Il dibattito pubblico italiano ha spesso una prospettiva nazionale deformante, che impedisce di cogliere pienamente il significato profondo dei processi e degli eventi in cui pure siamo immersi. Ultimamente questo si manifesta ad esempio con una sorta di riflesso condizionato negativo nei confronti di Francia e Germania, storicamente i nostri più stretti partner europei. E purtroppo, questo non ci aiuta, sotto nessun punto di vista. Un esempio lampante è dato dalla visita di Xi Jinpin, Presidente e leader del Partito comunista cinese.
L’Italia è il primo Paese del G7 ad aver aderito alla Belt and Road Initiative, ovvero la nuova Via della seta, un grande progetto cinese, parte della strategia volta a portare ad un’egemonia mondiale, ed inserito nella legislazione e nello statuto del Partito comunista nello cinese. La Cina in sostanza propone ai vari Paesi dei Protocolli d’intesa, abbastanza standardizzati, che i vari Paesi possono accettare o meno. Ma il margine di trattativa è abbastanza ridotto. Complessivamente è un progetto enorme, che sta già strangolando molti piccoli Paesi, dal momento che prevede finanziamenti (principalmente prestiti) cinesi per realizzare grandi opere infrastrutturali, che però devono essere realizzate da aziende cinesi, e che hanno spesso un impatto ridotto sulle economie locali, ma lasciano un significativo fardello di debiti da onorare. A margine di questa adesione italiana sono stati firmati accordi commerciali per circa 2 miliardi di euro.
La Francia non ha aderito all’iniziativa cinese della nuova Via della seta, ma ha firmato accordi per oltre 30 miliardi di euro, quindi circa quindici volte più dell’Italia. Il che dimostra che per fare affari non era necessario aderire e rompere il fronte occidentale, che dimostra solo da debolezza politica ed economica dell’Italia sotto l’attuale governo. Non solo, ma Macron oltre al suo incontro bilaterale con Xi Jinpin, ne ha organizzato anche uno con la Cancelliera tedesca Merkel e il Presidente della Commissione Juncker, a ricordare che la politica commerciale è una competenza dell’UE, che è la prima potenza commerciale del mondo, e che la Francia si muoveva nel quadro dell’unità europea rispetto ai rapporti con la Cina e non rinuncia a perseguire accordi e rapporti fondati anche sul ribadire determinati valori e principi, come il rispetto dei diritti umani, e sulla reciprocità nell’accesso ai mercati, nella tutela della proprietà intellettuale e così via.
In sostanza tutto ciò mostra che la Francia, ponendosi nel quadro dell’UE, ha saputo cogliere maggiori opportunità dell’Italia, che invece ha scelto di muoversi autonomamente e in un certo senso in opposizione e contrasto con l’UE e gli USA. Ma anche che in fondo la Cina rispetta di più chi rimane fedele ai propri principi, valori, alleanze, rispetto a chi persegue una posizione solitarie e velleitaria, che infine può portare solo a giocare il ruolo di vassallo delle varie grandi potenze mondiali – che si tratti della Cina, degli Stati Uniti o della Russia poco importa. Mentre una posizione europea comune permette da un lato di stringere accordi commerciali più vantaggiosi e dall’altro di mantenere una maggiore autonomia, una maggiore indipendenza e di poter richiedere maggiore rispetto e reciprocità nei rapporti tra Europa e Cina.
Questa è la vera sfida: costruire una vera sovranità democratica europea, per continuare a giocare un ruolo nel quadro globale ed essere in grado di difendere i nostri interessi e valori. Ciò significa andare a rafforzare la politica economica, estera, di sicurezza, di difesa – oltre che salvaguardare la politica commerciale esterna - dell’Unione, affidandole ad un vero governo federale, responsabile di fronte al Parlamento europeo, eletto da tutti i cittadini europei. L’alternativa nazionalista, lungi dal restituire la sovranità ai cittadini, è solo un modo per finire come satelliti delle grandi potenze mondiali.
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