In lotta per l’Europa: la Bielorussia

, di Antonio Caso

In lotta per l'Europa: la Bielorussia

Ci scostiamo per un attimo dai paesi aventi lo status di candidati ai quali abbiamo dedicato i primi due articoli [1](Macedonia del Nord e Turchia) per dedicare un pezzo a un paese tornato alla ribalta per la peculiare situazione politica e sociale: la Bielorussia. Come altri situati tra l’Europa orientale e il Caucaso, (quali Ucraina, Moldavia, Azerbaijan, Armenia ecc.), si tratta di un paese europeo vicino geograficamente e culturalmente all’UE, ma da sempre in bilico tra la sfera di Bruxelles e quella di Mosca.

Geografia e cultura della Bielorussia

La Bielorussia condivide un confine con più paesi europei: Russia, Ucraina, Polonia, Bielorussia, Lituania e Lettonia. Il paese si estende su 207.595 chilometri quadrati, con una popolazione di soli 9.491.800 cittadini. Oltre il 40% del suo territorio nazionale è costituito da foreste.

La città di Minsk funge anche da capitale amministrativa della Comunità di Stati Indipendenti (CSI), oltre a essere il centro politico, economico e culturale della Bielorussia. La città, così come il paese, ha una lunga storia condivisa con molti paesi diversi: durante il XIII e il XIV secolo, tutto il territorio bielorusso divenne parte del Granducato di Lituania. Questa annessione rappresentò anche la prima volta che i nove principati che coprivano il territorio dell’attuale Bielorussia conobbero l’unione economica e politica. Quello di Minsk superò rapidamente gli altri otto principati e quando la Lituania si unì alla Polonia, la città divenne il fulcro del Voivodato di Minsk, nel Commonwealth polacco-lituano.

Culturalmente, tuttavia, questi anni sono stati caratterizzati da una graduale polonizzazione sia dei bielorussi che dei lituani. Il processo ha preso il via nel 1696, quando il polacco ha sostituito il ruteno come lingua ufficiale nel Voivodato. La polonizzazione terminò bruscamente durante le partizioni, con Minsk (e il resto della Bielorussia) sommariamente annessa dall’impero russo nel 1793.

Sulla scia di questa annessione, la Bielorussia ha conosciuto diversi domini stranieri e la regione è stata soggetta a un’intensa russificazione a partire dai primi decenni del XIX secolo. La lingua bielorussa fu bandita dalle scuole pubbliche e lo zar Nicola I costrinse coloro che si erano convertiti al cattolicesimo durante la dominazione polacca a convertirsi nuovamente alla fede ortodossa. L’Impero ammorbidì la sua posizione nel 1863, sulla scia di una rivolta popolare guidata da Konstanty Kalinowski. L’uso del cirillico fu nuovamente consentito e dal 1905 i documenti ufficiali poterono essere pubblicati anche in bielorusso.

Diversi aspetti della cultura bielorussa riflettono la sua complessa storia di dominazioni straniere. La cucina bielorussa, ad esempio, ha una visibile influenza rutena, ma alcuni piatti come il lazanki e le patate grattugiate sono di chiara origine polacca. Il primo è legato alle lasagne italiane, grazie all’enorme influenza della cucina italiana e francese sull’aristocrazia polacca. Una cucina bielorussa separata iniziò a svilupparsi solo dopo la seconda guerra mondiale, sotto il regime comunista. Molti piatti furono ribattezzati o reinventati sotto l’egida sovietica al fine di stabilire una nuova identità nazionale attraverso il cibo. Di conseguenza, la cucina bielorussa odierna appare fortemente influenzata dalle tradizioni sovietiche e russe.

Società e religione

La Bielorussia è un paese multietnico, anche se i bielorussi costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione, arrivando all’83,7% nel censimento ufficiale. Non sorprende che i russi siano la minoranza più numerosa (17,3%), con i polacchi piuttosto distanti (0,6%), seguiti dagli ucraini (0,5%). Altri gruppi etnici includono ebrei, armeni, rumeni, tartari, rom, azeri e lituani. La maggior parte dei polacchi attualmente residenti in Bielorussia vive ancora vicino ai confini del paese con Lituania e Polonia. Circa il 48% della popolazione è ortodossa, mentre il 7% è cattolica. Gran parte della popolazione bielorussa (41%), invece, si dichiara non religiosa o non affiliata.

Le due lingue ufficiali della Bielorussia sono il russo e il bielorusso, ma è la prima la lingua più utilizzata in patria da circa il 70% della popolazione. Il bielorusso è ufficialmente la lingua principale del paese, ma secoli di imperialismo hanno avuto il sopravvento e, stando agli ultimi sondaggi, la lingua è ora parlata a casa solo dal 23% dei cittadini, pur essendo la lingua madre del 53,2% della popolazione (il russo lo è del 41,5%). Le minoranze parlano anche polacco, ucraino e yiddish orientale.

Contesto economico

La Bielorussia ha una buona base industriale e un alto livello di istruzione, sebbene una parte dell’attività economica nazionale sia ancora incentrata sull’agricoltura. Il paese è dotato di notevoli risorse minerarie, come sale di potassio, argilla, sabbia e gesso. Le foreste rappresentano quasi un terzo del territorio e quello del legname è un altro settore cruciale. Dopo il 1994, Lukašėnka, il primo (e unico) presidente della Bielorussia, lanciò l’idea del «socialismo di mercato», in opposizione a quello che considerava il «capitalismo selvaggio» che imperversava nelle altre repubbliche post-sovietiche. Di conseguenza, la maggior parte dell’economia in Bielorussia rimane saldamente nelle mani del governo e il principale mercato di esportazione e partner commerciale della Bielorussia rimane la Russia, in una relazione unilaterale che è spesso gestita esclusivamente dal Cremlino.

L’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite classifica la Bielorussia come uno stato con «sviluppo molto elevato» a causa di una serie di fattori. La Bielorussia gode di un tasso di mortalità molto basso (2,9, notevolmente inferiore al 6,6 della vicina Russia), un tasso di alfabetizzazione stimato al 99% e un tasso di medici a 40,7 per 10.000 abitanti. Tra il 2001 e il 2005, il PIL bielorusso è cresciuto a un tasso medio del 7,4%, una crescita alimentata principalmente dallo sviluppo industriale e da un aumento delle esportazioni agricole. Patate, lino, canapa, barbabietole da zucchero e segale hanno registrato una crescita considerevole sui mercati esteri.

La Bielorussia è anche un importatore netto di energia, con la maggior parte delle importazioni sotto forma di petrolio e gas russi. Tuttavia, a causa della crisi finanziaria del 2008, l’economia bielorussa ha subito una grave battuta d’arresto. Nel 2001 il tasso di inflazione ha raggiunto il 108,7%. In reazione alla crisi, nel 2015 Lukašėnka ha reso la disoccupazione un reato: i residenti che non pagano le tasse per almeno 183 giorni all’anno devono pagare una sorta di “multa” di disoccupazione. Contrariamente alle aspettative del governo, questa politica non ha portato a un aumento dell’occupazione, ma ha suscitato una serie di proteste particolarmente sentite nelle grandi città, e anche, per la prima volta, nelle campagne. Le proteste causate dalla crisi economica ed esacerbate dalla pessima gestione della pandemia da COVID-19 sono state la base per il malcontento esploso dopo le ultime elezioni in agosto, in corso in maniera massiccia ormai da mesi.

Stato delle relazioni tra Bielorussia e UE

Le relazioni diplomatiche tra l’Unione europea e la Bielorussia sono iniziate dopo che l’allora Comunità Europea ha concesso il riconoscimento diplomatico allo stato dopo la sua indipendenza nel 1991. Con l’ascesa al potere dell’attuale presidente Aljaksandr Lukašėnka nel 1994, le relazioni si sono deteriorate. L’UE emette frequenti condanne contro la dittatura a Minsk per le sue politiche autoritarie e l’ha sottoposta a un regime di sanzioni economiche.

L’apice negativo nei rapporti bilaterali era stato raggiunto nel 2010, quando Lukašėnka è stato confermato presidente in discutibili elezioni presidenziali che lo hanno visto raggiungere una percentuale di voti di quasi l’80%. Dopo la sua vittoria, manifestazioni di massa hanno invaso le strade di Minsk alle quali Lukašėnka ha reagito in maniera estremamente brutale. L’UE ha risposto a questa repressione imponendo nuove sanzioni mirate e causate dal mancato rispetto dei diritti umani. Dal 2015, tuttavia, l’UE aveva sospeso la maggior parte delle sanzioni e la Bielorussia è ancora membro del partenariato orientale dell’UE.

Delle cinque elezioni vinte da Lukašėnka, solo la prima nel 1994 è stata ritenuta credibilmente libera ed equa dagli osservatori internazionali.

Tutto questo, però, è stato rimesso in discussione a partire dalle proteste esplose nell’estate 2020. Si tratta della più grande agitazione antigovernativa nella storia del paese. Le manifestazioni sono iniziate prima e durante le elezioni presidenziali del 2020, in cui Lukashenko ha chiesto un sesto mandato.

Sviatlana Tsikhanouskaya, candidata dell’opposizione, ha annunciato la creazione del Consiglio di coordinamento, con domande di adesione aperte a tutti i bielorussi che hanno convenuto che l’elezione ufficiale era stata falsificata. I manifestanti hanno subito violente persecuzioni da parte delle autorità. Una dichiarazione dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani il 1° settembre ha citato più di 450 casi documentati di tortura e maltrattamenti di detenuti, nonché segnalazioni di abusi sessuali e stupri. Ciò nonostante, sostenitori di Tsikhanouskaya sono scesi in strada e affollano tuttora le principali città della Bielorussia, tra cui Brest, Minsk, Vitebsk, Grodno, Mazyr, Pinsk, Gomel e Babruysk.

Il 14 agosto, l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell ha annunciato che l’UE avrebbe introdotto sanzioni contro i funzionari bielorussi responsabili di «violenza e falsificazione». La Commissione Europea ha annunciato che avrebbe dirottato 53 milioni di euro destinati alla Bielorussia, non diretti al governo ma verso la società civile, vittime della repressione statale e in lotta contro la pandemia di COVID-19.

Il 2 ottobre l’UE ha imposto sanzioni a 40 funzionari bielorussi. Lukašėnkaè stato esentato dalle sanzioni in quanto l’UE mira a incoraggiare il suo impegno in colloqui con l’opposizione. Ore dopo, la Bielorussia ha reagito con sanzioni contro i funzionari dell’UE.

Nel frattempo la Lituania ha anche riconosciuto come legittimo capo di stato Sviatlana Tsikhanouskaya (nel frattempo rifugiatasi nel paese baltico),

La strada davanti

Nel 2019, la Russia ha introdotto una nuova legge fiscale che limita l’esportazione di gas e petrolio in Bielorussia e ha aumentato le tasse su dette esportazioni. Ciò ha indotto il dittatore bielorusso a scagliarsi verbalmente contro la Russia, chiedendo retoricamente perché il Cremlino fosse così ansioso di perdere l’unico amico che gli era rimasto nell’emisfero occidentale. Le nuove tasse, infatti, costeranno alla Bielorussia 3,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Tuttavia, a causa della sua dipendenza dalla Russia e del suo relativo isolamento diplomatico, il paese non aveva molte alternative. L’andamento delle proteste e l’influenza lituana e polacca (ed europea in generale) e russa giocheranno sicuramente un ruolo fondamentale nei prossimi anni della Bielorussia.

L’articolo è una traduzione (aggiornata) dell’originale in inglese (sempre di Antonio Caso) su My Country? Europe: https://mycountryeurope.com/politics/other-side-europe-belarus/.

L’articolo è uscito in italiano su «Il bradipo federalista», il 18 ottobre 2020.

Note

[1Gli articoli, già usciti su “Il Bradipo Federalista” in italiano, saranno presto pubblicati anche su Eurobull

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