Un’analisi approfondita del rapporto tra il futuro NGEU e il Mediterraneo

Il Sud tra NextGen EU e politica mediterranea

, di Antonio Longo

Il Sud tra NextGen EU e politica mediterranea
Fonte: Photo by Federica Bisso on Unsplash, https://unsplash.com/photos/umFQ5gUuzs4

Nel dibattito sugli investimenti NextGenEU non è ancora stato assegnato uno spazio adeguato alla questione del Mezzogiorno, che rappresenta almeno un terzo del Paese e che ha registrato negli ultimi decenni una crescente divaricazione economica e sociale rispetto al Nord e all’Europa.

Non sono pensabili né una ripresa né una trasformazione economica dell’Italia, quale quella richiesta dagli obiettivi del Recovery Plan (sostenibilità, digitalizzazione, coesione), senza porsi il problema di come si possa innescare lo sviluppo nella sua parte meridionale, assai rilevante, se non altro in termini demografici e sociali.

Il Sud si trova di fronte ad una nuova sfida, come nel passato. Dopo l’unità italiana, il suo mancato collegamento con lo sviluppo industriale del Nord determinò l’inizio di un costante declino economico e sociale. Parimenti, all’epoca del “miracolo economico” (anni ’60 del secolo scorso) il mancato collegamento del Sud con il mercato di riferimento europeo rappresentò la causa strutturale del suo ritardo, accresciuto negli ultimi decenni dalla globalizzazione dei processi produttivi che premia solo chi riesce a stare sui mercati internazionali.

In breve, il Sud è rimasto troppo distante e poco integrato nel ciclo dei processi produttivi e distributivi che alimentavano lo sviluppo nel Centro e nord dell’Europa.

La transizione energetica e la digitalizzazione indotta dagli obiettivi del Recovery Plan ripropongono la sfida della posizione geo-economica del Sud, un’area, al centro del Mediterraneo e con una naturale proiezione commerciale e strategica verso l’Africa settentrionale, che può costituire quel “mercato” che è sempre mancato.

Diversi elementi possono essere presi in considerazione.

Innanzitutto l’utilizzo del gas nel Mediterraneo. Le emissioni di CO2 del gas sono le più contenute tra i combustibili fossili, pertanto il gas può rappresentare, anche secondo la Commissione europea, la fonte energetica “di transizione” verso le rinnovabili, non ancora del tutto autonome e sufficienti. Secondo il Rapporto di Energy Union [1] della Commissione occorre costruire un nuovo mercato di gas naturale liquido (GNL), rafforzarne il “corridoio sud” - dal Mediterraneo orientale verso l’Italia - e infine creare un hub del gas nel Mediterraneo. Per il nostro Sud le potenzialità sarebbero rilevanti, in termini di infrastrutture, sia per lo sbocco del gas nel Mediterraneo, sia per la cooperazione con l’Africa settentrionale nell’ambito del nuovo modello energetico europeo. Come nota Valeria Termini, l’integrazione tra le infrastrutture del gas del Mediterraneo, nell’ambito della produzione delle rinnovabili già avviata nelle regioni meridionali, determinerebbe una spinta “per l’integrazione con l’Italia settentrionale e l’Europa”…tutto ciò “merita un’attenzione strategica, intorno alla quale far leva per far compiere un salto qualitativo al paese” [2] . Il Sud avrebbe in tal caso un ruolo centrale e propulsivo, grandi investimenti per la ricerca e la formazione “in loco” potrebbero dunque determinare, grazie anche al digitale (che consentirebbe ai giovani meridionali di restare nella loro terra, sviluppando quindi capitale umano in loco), gli stessi esiti “produttivi” di quelli indirizzati verso il Nord.

In secondo luogo, un forte impulso può derivare dallo sviluppo di un sistema portuale tra il Sud Italia e, in generale, l’Europa meridionale (Grecia, Albania e Spagna meridionale) da una parte e Paesi del Nord-Africa dall’altra. Un sistema integrato di porti (con funzioni diverse) è il vero “ponte” che serve per unire l’Europa all’Africa . Buone vie di comunicazione (del mare) sono fondamentali per supportare una strategia d’investimenti diretti verso i paesi africani, per uno sviluppo sostenibile locale, basato su impianti di piccole dimensioni, gestibili dalle comunità in loco.

In terzo luogo, la dimensione mediterranea del mercato consentirebbe di affrontare, in modo cooperativo, il tema della sostenibilità ambientale in settori quali l’agro-ittico-alimentare, il sistema idrico, dei rifiuti, del disinquinamento del mare, della difesa e riqualificazione del territorio, saccheggiato da sempre dall’incuria e dal malaffare.

In questa logica il Mezzogiorno d’Italia potrebbe svolgere una sua funzione propulsiva, anche come piattaforma europea verso il continente africano (e il medio-oriente), in termini di relazioni economiche, commerciali, sociali e culturali. Tra le due sponde del Mediterraneo si potrebbe mettere in rete il mondo delle imprese innovative, delle start-up e delle industrie che producono ricerca e innovazione, con il mondo delle Università, dell’alta formazione, dei centri di ricerca pubblici e privati. In tal modo si valorizzerebbe anche l’immenso patrimonio culturale e turistico del Sud, potenziando il grande capitale umano disponibile, accrescendo infine la capacità di innovazione ed internazionalizzazione del sistema produttivo locale. Cambierebbe la stessa composizione sociale nel Sud, condizione fondamentale per sconfiggere nel tempo il nesso tra clientelismo politico e malaffare.

Questo riposizionamento del Mezzogiorno è necessario, pena una nuova marginalizzazione del Sud (e della stessa Italia) rispetto all’Europa. Ciò è possibile se esiste, parallelamente, la volontà di avviare una politica estera dell’Unione Europea nel Mediterraneo.

Il Presidente Draghi, nel suo discorso di presentazione del programma, ha detto al riguardo: “Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario, come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al Mediterraneo orientale, e all’Africa. Per l’Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania. Ma occorrerà anche consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica sensibilità mediterranea e dalla condivisione di problematiche come quella ambientale e migratoria: Spagna, Grecia, Malta e Cipro”.

Siamo, allora, in presenza di due problemi:

  • la necessità di innescare lo sviluppo dell’Italia meridionale nell’ambito dello sviluppo mediterraneo grazie al tema dell’energia, quale elemento trainante della sostenibilità;
  • la necessità di avviare una politica estera italiana ed europea volta a stabilizzare l’area, per gestire meglio la questione ambientale, migratoria e, in generale, dei rapporti politici con i Paesi del Medio-Oriente e dell’Africa che si affacciano sul Mediterraneo.

Occorre allora che tra questi due problemi si crei un circolo virtuoso per fare del Mediterraneo un’area di pace, di cooperazione e d’integrazione economico-sociale tra le diverse sponde del “Mare Nostrum”.

Gli investimenti NextGenEU possono costituire lo strumento operativo di questo disegno politico.

Questo articolo ripropone uno dei tre “assi strategici” contenuti nel documento “Considerazioni federaliste su NextGenEU e Italia” a cura del GdL “Per un’Italia europea”, coordinato da Antonio Longo

Note

[1Fourth Report on the State of Energy Union (COM 2019)

[2Valeria Termini, “Energia”, Edizioni Laterza, 2020 cap.4,7

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