LA TRAGEDIA AFGHANA SOTTOLINEA LA NECESSITÀ DI UN ESERCITO EUROPEO E DI UNA RIFORMA DELLA NATO

, di Jacopo Barbati

LA TRAGEDIA AFGHANA SOTTOLINEA LA NECESSITÀ DI UN ESERCITO EUROPEO E DI UNA RIFORMA DELLA NATO
Chirico Giuseppe, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/license...> , via Wikimedia Commons

L’argomento è totalizzante e giustamente occupa le prime pagine di tutto il mondo: praticamente subito dopo il ritiro di tutte le truppe NATO che stazionavano sin dal 2001 nel Paese al fine di rovesciare l’Emirato Islamico governato da Talebani e Al-Qāʿida e guidare l’Afghanistan verso una stabile democrazia, gli stessi Talebani stanno per ripristinare l’Emirato Islamico, addirittura più esteso di prima.

Senza mezzi termini: un fallimento epocale di ONU e NATO, costato in venti anni centinaia di migliaia di vite umane nonché migliaia di miliardi di Euro; con il solo risultato di aver temporaneamente interrotto una feroce dittatura che sembra essere tornata più feroce di prima. A pagare saranno donne e uomini civili e inermi che sognavano ciò che noi che viviamo nei Paesi NATO diamo per scontato, ossia libertà e democrazia.

Si sta parlando di tutto in queste ore: del lato umanitario, politico, economico, sociale di questa catastrofe; però un argomento è stato toccato poco: la necessità di riformare la NATO e quella di costituire al più presto un esercito europeo.

La NATO - che ha gestito, su autorizzazione dell’ONU, la missione International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan dal 2001 al 2014 - è stata costituita nel 1949, sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e su impulso degli Stati Uniti che chiaramente temevano l’influenza sovietica su alcuni Paesi europei, cercando quindi un supporto militare reciproco con gli altri.

Le relazioni, all’interno della NATO, sono sempre state squilibrate, con gli Stati Uniti a fagocitare il dibattito e le decisioni, molto spesso spalleggiati dai fedelissimi alleati britannici. Così fu anche agli inizi degli anni 2000, con le missioni in Iraq e appunto Afghanistan, con gli USA che spinsero la NATO a imbarcarsi in tali missioni nonostante la maggior parte dei Governi europei stesse ricevendo rimostranze da parte dei propri cittadini.

Ciò indusse molti contingenti europei a impegnarsi solo con “missioni di pace”, che però, secondo l’opinione di Marco Bertolini, ex Capo di Stato Maggiore in ISAF intervistato dal Corriere della Sera, hanno creato delle palesi disomogeneità:

“[...] Gli americani, assieme agli inglesi, facevano la guerra nel senso completo della parola. Noi invece, assieme a tanti altri contingenti, insistevamo nel presentare le nostre operazioni come civili e di pace: portavamo libri ai bambini, costruivamo scuole, centri di assistenza per le donne. In certi momenti fu come se noi fossimo in Afghanistan unicamente per fare abolire il burqa, si era persa del tutto la dimensione militare. [...]”

Creando quindi una situazione per la quale i contingenti europei si dovevano comunque trovare spesso a richiedere supporto militare agli Stati Uniti.

Quindi, in buona sostanza: gli Stati Uniti hanno deciso di iniziare la missione in Afghanistan come risposta agli attentati dell’11 settembre 2001; hanno dettato la linea durante tutta la missione e hanno deciso di interromperla. Il tutto, coinvolgendo il resto della NATO (ossia gran parte dei Paesi europei) che non ha potuto fare altro che adattarsi.

Come è stato possibile? La risposta è purtroppo banale: chiaramente gli Stati Uniti, all’interno della NATO come la conosciamo oggi, sono stati, sono e saranno l’elemento forte. Per dimensione, peso politico, economico e militare. Nessun Paese europeo può da solo imporre loro una scelta, neanche il Regno Unito (che a giugno, assieme all’Italia, aveva chiesto di posticipare il ritiro delle truppe ma invano).

Però i tempi sono cambiati, dalla fondazione della NATO nel 1949. Gli stati europei hanno superato la ricostruzione post-bellica (anche grazie agli Stati Uniti, va riconosciuto), la Guerra Fredda è terminata con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e molti Paesi che una volta erano in orbita sovietica sono entrati addirittura a far parte della NATO. E, ancor più decisivo, nel frattempo si è costituita l’Unione Europa, forte di ben 27 membri che nel complesso potrebbero vantare un peso politico ed economico sicuramente paragonabile, se non superiore, a quello degli Stati Uniti. Militarmente non ancora, perché in Europa storicamente si investe meno rispetto agli Stati Uniti in questo settore, ma da tempo si discute della costituzione di un esercito dell’UE e i fatti afghani dimostrano che i tempi sono maturi.

Un esercito europeo, ovviamente controllato dalle istituzioni democratiche dell’UE, abbinato a una politica militare ed estera comune - e quindi a una riforma delle istituzioni europee, dovrebbe anche essere il volano per una riforma di alleanze militari come la NATO, portando al suo interno il necessario ammodernamento, istituzionale e operativo, nonché i valori europei, che possano tendere allo scopo finale di creare una governance quanto più estesa delle operazioni militari in ottica infine pacifista - chi fa parte di una alleanza militare non si attacca a vicenda.

Infine: l’UE, Premio Nobel per la Pace, non può ammettere o tollerare in alcuna maniera che alcuni dei suoi Stati membri vengano meno agli impegni sui diritti dei rifugiati afghani che verosimilmente arriveranno in massa in territorio UE nei prossimi mesi. Se l’Europa vuole essere un faro di civiltà, deve essere almeno in grado di riparare ai propri errori.

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