle politiche attive e passive del lavoro. Un errore che è stato fatto nel passaggio dalla sperimentazione del Reddito d’Inclusione alla costruzione del Reddito di Cittadinanza, nonostante gli allarmi lanciati dal Terzo Settore e dall’analisi dei sistemi territoriali.

Nel Manifesto di Ventotene la parola progresso viene spesso strettamente legata alla parola libertà. C’è da chiedersi fortemente come possiamo creare l’Europa economia della conoscenza e faro della democrazia del mondo nel momento in cui abbiamo lasciato indietro tante e tanti.

Recuperarli, accompagnarli per sprigionare il loro potenziale di partecipazione, cogliendo davvero il risultato di questo piccolo esperimento che è stata la CoFoE per il rilancio della nostra democrazia europea indebolita (come ci mostrano le combattutissime elezioni francesi), è la sfida che oggi abbiamo davanti.

La sfida alle mafie nella battaglia per la federazione europea

«Tutta questa vicenda ha un grande assente, ossia la mafia russa che da sempre è gemella con le organizzazioni criminali ucraine. Questo è davvero l’oggetto che manca dal dibattito. […] Non possiamo tenere fuori una forza non solo così eclatante, ma che aveva determinato l’equilibrio filo-russo in Ucraina fino a quando non c’è stata la rivolta della piazza europeista. E l’Europa, invece, continua a raccogliere i soldi degli oligarchi sulle proprie piattaforme finanziarie. È su questo che secondo me deve accendersi il focus nuovo sul racconto di questa guerra».

Le parole sopra citate sono state pronunciate e scritte a più riprese, nelle scorse settimane, da Roberto Saviano. L’attualità della guerra in Ucraina ci mette ancora una volta di fronte a una tra le sfide forse più subdole, quindi pericolose, ai nostri valori europei, alla nostra storia comune e alle nostre istituzioni continentali: l’azione corruttrice, disgregatrice e demolitrice delle mafie nei riguardi delle nostre Democrazie, nei riguardi della Liberal-democrazia, quella civiltà politica fondata sull’affermazione e la garanzia per tutte e tutti di diritti politici, sociali e civili, individuali e collettivi, universali e inalienabili.

Le mafie, insieme con il fitto sottobosco di oltre cinquemila organizzazioni criminali nazionali e transnazionali sparse per l’Unione europea, e più in generale per tutto il Vecchio Continente, rappresentano anche la pesante zavorra che, tra tutte, rallenta la crescita e lo sviluppo sostenibili delle nostre economie, dei nostri mercati, dei nostri redditi, del nostro benessere. Un sistema corruttivo del libero mercato, ricchissimo e capace di inondare di risorse provenienti da attività illecite (traffico di stupefacenti, armi, esseri umani, etc.) qualunque intrapresa economica.

Un problema che ha assunto ormai i connotati di una questione come minimo europea, pur interessando, lo sappiamo bene, tutti i continenti. Un problema europeo, di conseguenza, che non può che essere risolto che con proposte di soluzione continentali. I federalisti, quindi, non possono che sentirsi chiamati in causa, e per almeno due ragioni:

  1. 1. La prima, di carattere squisitamente politico: bisogna far prevalere alla logica disgregatrice e corruttrice di queste organizzazioni criminali quella aggregatrice di chi ha come missione la costituzione di un vero potere democratico europeo, una federazione di Stati in grado di affrontare i marosi del cosiddetto Secolo cinese, contribuendo a governare la globalizzazione nel segno del Diritto, della Libertà e della Giustizia sociale e climatica;
  1. 2. La seconda, di matrice invece morale: era Mario Albertini, infatti, a scrivere che il militante federalista fa della contraddizione tra fatti e valori una questione personale. I disvalori della (non)cultura mafiosa, violenza, corruzione e omertà, sono antitetici ai valori dei quali si dicono portatori i federalisti.

Non sono coppola e lupara i nostri avversari in questa sfida, bensì vere e proprie multinazionali del crimine e del riciclaggio di denaro sporco in giro per l’Europa e anche per i paradisi fiscali intra-UE; multinazionali capaci di corrompere o collaborare con governi e parlamenti nazionali; multinazionali intolleranti alla libertà d’informazione, tanto da arrivare ad assassinare giornalisti. Assassinarli non nella perfida Russia putiniana ma proprio all’interno dei confini dell’Unione: Dafne Caruana Galizia e Jan Kuciak sono i martiri, i testimoni di questa degenerazione in atto in Europa, una degenerazione che ha bisogno di istituzioni europee democratiche, legate al consenso e al controllo elettorali; istituzioni nelle quali a prevalere non sia l’egoistico interesse nazionale ma lo Stato di diritto che tutti garantisce e tutela. Uno Stato sociale di diritto europeo, questa l’esigenza, per non dire l’urgenza che ci consegna questa pandemia.

Uno Stato sociale di diritto edificabile solo a patto che i suoi pilastri siano solidi, non contengano la sabbia di mare e il cemento depotenziato utilizzato dalle imprese mafiose nella costruzione di varie infrastrutture pubbliche in giro per l’Italia negli ultimi cinquant’anni; libero, dunque, da infiltrazioni presenti o future, occasionali o croniche di queste organizzazioni criminali di stampo mafioso.

La Gioventù Federalista Europea ha iniziato questa riflessione oramai tre anni fa, portandola anche all’attenzione della parte senior del Movimento, il MFE. Un dibattito interno lungo, per certi versi complesso, anche perché appesantito da pregiudizi e convinzioni comuni duri a morire, un dibattito tuttavia che ha portato frutti copiosi sia a livello italiano sia a livello europeo. E sono proprio i frutti italiani, il capitolo sul contrasto europeo alle mafie di Idee sul futuro dell’Europa (IFE), che con questa breve introduzione abbiamo voluto presentarvi. Analisi e proposte federaliste che, se connesse alle altre riguardanti gli altri temi politici affrontati in IFE, rendono la piattaforma politico-valoriale dei giovani federalisti una delle più avanzate, concrete e moderne oggi esistenti in Europa.

Se è vero che la soluzione è la federazione, è altrettanto evidente la necessità di calare nella realtà contemporanea questo messaggio, incarnarlo nel corpo sociale e politico d’Europa, per renderlo veramente all’altezza delle sfide globali alle quali siamo chiamati tutti e ognuno.

Solo allora la soluzione potrà essere davvero la federazione. Solo allora si potrà unire l’Europa per unire il mondo!

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