La geopolista dei buoni e cattivi - Edizione 2022

, di Cesare Ceccato, Davide Emanuele Iannace

La geopolista dei buoni e cattivi - Edizione 2022
Juliescribbles, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/license...> , via Wikimedia Commons

Anche quest’anno come lo scorso, poco prima delle vacanze, qui su Eurobull.it decidiamo di dare una mano a Babbo Natale e ai suoi fedelissimi elfi (anche se restiamo tutti molto curiosi di sapere che fine hanno fatto i loro contratti di lavoro). Redigiamo, con la calma che ci contraddistingue, una lista geopolitica, una geopolista dei buoni e dei cattivi, considerando quel che i vari Paesi hanno combinato durante l’anno.

Iran

Perché non iniziare da quelli che forse si configurano tra i villiain dell’anno? L’Iran (ma solo quello degli Ayatollah) è decisamente sulla lista dei cattivi del 2022. In preda a un bel rigurgito conservatore, il Paese ha iniziato a infiammarsi dopo la morte di Masha Amini, il 16 settembre di quest’anno. Una nazione a modo suo già che vedeva, specialmente nell’area curda, forti dissensi verso il regime, un’inflazione rampante e una crisi economica e sociale che lo andava attraversando.

La risposta governativa ha spinto un prolungamento delle proteste iniziate con la morte della giovane donna, che ha visto vittime specialmente tra i manifestanti - poche, ad oggi, quelle tra le forze di sicurezza. Il Governo iraniano sembra fare avanti e indietro tra decisioni come quelle di riconsiderare gli obblighi del velo e il ruolo della polizia morale, e al contempo l’impiccagione di manifestanti arrestati e condannati con l’accusa di “aver mosso la guerra a Dio”.

Non possiamo non considerare il regime iraniano tra i cattivi dell’anno del 2022, regalandoci per l’inizio del 2023 una sacca di insicurezza e di rischio in un’area sempre calda del pianeta. La protesta non sembra volersi fermare e il regime non può tornare indietro, non senza incominciare a mettere in discussione il suo ruolo nel mondo e nel tempo contemporaneo.

L’Iran, sicuramente, si prospetta come una storia anche per il 2023 che uno può soltanto augurarsi tenda a concludersi nel modo migliore, e con meno vittime possibile. Per ora, nel 2022, l’Iran è tra i cattivi di Babbo Natale.

Russia

Fatto trenta, facciamo trentuno e continuiamo con Paesi che hanno deciso di occupare le prime pagine dei giornali da qui allo scorso anno. Tocca alla Russia di Vladimir Putin, che sembra sia abbastanza abbonata alla nostra lista; anche l’anno scorso ha fatto la sua “bella” presenza tra le nostre righe. In questo caso, la storia e la musica non cambiano troppo.

Dopo le minacce di guerra che l’avevano portata sotto i nostri riflettori nel 2021, nel 2022 è l’invasione dell’Ucraina che dona a Putin il carbone - quello che non vogliamo usare per le nostre centrali, insomma, così liberiamo anche spazio.

La famosa “operazione speciale” sovietica nello stile e nelle intenzioni si è rivelata la più grande crisi che l’Europa sta attraversando nel mondo post-COVID. Se l’effetto sull’Ucraina è stato, ovviamente, devastante, le conseguenze stanno riecheggiando per il globo nella sua interezza. Mentre in Ucraina si combatte, in Europa si discute di cosa fare. Prima l’invio delle armi, poi le contromisure da mettere in campo per cercare di liberarsi del cappio che abbiamo donato coscientemente, nel corso degli anni, a Vladimir tramite il gas e l’energia russa.

L’Unione si è mossa lenta, fiancheggiata da una schiera di filo-russi sparpagliati come un piccolo cancro dentro il Vecchio Continente - come non pensare a certi analitici pensatori che meriterebbero di scrivere, al massimo, le pagine dell’Oroscopo, specie certi sociologi del terrorismo di scarso valore. Altre spine nel fianco sono state le nazioni filo-russe pronte a taglieggiare l’unità europea pur di avere i propri cinque minuti di gloria e ricatto delle istituzioni europee - si, Ungheria, si parla di te qui. Per non parlare di attori politici pronti a tutto pur di rimanere fedeli alla propria linea, abbastanza pessima, di attori coscienti di essere pedine nel gioco russo. Ma si sa, 49 milioni piacciono a tutti.

La Russia, comunque, si merita il titolo di molto cattiva non perché l’Europa è stata colpita, ma perché ha deciso di invadere uno stato sovrano nel XXI secolo come se, invece, fossimo a malapena usciti dall’era napoleonica. L’Ucraina passerà un inverno freddo, e un Natale decisamente poco ricco di luci e serenità, perché certe nazioni hanno la strana sensazione di sentirsi assediate anche quando, ad essere imperiali, sono proprio loro. Molti diranno: questo è un commento, non è un’analisi geopolitica, ed è esattamente quello che vuole essere, un commento morale. Non discuteremo qui dei perché e dei però. Ogni cosa, in geopolitica, ha sicuramente la sua radice e la sua ragione. Ciò che possiamo dire è che la Russia, si spera, finisca presto di bombardare il suo vicino solo perché Putin non riesce ad ammettere che il XXI secolo non è il secolo europeo e sovietico. Si spera, insomma.

Ucraina

Dall’aggressore all’aggredito. Dalla lista dei cattivi a quella dei buoni. Sì, perché per quanto sia ineccepibilmente un Paese ancora dilaniato dalla corruzione e il cui popolo risente di una forte disuguaglianza sociale, come è stato d’altronde raccontato nella serie comica Servant of the People, l’Ucraina ha quest’anno sottolineato una volta di più di che pasta sia realmente fatta.

Spinto da un senso di unità, di dignità, di resilienza e da una fiera identità comune, il popolo ucraino non ha indietreggiato di un passo davanti all’attacco russo. Questa resistenza guidata dalla volontà di rifarsi ad altri valori rispetto a quelli avallati da Putin e figlia dell’Euromaidan del 2014 spinge oggi l’intero mondo democratico a guardare l’Ucraina con estremo interesse. Da segnalare come da inizio conflitto il Governo si trovi saldamente al fianco dei propri cittadini, e non solo a parole; non appena cominciò l’invasione russa, gli Stati Uniti offrirono a Zelens’kyj un rifugio sicuro, la risposta del Presidente fu intransigente: “mi servono munizioni, non un passaggio”.

E certamente, la pace perpetua è in fondo lo scopo massimo che ogni Paese e ogni essere umano dovrebbe puntare a raggiungere, ma solo chi non ha - per sfortuna o per scelta - accesso a una buona informazione può credere che, in questa situazione, tale sia raggiungibile in modo maturo a un tavolo delle trattative. Almeno, non senza cedere a un ricatto. Che poi, se lo si facesse, si potrebbe davvero parlare di pace? Questa non può essere considerata solo assenza di guerra. La guerra noi umani l’abbiamo inventata, e l’abbiamo compiuta, a volte a fini di sopravvivenza, a volte a fini di potere, venendo meno a quello che forse è lo scopo della nostra stessa esistenza. In ogni caso, non sarà questa l’occasione di scoprirlo, da settembre il Cremlino ha ben chiaro come la pace, tanto quanto il gas, la luce, l’acqua e il cibo, l’Ucraina la otterrà “senza di loro”.

Da un solido rafforzamento dei rapporti diplomatici con i Paesi europei e transatlantici allo status di Paese candidato alla piena membership dell’Unione europea, fino al Premio Sakharov per la libertà di pensiero, quanto sta ottenendo l’Ucraina semplicemente dimostrando l’umanità del suo popolo è meraviglioso e pienamente meritato. Nella speranza che l’unica cosa che conta ottenere, la libertà, si materializzi nel 2023, segniamo in giallo e blu la lista di Eurobull. Slava Ukraini.

Italia

Tu invece, Italia, che ci combini? Se almeno l’anno scorso ti si era lodata per il lato sportivo, stavolta, con la mancata qualificazione al mondiale di calcio, non possiamo fare neanche questo. Non provare a tirarci in ballo Francesco Bagnaia. Il 2022 è andato male, molto male.

Il Bel Paese si è rassegnato immediatamente alla lista dei cattivi, passeggiando per ogni girone dell’inferno dantesco fin da gennaio, quando gli occhi di buona parte del mondo erano puntati su Roma per l’elezione del Presidente della Repubblica. La presunzione di alcuni leader di partito di far valere i propri numeri in Parlamento anziché cercare il nome migliore in collaborazione con gli altri rappresentanti del popolo, la strafottenza nei confronti dei cittadini stessi che chiedevano che per una volta - solo una - non si cedesse alla becera campagna elettorale, l’ignavia, e a tratti la mancanza di rispetto, con cui si sono ridate le chiavi del Quirinale in mano a Sergio Mattarella sebbene solo nove anni fa ci si fosse ripromessi il Napolitano-bis come un unicum della storia repubblicana non possono fare altro che testimoniare di nuovo quanto sia messa male la classe dirigente politica italiana.

Se non bastasse, un termovalorizzatore ha fatto cadere il Governo presieduto da l’uomo che veniva definito il più potente d’Europa. Una frase che starebbe a meraviglia all’interno di una barzelletta non è altro che la realtà dei fatti accaduti nella scorsa estate italiana. A pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura, anche qui per meri fini elettorali di alcuni partiti spacciati per vicinanza al popolo, gli italiani sono tornati alle urne. Almeno, una parte degli italiani l’ha fatto. Questo il concetto che va evidenziato per certificare la presenza dell’Italia in questa lista, a prescindere da chi alle elezioni è stato punito e da chi è stato premiato, che è già stato raccontato qui su Eurobull. La più grande astensione della storia del Paese. Più di un italiano su tre, per i più svariati motivi, il 25 settembre ha preferito dedicarsi ad altro. A rendere il tutto più triste è stata la reazione di chi comunque in Parlamento ci è entrato: a conti fatti, un’ignoranza totale del problema.

E ancora, tensioni del Governo italiano con la Francia sulla questione migrazioni, un Parlamentare paladino dei diritti dei braccianti che pare essersi ritrovato il nemico in casa, se non addirittura nello stesso letto, catastrofi naturali a cui non si risponde con soluzioni ma con scaricabarili e ricerca di consenso. C’è da voltare pagina, da iniziare un nuovo capitolo, per davvero.

Francia e Germania

Restiamo in Europa per analizzare due Paesi che hanno affrontato il 2022 in modo differente, un po’ anche perché differente era ciò che preventivamente spettava loro.

La Francia attendeva con trepidazione l’avvio del 2022, infatti, ad essa spettava tra gennaio e giugno la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Se in politica interna ogni tanto batte la fiacca, c’è da lodare come nel processo di integrazione europea il Paese guidato da Emmanuel Macron non sbagli un colpo. Dopo aver posto tra 2018 e 2019 le basi per la Conferenza sul Futuro dell’Europa, quest’anno la Francia ha approfittato del suo importante ruolo e fatto nuovamente brillare le dodici stelle dando il via alla Comunità politica europea. Un progetto coinvolgente 44 Paesi europei, una piattaforma di coordinamento delle politiche volto a rafforzare la sicurezza, la stabilità e la prosperità del continente. Se funzionerà ce lo dirà il tempo, ma tentare non nuoce e questo particolare tentativo appare dannatamente attraente.

In più, la poltrona dell’Eliseo è stata nuovamente messa in palio. La campagna elettorale ha - e uso un eufemismo - lasciato a desiderare, e con un’affluenza attestatasi al 73.69% nemmeno Parigi, come Roma, può fare i salti di gioia per la partecipazione democratica. C’è però da considerare il dibattito parlamentare, che, anche per via dell’inaspettato risultato delle elezioni legislative che ha messo il Presidente Macron in minoranza, sta rilanciando il profilo dell’open government nel Paese. Profilo che, negli ultimi anni, è apparso spesso come superfluo.

Dolci, quindi, a ovest della Linea Maginot, mentre a est? Ricordiamo bene come la coalizione semaforo, vincitrice delle scorse elezioni tedesche, avesse impiegato poco per placare i dubbi sulla sua guida. Il nuovo cancelliere di Germania, Olaf Scholz, diceva di voler “osare per il progresso”. A un anno di distanza, quando è stato il momento di osare per davvero, è risultato il leader europeo meno propenso a farlo. Prima con l’indecisione sul da farsi riguardo il gasdotto Nord-Stream 2, poi osteggiando l’idea di una politica energetica comune e, senza ragionare di una soluzione europea, stanziando un fondo speciale da 200 miliardi di euro per far fronte alla crisi dell’energia, con beneplacito di tanti cittadini tedeschi.

Se a questo si aggiunge il controverso rapporto con la Cina, grande partner economico, che preoccupa per quanto possa diventare fondamentale, il 2022 del Governo tedesco - di una Germania che non sembra più così incline al valore europeo di solidarietà e alla inflessibilità sui diritti umani di merkeliana memoria - risulta davvero difficile da salvare.

Brasile

Nella lista dei buoni ci finisce il Brasile. Per quanto sia innegabilmente una bella storia quella del carcerato che, dopo anni, vede riconoscersi la sua completa estraneità ai fatti per cui era stato condannato e la sua conseguente innocenza, torna a fare politica e vince le elezioni, non è una questione di tifo che attesta questo risultato.

Alle elezioni generali di ottobre, infatti, eleggendo come Presidente Luiz Inácio da Silva Lula, i brasiliani non hanno sconfitto per un pelo solo Jair Bolsonaro. Hanno sconfitto una politica populista, antiscientifica e anticlimatica. Una delle politiche più malsane che si possano applicare, per il Paese e per il mondo intero, nell’antropocene.

Comunque, visti i precedenti di Lula come Presidente, si può stare piuttosto certi che dopo un quinquennio di molestie, l’Amazzonia, il polmone verde del pianeta, tornerà a respirare. Già questo è un risultato non da poco. Sui diritti civili, magari non ci troviamo davanti a Barack Obama, stiamo comunque parlando di un fervente cattolico settantasettenne, ma per i lavoratori sappiamo sarà pronto a battersi anima e corpo.

E poi dai, davvero potrebbe rivelarsi peggio di un sostenitore di pratiche quali la tortura e la pena di morte, convinto che l’omosessualità sia contronatura, che le donne non siano pari agli uomini e che la crisi climatica sia solo un grande inganno?

Qatar e Marocco

Nonostante i mondiali che ci hanno regalato quest’anno, con la squadra del Marocco che ha compiuto un exploit storico, non possiamo non esimierci dal dare a queste due nazioni un sacco di carbone, non troppo grande, ma un po’ di carbone sembrano meriterselo.

Al netto delle terribili politiche sul lavoro in Qatar che meritano una menzione a parte, è l’affair Kaili che ci ha regalato l’ultima grande amara risata del 2022. Non scendiamo nei dettagli, ma gli inquirenti e i servizi segreti, belgi ma anche francesi, stanno tracciando pian piano la mappa di corruzione soldi che collegava esponenti del Parlamento europeo - molti in seno ai socialisti - ONG e i due Paesi arabi. Mazzette che servivano a corrompere e modificare le decisioni del PE in ottica più positiva. Qui ne abbiamo parlato anche noi.

Kaili e soci, tra cui molti italiani e greci - e i meme impazziranno per la cosa - sono coinvolti nel più grande scandalo che il Parlamento Europeo abbia mai avuto dinanzi a sé, quello che la presidentessa Roberta Metsola ha definito come un vero attacco alla democrazia europea. Difficile dire il contrario. Questo scandalo ha messo in luce tutta la debolezza intrinseca del sistema europeo per come è oggi costituito ma anche letto dalla sua popolazione. Non c’è da sorprendersi se i parlamentari si siano lasciati coinvolgere in un bel giro di corruzione che richiama ai migliori gialli. Se trattiamo il Parlamento europeo come l’ultima ruota del carro, il posto dove piazzare i politici che nemmeno vogliamo in patria - dopotutto, l’Italia ci ha spedito Razzi e l’assenteista record Salvini - non aspettiamoci che diventi poi un faro di democrazia.

Qatar e Marocco sembrano quindi essersi divertiti non poco a diffondere denaro in giro, con metodi da Paesi amanti dello spionaggio e straordinariamente ben studiati. Entrambi negano qualsiasi coinvolgimento, ma le dichiarazioni degli esponenti arrestati lasciano poco spazio alla fantasia e ai dubbi. Una menzione speciale la fa Al-Jazeera, l’emittente news del Qatar, giornale tra i preferiti dello scrivente, che ha citato il Qatargate una sola volta. Si meritava il premio “Giornale buono dell’anno”, ma la piega molto a difesa del Qatar e la sua capacità di insabbiare tutto ciò che è negativo del paese del Golfo lo riavvicina a Fox News e BBC. Decisamente tutti e tre tra i cattivi.

Unione europea

In fondo c’è, sempre, un po’ ovunque, l’Unione europea.

È silenziosa ma rimane costante tra tutte le nostre storie. È un po’ una vittima, un po’ la carnefice di lei stessa. Non merita il carbone, ma sicuramente una copertina calda sotto cui mettersi un secondo, prima di ricordarsi che il 2023 non si porta via i problemi, ma li aggiunge.

Vittima dello scandalo del Parlamento europeo, di una guerra in Ucraina certamente non voluta - ma che non può abbandonare nemmeno - e incapace di prendere decisioni forti come questi tempi difficili richiederebbero, molti speravano che il COVID-19 compiesse l’epica svolta di una Unione più unita che mai, ma le difficoltà stanno di nuovo portando sotto stress le giunzioni e i contatti che tengono l’UE salda e unita.

Non è però la fine, piuttosto, al contrario, è l’occasione di fare qualcosa di diverso, di migliore, rispetto al passato. Lo scandalo corruzione al Parlamento ha dimostrato quanto mai prima d’ora che l’UE è ancora qui, esiste, respira, e che fuori di essa le nazioni se ne accorgono - al punto da provare ogni mezzo pur di corromperla e asservirla.

La crisi energetica ha messo in luce come sia necessario fare un decisivo cambio di passo, sia in ambito innovazione per nuove fonti d’energia, che di transizione di tutti i Paesi membri. È necessario fare un passo più coraggioso in questa direzione, iniziando una transizione che più che mai serve sia all’UE che al pianeta stesso.

Non di meno, la guerra russa ci spinge a riflettere su cosa voglia dire geopolitica e difesa nel XXI secolo. L’UE ha bisogno di fornirsi di forze armate, che siano efficienti, precise, efficaci. Non è il numero, quanto la loro qualità che nell’epoca dei droni, dei jammer e dei missili balistici può fare la differenza. Ma i singoli paesi europei non sono che formiche in mondi dove le portaerei nucleari solcano i mari, almeno quando operano in solitudine.

Per il 2023, tra i buoni propositi, l’UE dovrebbe piazzare dei radicali cambiamenti per adeguarsi a questo secolo instabile - fino ad ora - per recuperare il suo ruolo di rilevanza nel contesto geopolitico globale o, quanto meno, guadagnare la capacità di difendere sé stessa dalle ingerenze straniere, che siano alleate o no.

Avremmo voluto dedicare due righe a una Cina, sempre più nelle mani del Presidentissimo Xi Jinping, che pare non sopportare la lettera T e dopo Tienanmen e Tibet aggrava la propria violenza verso Taiwan. A una Turchia che, totalmente fuori luogo, al vertice NATO prova a fare i dispetti ai Paesi scandinavi. A una Polonia e a un’Ungheria che, sebbene straordinariamente accoglienti con i profughi ucraini, continuano a gongolarsi nelle violazioni dello Stato di diritto. Ma ci siamo accorti come questo 2022 abbia distribuito una quantità di carbone sproporzionata rispetto a quella di dolci e non ci andava di incupire troppo le vostre feste. Anno nuovo, vita nuova… speriamo. Tanti auguri!

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