La fine del sogno europeo

, di Samuel Touron, tradotto da Giulia Zappaterra

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La fine del sogno europeo
Un campo di migranti, rifugiati a Parigi sotto il Pont de la Chapelle, vicino alla stazione Paris-Nord. Immagine di Jeanne Menjoulet, Flickr.

Disinteresse per la popolazione, disuguaglianze e povertà crescenti, tensioni continue con l’Europa centrale, incapacità di opporsi alle aggressioni russe, americane, cinesi e turche, incapacità di disfarsi di processi intergovernativi, annullamento dei valori a beneficio dell’aspetto economico: l’Europa sta affrontando una sconfitta?

Quando si insegna cosa sia l’Europa, il primo punto a essere trattato è il progetto dei padri fondatori: un’Europa fatta di pace, prosperità, valori, quelli dell’umanesimo, e di libertà. L’Europa in cui l’altro diventa importante quanto noi stessi, in cui, uniti nella diversità, si fissa un orizzonte comune. Di questo progetto rimane solo un dolce sogno, un’utopia, un orizzonte lontano diventato miraggio. L’Europa non fa più sognare, persa in un’unione più economica che politica, pronta a rinnegare i propri valori e a coprirsi gli occhi in cambio di profitti economici. Abbiamo visto l’Europa reagire di fronte all’annessione della Crimea? L’abbiamo vista protestare ferocemente contro i progetti turchi nel Mediterraneo? No. Così come non abbiamo visto Charles Michel, che si professa femminista e progressista, alzarsi dalla sua poltrona per chiedere una sedia per Ursula von der Leyen. Come può una tale Europa far sognare?

Un’Europa perduta che si rinnega

Umiliata, l’Europa lo è di continuo, perché non ha mezzi potenti, perché è un nano geopolitico, perché è piena di bei discorsi ma pochi fatti, perché il ricatto economico e politico straniero non ha nulla di glorioso, impoverisce i popoli e spinge nella miseria i più poveri. Le misure delle sanzioni economiche europee hanno contribuito a spingere milioni di cittadini di Venezuela, Burundi e Ucraina, nella povertà e nella miseria. Sì, l’Europa fa patire la fame a dei bambini, per i suoi propri interessi. L’Europa mostra i denti ai “piccoli Stati”, ma china la testa di fronte ai potenti, lasciando che la Cina agisca come meglio crede a Xinjiang e non opponendosi, basta che le aziende le fruttino dei profitti grazie allo sfruttamento degli Uiguri. Questa politica ipocrita della ricerca continua del profitto rovina l’immagine di un’Europa per la pace e per i diritti umani.

Come ci si può sentire europei, quando si vedono milioni di donne, uomini e bambini, ammassati alle nostre frontiere, a chiedere l’elemosina e a tendere la mano, respinti nella violenza estrema verso la Turchia o verso l’altra sponda del Mediterraneo. Sì, ogni giorno, esseri umani muoiono alla frontiera greco-turca, al largo delle Canarie, al largo di Lampedusa, non lontano dalle coste libiche. Allora chiudiamo gli occhi, passiamo la palla agli Stati membri, diciamo a greci, spagnoli, italiani: “Sta a voi sbrigarvela”, stringiamo accordi con la Turchia, mentre alcuni media paragonano i migranti ai terroristi. Poi ci stupiremo dell’ascesa dell’estrema destra, faremo finta di non capire come mai stia tornando in auge la tratta di esseri umani. Sì, l’Europa lascia che migliaia di migranti lavorino in campi sperduti in Italia o in Spagna, per una miseria e in condizioni impensabili. Sì, l’Europa lascia che gli Stati membri chiudano gli occhi su queste situazioni.

Come ci si può sentire europei, quando vediamo che non muove un dito, mentre la pace nel continente muore. Abbiamo lasciato che la Jugoslavia sparisse in un mare di sangue, drammi e violenze, abbiamo guardato bosniaci e serbi uccidersi tra loro, abbiamo lasciato che il massacro di Srebrenica si svolgesse sotto i nostri occhi, non abbiamo mai agito. Non abbiamo fatto nulla neanche per impedire che l’Ucraina cadesse nella guerra civile. Il terrorismo fa vivere i francesi in stato di emergenza dal 2015, il presidente Macron l’ha detto: “Siamo in guerra”. Parlava della crisi sanitaria o della situazione in cui Francia ed Europa sono piombati? I terroristi sono, per la maggior parte, nostri figli. Sono cresciuto vicino a “Djihad City” (N.d.T. si tratta del comune francese di Lunel, nell’Occitania, sud della Francia. Nel 2015, si scoprì che era stata la casa di molti giovani jihadisti). I ragazzi che sono andati in Siria erano come me, eravamo della stessa generazione, provenivamo dallo stesso posto, siamo andati a scuola insieme. Loro hanno trovato, in quella lotta nichilista, un modo per esistere, un ideale che né l’Europa né gli Stati membri hanno dato loro. Al contrario di quanto dicono certi media, non erano degli emarginati, né dei folli dell’Islam. Sono stati resi folli da un ascensore sociale in panne e da una società consumistica e individualista, nella quale le nostre vite vengono spettacolarizzate. La jihad è diventata per loro un modo per fare davvero uno spettacolo delle loro vite. Anche di fronte a questo malessere, l’Europa non ha potuto fare niente, e anche in questo caso il sangue è stato versato, la pace è scomparsa.

Europa di crisi, Europa senza valori

Siamo la generazione delle crisi. Ho conosciuto soltanto un’Europa in continua crisi: economica, sociale, politica, ambientale, ideologica. Dal 2008, l’Europa è invischiata in una profonda crisi esistenziale che non riesce a superare. Eppure, ha la soluzione davanti agli occhi: il federalismo. Ma, sottomessa com’è alla paura, agli interessi egoistici degli Stati, alle guerre di ego, è probabile che questa via non verrà mai seguita. Nemmeno l’attuale crisi sanitaria ed economica sembra smuovere qualcosa. Quindi, cosa servirà? Una nuova guerra fratricida? Un nuovo massacro? Perché mai chi ci governa manca di coraggio e d’ambizione? La politica è diventata un bene di consumo, la maggior parte dei politici sceglie di privilegiare il proprio interesse a breve termine e i risultati effimeri, piuttosto che progetti ambiziosi a beneficio di tutti. A forza di farne un hobby, si rischia di risvegliarsi un giorno con un’Unione in panne, rotta definitivamente.

A chi mancherà l’Europa? Il popolo se n’è allontanato, è uscito dalle cerchie di giovani laureati o abitanti delle metropoli. È necessario constatare che l’Europa non importa più a molti. Quasi un europeo su due non vota alle elezioni europee e i giovani sono quelli che votano meno. Esiste forse un miglior modo per constatare la sconfitta? Gli estremisti si rallegrano e si appropriano della questione, il cancro dell’euroscetticismo si spande, la paura vince, l’egoismo sale, la speranza muore. La società delle “visualizzazioni” e dei “clic” fa comparire nei media quelle parole pericolose che danno credito ai peggiori estremisti. Una metastasi maligna. Colti in fallo, ci opponiamo e veniamo trattati come nemici della democrazia, legittimando i discorsi dei veri nemici della democrazia. Alla maggior parte dei giornalisti non importa, importano solo le cifre degli ascolti, le statistiche dei siti. Il richiamo del guadagno vince sui valori.

Nessuno salverà l’Europa, nessuno combatterà per lei. Impotenti, la guarderemo crollare, perché crollerà, lentamente e a lungo; probabilmente il processo è già cominciato. Noi francesi abbiamo già iniziato a rinnegare i nostri valori. Non reagiamo di fronte agli Stati membri che non rispettano lo stato di diritto, vendiamo armi a paesi che hanno fatto della lotta contro i diritti umani la loro ideologia. Certo, coi nostri discorsi impartiamo lezioni a Turchia e Russia, ma le nostre azioni non valgono certo di più. Le armi europee uccidono ogni giorno dei civili in Yemen, e il primo acquirente di armi francesi, il Qatar, è anche il primo finanziatore del terrorismo islamico. L’Europa si è forse opposta alla Francia? No.

Il punto focale di questa constatazione è il seguente: l’Europa ha dimenticato i propri valori e si cura solo dei risultati economici. Ora, chi vuole vivere in un’Europa del genere? Nessuno. Sarà comunque la direzione che prenderemo, a condurci alla fine del progetto europeo.

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