L’importanza del Parlamento europeo e l’impatto della legge europea sui cittadini

, di Amanda Ribichini

L'importanza del Parlamento europeo e l'impatto della legge europea sui cittadini
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Quante volte ci siamo sentiti dire che l’Europa è lontana? Che l’Unione europea non è altro che un mucchio di funzionari vestiti di grigio, che passano tutto il giorno chiusi nei loro palazzoni a Bruxelles, a inventarsi un nuovo modo per appesantire ancora di più la burocrazia del Vecchio Continente?

Bene. Oggi, venerdì 7 giugno 2024, proprio mentre voi state leggendo questo articolo, i vostri connazionali residenti all’estero cominciano a recarsi alle urne per esprimere il proprio voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Quale miglior giorno per far chiarezza sull’importanza delle disposizioni europee? P.S. Per oggi, niente tappi-di-bottiglia-gate, ne abbiamo viste già troppe durante questa campagna elettorale.

Partiamo da un breve base giuridica, che non fa mai male. La legislazione europea si basa sul principio giuridico che stabilisce la prevalenza del diritto dell’Unione europea rispetto alle norme nazionali contrastanti degli Stati membri dell’UE. Questo principio è detto primazia del diritto UE. La prima sentenza che lo sancisce è di 60 anni fa, ed è la Costa c. Enel. Ci ha pensato poi la sentenza Frontini a stabilire che la Corte suprema di ogni Stato deve applicare il diritto dell’Unione nella sua interezza. Questo vuol dire che il diritto unionale è del tutto e per tutto superiore alla legge nazionale? No; la Corte Costituzionale mantiene comunque il potere di opporsi per la “teoria dei controlimiti”. Tali controlimiti sono il contenuto della Costituzione.

Approfittiamone anche per un ripassino rapido sulle tipologie di disposizioni provenienti dall’UE. Immaginiamo dunque una piramide, al cui vertice troviamo le componenti con più influenza. In cima alla piramide, troviamo il diritto primario: di esso fanno parte i Trattati istitutivi dell’UE, come TFUE e TUE. Subito sotto, c’è il diritto secondario, in cui troviamo varie categorie di atti. Più in alto tra loro, ci sono i Regolamenti. Essi hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili, senza necessità di recepimento nel diritto nazionale. Per fare un esempio, il GDPR è un regolamento. Le Direttive, invece, vincolano lo Stato membro o gli Stati membri cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi legislativi nazionali - i Parlamenti - in merito alla forma e ai mezzi. Il legislatore nazionale deve adottare un atto di recepimento, ossia una «misura nazionale di esecuzione», nel diritto interno che adatta la legislazione nazionale rispetto agli obiettivi definiti nella Direttiva. Un esempio di direttiva è quella della plastica monouso (i famosi sacchetti del supermercato a 2 centesimi). In basso, troviamo, Decisioni, Raccomandazioni e Pareri. Le Decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi, ma trattano di situazioni specifiche, e per questo sono rivolte solo ad alcuni “destinatari”. Per esempio, il 1º gennaio 2023 il Consiglio ha adottato una decisione che autorizza la Croazia ad adottare l’euro. Il destinatario era unico, ed era proprio la Croazia. Le Raccomandazioni e i Pareri non creano alcun diritto o obbligo per i rispettivi destinatari, ma possono fornire indicazioni sull’interpretazione e il contenuto del diritto dell’Unione.

Per dare qualche numero, nell’attuale legislatura sono stati fatti 62 decreti normativi: 35 di essi (il 56,6%), erano atti a recepire una normativa europea. Attenzione, si tratta solo di attuazioni di leggi delega in questo caso (la legge passa “intonsa” da Bruxelles a Roma); per quanto riguarda il numero di leggi, il numero è ben inferiore. Il numero di disposizioni in arrivo però dai palazzi europei resta comunque molto alto.

Il Parlamento europeo, che i cittadini eleggono con il loro voto ogni cinque anni, è attore fondamentale nel redigere queste leggi, ma non l’unico. La struttura intergovernativa dell’Unione europea vuole infatti che l’unica Istituzione con il potere di iniziativa legislativa sia la Commissione europea e che il processo legislativo segua il meccanismo della “navetta” tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea, Istituzione che riunisce i Ministri degli Stati membri per la materia della legge che viene discussa.

Risulta quindi bizzarro che il Parlamento europeo risponda a questo nome. Se dalle poche e sparpagliate ore di educazione civica alle scuole superiori impariamo qualcosa è l’associazione dei poteri: esecutivo al Governo, giudiziario alla magistratura e legislativo, appunto al Parlamento. Tuttavia, secondo una sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo del 1999, il Parlamento europeo “pur non essendo ancora dotato di pieni poteri legislativi, costituisce oggi il principale strumento di controllo democratico e di responsabilità politica nel sistema comunitario”. Sì, perché oltre a contribuire al processo legislativo, il Parlamento è anche quell’Istituzione di cui ha bisogno la Commissione europea per stare in piedi; è il Parlamento europeo a eleggere il/la Presidente della Commissione, ed è sempre il Parlamento europeo a esprimersi in modo favorevole o contrario su ogni singolo/a Commissario/a che il/la Presidente nomina. In un certo senso, quindi, ha anche influenza sul potere di iniziativa legislativa, tenuto conto che i principali compiti che vuole portare a termine nel suo mandato, il/la Presidente della Commissione li chiarisce proprio alla ricerca del sostegno del Parlamento.

Come dimenticarsi poi del ruolo che il Parlamento svolge in materia di bilancio. Il quadro finanziario dell’Unione europea non rispecchia la durata del mandato delle altre Istituzioni puramente comunitarie, non è quinquennale ma settennale, ma è sempre il Parlamento ad approvarlo. Per essere chiari, saranno quelle 720 persone che con il nostro voto di questi giorni manderemo a Strasburgo e Bruxelles a decidere dove e in che quantità saranno investiti i fondi europei. Nella scorsa legislatura, buona parte è andata a coprire politiche green, vi siete accorti di quanti parchi naturali, quante aree boschive, quante piste ciclabili intorno a voi hanno in bella vista un cartello che mostra la bandierina dell’Unione europea.

L’Europa è in tutto ciò che ci circonda, anche se per disattenzione, per narrazioni (volutamente o meno) scorrette, o anche solo per abitudine, non ce ne accorgiamo. La città, la Regione, l’Italia che vogliamo dipende anche da lei. Quindi da noi, che possiamo scegliere in che direzione farla andare votando i nostri rappresentanti in quell’Istituzione che avrà tante lacune, ma che sa come amplificare la nostra voce: il Parlamento europeo.

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