La Polonia viola *insert your text here*

, di Davide Cinotti

La Polonia viola *insert your text here*
Foto di Silar, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons.

Il Paese non rispetta i diritti delle minoranze etniche e degli oppositori politici, posiziona nei tribunali giudici fedeli (piuttosto che competenti), restringe la possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza, esercita un controllo oppressivo sui media e indirizza fondi pubblici (anche europei) verso un ristretto circolo di sostenitori.

Alcuni dati sulla Polonia

La Polonia è tra i Paesi più etnicamente omogenei dell’Unione europea. Secondo i dati di Eurostat meno del 2 per cento delle persone che vivono in Polonia è nato altrove. In generale gli abitanti dell’Europa orientale compaiono, agli ultimi posti della classifica di quelli che si spostano di più: il 63 per cento dei bulgari non ha mai visitato un altro paese europeo, come il 59 per cento degli ungheresi. A causa di questa scarsa mobilità, che risulta limitata anche all’interno degli stessi confini europei, gli abitanti di questi Paesi difficilmente sono entrati in contatto con etnie e culture diverse. È importante considerare inoltre l’influenza tradizionalista della Chiesa (sia cattolica, ortodossa o protestante) che ha una presenza capillare nell’Europa dell’est e si salda spesso con le frange più conservatrici della società. Qualche tempo fa si è parlato molto, ad esempio, di una ricerca dell’istituto Pew secondo cui i Paesi dell’est sarebbero i meno aperti nei confronti degli omosessuali.

Il contatto limitato con culture diverse confluisce in un atteggiamento diffidente nei confronti di chi è ritenuto diverso: in un sondaggio dell’Unione Europea sull’immigrazione i polacchi si sono rivelati fra gli europei più diffidenti nel voler stringere amicizia con un immigrato.

La Polonia è un Paese assai povero in confronto agli altri dell’Unione e i suoi partiti sono ben consapevoli che senza i generosi fondi dell’Unione europea l’economia polacca collasserebbe. Dall’anno del suo ingresso nell’Unione al 2020, la Polonia è il paese che ha ricevuto la quantità maggiore di fondi europei: 127 miliardi di euro, un terzo del suo PIL annuale nel 2020. Dall’adesione a oggi, inoltre, 2,03 milioni di polacchi si sono trasferiti in un altro paese dell’Unione europea – uno su tre in Germania – per vivere e lavorare. E nel frattempo il PIL pro capite polacco è passato dal 45 per cento al 70 per cento di quello medio all’interno dell’UE.

Il Governo polacco è oggi formato dall’alleanza tra il PiS, nazionalista ed euroscettico, Accordo, di posizione più liberale, e Polonia Solidale, un partito di estrema destra il cui leader è il Ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro. La proposta di legge su cui si sono sviluppate le ultime tensioni prevede il divieto per le società che hanno sede al di fuori dello Spazio economico europeo di possedere quote di maggioranza nei media del Paese.

La Polonia ha di recente approvato una fra le leggi più controverse degli ultimi anni, che renderà la Corte Suprema un organo controllato dal Governo. Per molti mesi osservatori e analisti hanno sottolineato la pericolosità di una riforma che, voluta dal Governo di destra entrato in carica nel 2015, quasi certamente violerà il principio di separazione dei poteri garantito in tutte le moderne democrazie. L’Unione europea ha più volte invitato il Governo polacco a non emanare una riforma così radicale. Nel dicembre 2017, poco dopo la sua approvazione definitiva, l’UE ha dichiarato l’avvio delle procedure per l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona contro la Polonia. Una decisione senza precedenti nella storia dell’Unione europea: l’articolo 7, al quale gli ambienti di Bruxelles si riferiscono con l’espressione “opzione nucleare”, prevede un meccanismo per garantire il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione europea nel caso di gravi minacce. Un avvio del procedimento ai sensi di tale articolo implicherebbe per la Polonia la perdita del suo diritto di voto nelle Istituzioni europee. Tuttavia, l’attuazione di una misura simile richiede l’unanimità tra gli Stati membri. La Polonia ha molti alleati fra i Paesi dell’est Europa e con essi condivide la visione di un Governo dai tratti autoritari. Proprio per tale ragione non si è mai seriamente preoccupata di subire conseguenze concrete.

Il problema del rispetto dello Stato di diritto in Polonia non riguarda solo il sistema giudiziario, che ormai da anni è di fatto controllato da Diritto e Giustizia (che peraltro è il principale alleato europeo del partito italiano Fratelli d’Italia). Negli ultimi anni il Governo di Diritto e Giustizia ha approvato diverse leggi contro la libertà di informazione, i diritti delle donne e della comunità LGBT+. Finora l’Unione europea non è riuscita a ottenere quasi nulla dal Governo polacco perché non dispone di strumenti coercitivi efficaci per costringere uno stato membro a rispettare le proprie decisioni.

Immigrazione

In passato, come possiamo leggere in questo articolo, la Polonia ha avuto meno problemi ad ospitare gli immigrati (in quel caso ucraini).

Negli ultimi mesi i migranti ammassati in Bielorussia hanno tentato più volte di entrare in Polonia: sono stati respinti in alcuni casi anche con la violenza. Il Ministro della Difesa polacco, Mariusz Błaszczak, ha fatto sapere che i suoi soldati al confine hanno sparato colpi di avvertimento in aria per tenerli lontani. Lo stesso ha annunciato che il suo Governo costruirà una nuova massiccia barriera alta 2,5 metri» al confine con la Bielorussia per fermare l’entrata dei migranti. Da diverse settimane Polonia, Lituania e Lettonia accusano il Governo bielorusso di avere “creato” un nuovo flusso di migranti dal territorio bielorusso verso l’Unione Europea come ritorsione per l’appoggio europeo all’opposizione bielorussa e per le sanzioni imposte contro il regime di Aljaksandr Lukašėnka.

Di recente la Polonia è stata criticata da alcune associazioni per i diritti umani per avere ostacolato diversi richiedenti asilo arrivati dalla Bielorussia, bloccandoli per due settimane in una striscia di terra tra guardie di frontiera bielorusse e polacche, vicino alla cittadina di confine Usnarz Górny. A metà novembre le forze di sicurezza della Polonia hanno arrestato circa 100 migranti e richiedenti asilo che avevano cercato di entrare in Polonia dal confine con la Bielorussia, dopo averli in precedenza respinti usando gas. Il Governo polacco aveva detto che permettere l’entrata a quei migranti avrebbe favorito altri ingressi illegali, e quindi l’aveva negata: «Non sono rifugiati, sono migranti economici portati lì dal Governo bielorusso», queste le parole del Viceministro degli Esteri polacco Marcin Przydacz.

Mentre le temperature nella zona di confine sono da settimane sotto lo zero e i migranti sono costretti ad accamparsi e a riscaldarsi con fuochi e mezzi di fortuna continua la propaganda del Governo polacco, alimentata da video di migranti che costruiscono cittadelle al di là del filo spinato, e di quello bielorusso, che mostra immagini delle precarie condizioni in cui versano i migranti. Ma come hanno fatto ad arrivare in Bielorussia, un Paese che fino a pochi mesi fa era distante migliaia di chilometri dalle rotte migratorie più frequentate per arrivare in Europa?

A marzo, «abbiamo saputo che il governo bielorusso stava semplificando le procedure burocratiche per rilasciare visti “turistici” in Iraq», ha raccontato a BBC News il Viceministro dell’Interno lituano, Kęstutis Lančinskas. Per una persona che vuole entrare in Europa per chiedere protezione, ottenere il visto per un paese al confine del territorio dell’Unione europea significa avere la certezza di evitare il lungo e pericoloso tragitto di avvicinamento verso il confine europeo. Come quello che compiono, per esempio, le persone che percorrono la cosiddetta “rotta balcanica” risalendo tutti i Balcani per migliaia di chilometri in condizioni molto precarie.

Politico scrive che i partiti di maggioranza in Polonia stanno accusando l’opposizione di pensare più agli interessi dei migranti che a quelli dei polacchi, spalleggiati dalla TV di Stato e dai giornali vicini a Diritto e Giustizia. È un argomento usato dall’estrema destra in tutta Europa, spesso in concomitanza dell’aumento dei flussi migratori.

In risposta a tali argomentazioni, la Commissione europea ha avviato una campagna di pressione contro diverse compagnie aeree minacciandole di restringere il loro accesso agli aeroporti europei e allo spazio aereo europeo.

C’è stato anche uno scontro durante un incontro d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU, durante il quale Francia, Regno Unito e Stati Uniti (membri permanenti) assieme a Albania, Estonia e Irlanda hanno presentato un comunicato congiunto in cui accusavano il Governo bielorusso di mettere in pericolo le vite dei migranti «per ragioni politiche» e con l’obiettivo di «destabilizzare i paesi vicini e i confini esterni dell’Unione europea e sviare l’attenzione dalle sue crescenti violazioni dei diritti umani». La Russia, altro membro permanente del Consiglio e con il potere di veto, ha però difeso la Bielorussia e sostenuto che piuttosto le violazioni dei diritti umani le stesse compiendo la Polonia, che maltratta i migranti che cercano di entrare sul suo territorio.

La Polonia non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee

La Polonia infrange uno dei principi fondativi dell’Unione europea. Nel 2017 è stata creata una sezione dal Governo polacco per indagare sugli errori giudiziari dei magistrati che ancora oggi mantiene poteri molto ampi e ha il potere di avviare procedimenti penali contro i giudici. La Corte di Giustizia dell’Unione europea lo ha definito un organo non imparziale in grado di minacciare l’indipendenza del sistema giudiziario del Paese. Ha dunque emesso un ordine provvisorio (chiamato “misura ad interim”) per bloccarne le attività, ordine che però non è stato rispettato. La Corte Costituzionale polacca ha così stabilito che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione europea deve essere conforme alla legge polacca, per essere applicato in Polonia.

La decisione della Corte Costituzionale polacca non ha precedenti nella storia europea. L’Unione europea e la stragrande maggioranza degli esperti di diritto internazionale ritengono che il Governo polacco abbia compromesso l’indipendenza dei tribunali e della magistratura con varie decisioni: la stessa Corte Costituzionale polacca è piena di giudici nominati direttamente dal governo e ritenuti vicini a Diritto e Giustizia.

I tentativi da parte dell’Unione europea di risolvere diplomaticamente la contesa giudiziaria sono ormai innumerevoli e comprendono anche una procedura di infrazione, aperta nel 2017 e mai portata a termine. Più di recente la Commissione Europea (l’organo esecutivo dell’Unione) è passata alle maniere forti e ha bloccato i fondi del cosiddetto Recovery Fund alla Polonia finché non accoglierà le indicazioni dell’Unione europea sull’indipendenza della magistratura e dei tribunali polacchi.

Zone libere dall’ideologia LGBT

Lo scorso marzo il Parlamento europeo ha proclamato tutta l’Unione “zona di libertà LGBTIQ” e ha apertamente sottolineato che si trattava di una presa di posizione verso i paesi che non garantiscono i diritti delle comunità LGBT+, citando Polonia e Ungheria. La Commissione europea ha ritenuto che il Governo non sia stato in grado di rispondere in maniera esauriente e completa alle sue richieste di chiarimento sulla natura e sull’impatto delle cosiddette “zone libere dall’ideologia LGBT”, istituite da diverse Regioni e Comuni polacchi. A settembre del 2020 la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto: «Le zone libere dall’ideologia LGBTIQ sono zone senza umanità. E non c’è spazio per loro nella nostra Unione europea».

Nel suo comunicato stampa, la Commissione europea ha ripreso l’articolo 2 del Trattato dell’Unione Europea spiegando che «il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani» sono valori fondamentali dell’UE e che la Commissione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per difenderli.

La Commissione europea ha avviato due procedure di infrazione contro l’Ungheria e la Polonia relative alla tutela dell’uguaglianza e dei diritti fondamentali.

Ma allora perché l’UE non agisce?

Quando nei primi anni duemila l’Unione europea si è allargata verso est inglobando una serie di Paesi che fino a pochi anni prima avevano fatto parte del blocco sovietico – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Bulgaria – gli osservatori più prudenti sostenevano che i paesi in questione non fossero ancora pronti per rispettare gli standard europei in fatto di trasparenza degli apparati burocratici, rispetto dei diritti umani, indipendenza di media e tribunali.

I motivi per cui l’Unione europea non ha mai minacciato né tantomeno preso misure del genere sono due. Il primo è che espellere un paese dall’Unione non è affatto semplice, anzi. Il secondo è che una o più espulsioni avrebbero delle controindicazioni molto evidenti e potenzialmente molto problematiche per gli altri paesi. L’articolo 7 è stato aggirato con estrema facilità: lo scenario del Trattato prevedeva che un solo paese potesse violare le norme sui valori europei, ma non prendeva in considerazione che i trasgressori fossero più di uno. E dato che per sospendere il diritto di voto ad un certo Paese serve il voto di tutti gli altri, è bastato che Ungheria e Polonia si impegnassero a proteggersi a vicenda per disinnescare l’opzione nucleare.

Il principale tribunale europeo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha condannato la Polonia a pagare alla Commissione europea una multa giornaliera di un milione di euro per non aver sospeso, come richiesto dalla Corte lo scorso luglio, l’attività della sezione disciplinare della Corte Suprema polacca. L’Unione sostiene che quella sezione sia un organo che limita l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici, e che quindi non garantisca il rispetto dello Stato di diritto in Polonia (principio su cui si basano le democrazie costituzionali moderne, e che implica il rispetto delle leggi da parte sia dei cittadini sia di chi li governa). Nella decisione della Corte si legge che «il rispetto delle misure provvisorie ordinate il 14 luglio 2021 dalla Corte UE è necessario al fine di evitare un pregiudizio grave e irreparabile all’ordine giuridico dell’Unione europea e ai valori sui quali l’Unione si fonda, in particolare quello dello Stato di diritto». L’importo della multa è molto significativo per gli standard della Corte di Giustizia e opporsi al suo pagamento è piuttosto complicato. Per evitare l’accumularsi della sanzione, la soluzione più semplice e finora intrapresa dagli Stati che hanno ricevuto condanne simili è quella di adeguarsi alle richieste. Staremo a vedere.

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