Il Parlamento europeo (PE) è l’unica istituzione dell’Unione Europea ad essere eletta direttamente dai cittadini europei. La sua elezione avviene ogni cinque anni dal 1979, con suffragio universale. Prima di questa data, i membri del Parlamento europeo erano nominati all’interno dei Parlamenti nazionali e quindi non esisteva un legame diretto fra le istituzioni europee e i suoi cittadini. Solo con una lunga battaglia politica portata avanti da Altiero Spinelli, gli europei hanno ottenuto l’elezione diretta dei loro rappresentanti nel Parlamento.
Nonostante questa enorme vittoria democratica, ad oggi non si può dire che esista una vera democrazia a livello europeo. Oltre a non avere pieno potere di iniziativa legislativa, il Parlamento europeo deve avere il via libera da parte del Consiglio dell’Unione Europea (composto dai Ministri degli Stati competenti in materia) per poter approvare le normative discusse. Sebbene questa prassi possa sembrare un giusto equilibrio tra “camera dei cittadini” e “camera degli Stati”, in realtà l’ago della bilancia pende molto a favore del Consiglio, il quale può esercitare un potere di veto. Può infatti accadere che, nonostante la pronuncia ampiamente favorevole da parte del PE all’introduzione di una normativa, è sufficiente un solo voto non favorevole da parte di un membro all’interno del Consiglio affinché l’intero processo decisionale venga bloccato.
Ciò è possibile perché l’Unione Europea non è uno Stato federale ma una Confederazione, e come tale, essa tutela maggiormente la sovranità dei singoli Stati rispetto all’interesse generale dei cittadini europei. Questo meccanismo limita molto il lavoro del PE che, soggiogato dal potere di veto del Consiglio, è spesso costretto a svuotare di contenuti le normative di scusse.
In questo scenario, il prossimo 26 maggio si svolgeranno le elezioni europee per la IX legislatura del PE. Andare a votare rimane comunque importante perché, al di là delle storture nel funzionamento legislativo, il Parlamento europeo rimane l’unico baluardo di democrazia sovranazionale a livello europeo.
È altresì importante, però, che la partecipazione dei cittadini europei non si fermi al solo voto, ma che ci sia una presa di coscienza di fronte a tutto il progetto d’integrazione europea, iniziato nel dopoguerra e non ancora concluso. Le istituzioni europee non sono cadute dal cielo ma sono il frutto di un enorme lavoro e di numerose battaglie politiche verso l’unità europea. L’assetto odierno non è quindi quello definitivo, ma può e deve essere migliorato, al fine di rendere l’Europa più unita e democratica. La battaglia per un’Europa migliore deve essere combattuta anche all’interno del prossimo Parlamento europeo e quindi è fondamentale che chi venga eletto sia favorevole a migliorare l’Europa.
Purtroppo i difetti procedurali e funzionali, evidenti, dell’odierna Unione Europea stanno condizionando negativamente gli esiti delle prossime elezioni. Secondo i sondaggi, il prossimo PE sarà ancora composto in prevalenza da movimenti europeisti, ma si ingrosserà di molto lo schieramento degli antieuropeisti. Data la situazione caotica in cui versa il Regno Unito nel suo tentativo di dar corso alla Brexit, le forze nazionaliste sembrano ora aver abbandonato il cavallo di battaglia dell’uscita dall’UE. Ma nonostante questo, l’intenzione di sottrarsi alla logica comunitaria è più viva che mai. Guardando alle alleanze transnazionali che si stanno costruendo fra i partiti nazionalisti e ascoltando le dichiarazioni dei loro leader, l’obiettivo che si pongono queste forze è di raggiungere all’interno del prossimo Parlamento europeo i numeri necessari a condizionare gli equilibri delle istituzioni europee. In poche parole, il loro obiettivo sarà quello di paralizzare il funzionamento delle istituzioni comunitarie, rafforzando così il potere dei singoli Stati membri.
Se questa linea prevalesse, l’Unione europea sarebbe ridotta ad una semplice coalizione di Stati, senza più un progetto politico unificante. Sarebbe la vittoria dei nazionalismi rispetto all’europeismo. Sarebbe inoltre la vittoria di quegli Stati che contrappongono al modello della liberal-democrazia un sistema autoritario e illiberale (ad esempio Polonia e Ungheria). Per le nostre democrazie sarebbe un duro colpo e un nuovo banco di prova da superare per la nostra stabilità democratica. Chi oggi si ritiene democratico, non deve soltanto limitarsi a ricordare i molti progressi ottenuti con l’integrazione europea, ma deve saper formulare una proposta alternativa al progetto dei nazionalisti. Non basta limitarsi alla difesa dell’attuale assetto istituzionale europeo, perché è esso stesso fonte di contraddizioni che favoriscono le tesi nazionaliste.
È necessario oggi più che mai formulare proposte concrete per dare maggiore potere alle istituzioni europee, superando così i problemi decisionali esistenti e togliendo la possibilità ai nazionalisti di concretizzare il loro piano. Ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo: prima con il voto alle elezioni europee e dopo come cittadino consapevole. La battaglia all’interno del prossimo Parlamento europeo dovrà essere volta a creare uno schieramento unitario delle forze politiche europeiste, che, collegato con la parte di società che crede nell’Europa e in alleanza con i governi nazionali che credono nell’unità, spinga a ridiscutere i trattati che definiscono l’UE.
È di vitale importanza che i paesi favorevoli ad una siffatta proposta diano vita ad una Costituente dalla quale nasca una costituzione federale europea. Questo primo nucleo di Stati che vuole l’unità politica potrà così avere un vero processo decisionale democratico e forte, mentre i rimanenti Stati, che non ne vorranno fare parte e che oggi tentano di boicottare l’Europa, potranno godere comunque dei benefici del mercato unico ma senza essere d’ostacolo agli altri.
Noi italiani non dobbiamo farci scoraggiare dagli attuali orientamenti delle nostre forze di Governo, che molto probabilmente non appoggerebbero questo disegno. Dobbiamo invece continuare a credere nel progetto, anche se questo potrebbe voler dire restarne momentaneamente fuori. Se in Europa dovesse formarsi veramente la volontà di costituire un nucleo federale, dovremmo appoggiare con forza questa iniziativa e spingere il più possibile affinché l’Italia prima o poi ne faccia parte. Ma se non fosse possibile essere fra i paesi fondatori, il nostro compito sarà comunque quello di lottare per entrare nel nucleo federale in un secondo momento, dopo la sua creazione.
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