Lockdown a Shangai: ennesima minaccia per le GVCS

, di Rita Campus

Lockdown a Shangai: ennesima minaccia per le GVCS

Eurobull.it, in partnership con il Centro Einstein di Studi Internazionali, pubblica di seguito un articolo realizzato come attività di ricerca all’interno del CESI Internship Research Project, http://www.centroeinstein.eu/.

Persiste a Shanghai, imponente polo economico e portuale cinese, il lockdown iniziato il 28 marzo, ancora non totalmente revocato dalle autorità cinesi. A causa della Politica Zero-Covid attualmente in atto in Cina, le autorità centrali non accennano ad allentare la presa e la chiusura della città di Shanghai e in particolare del suo porto, causando non pochi problemi logistici e ritardi commerciali in tutto il mondo. Si stima che dopo le prime tre settimane di lockdown, circa il 30% delle merci che avrebbe dovuto lasciare il porto è rimasto bloccato al punto di partenza, causando un lungo ritardo che in poco tempo colpirà tutto il mondo.

L’importanza di Shanghai si deve al suo ruolo di hub commerciale globale che garantisce – o almeno dovrebbe – il trasporto di merci da tutto il mondo tra Asia, Europa e America. Il porto è sottoposto a pesanti restrizioni da ormai un mese e questa situazione sta creando, e creerà, non pochi disagi per via della complessità odierna delle catene globali del valore (anche dette GVCs, acronimo inglese di Global Value Chains) e dell’alta interdipendenza che lega tutti i paesi del mondo.

Le GVCs si sono affermate nella prima metà degli anni ’90 e vengono considerate l’espressione della globalizzazione odierna. Si configurano come un modello che si basa sulla frammentazione del processo produttivo di un bene e/o servizio, le cui diverse fasi di produzione vengono distribuite tra numerose imprese localizzate anche in continenti diversi.

La possibilità di frammentare la produzione di un prodotto ha origine da due fattori: uno politico/economico ed uno tecnologico. Il primo riguarda la libertà di movimento dei beni, che permette ad ogni azienda di investire nella produzione all’estero senza dover sostenere costi esorbitanti; il secondo fattore riguarda il miglioramento delle infrastrutture e della comunicazione che hanno permesso di dislocare in luoghi remoti le diverse fasi produttive del prodotto, ottenendo un abbassamento dei prezzi di trasporto e un controllo efficiente della produzione a distanza.

Le problematiche che si stanno riscontrando a causa della situazione odierna di Shanghai sono date proprio dalla complessità intrinseca del sistema delle GVCs, che spesso viene data per scontata. In un momento di crisi come quello che sta vivendo la città portuale cinese oggi, i paesi e le aziende di tutto il mondo si sono resi ancora una volta conto di come questo sistema complesso sia vulnerabile non appena una parte del meccanismo si rompe o si blocca.

Una delle prime conseguenze negative connessa al sistema delle GVCs riguarda il fatto che i singoli paesi non sono più in grado di essere autosufficienti, poiché estremamente interdipendenti tra di loro per la produzione di prodotti anche vitali – basti pensare al 2020, quando le mascherine chirurgiche erano introvabili in Europa perché venivano fornite in prevalenza da paesi asiatici, tra cui la Cina. Questo legame fittissimo di scambi commerciali viene spesso dato per scontato e quando sorgono problemi in un meccanismo così complesso, il risultato è un effetto a catena che rischia di coinvolgere tutto lo scenario globale.

Una seconda conseguenza riguarda la fragilità delle GVCs. Nonostante appaia estremamente efficiente, questo sistema nasconde dei punti deboli che, se colpiti, possono ripercuotersi sull’intero sistema economico globale. Questo è proprio il caso del porto di Shanghai durante l’ultimo mese di lockdown forzato. La mancanza di sistemi di trasporto, il calo del 40-50% dell’accesso ai camion e la difficoltà nell’ottenere i permessi per i trasporti intercontinentali, così come i materiali e le merci richieste, sono solo alcune delle sfide che le aziende di tutto il mondo si stanno trovando ad affrontare.

Per via della complessità della situazione nel porto cinese – resa ancora più ardua dalla Politica Zero-Covid adottata dalla Cina – numerose aziende europee stabilite in Cina stanno considerando di diversificare la loro produzione in altre aree globali per evitare che situazioni simili possano verificarsi in futuro.

La Camera di Commercio Europea in Cina ha riportato che il 57,3% delle aziende è stata negativamente influenzata dal lockdown di Shanghai. Inoltre, il report pubblicato la settimana scorsa ha sottolineato che il 23% delle 372 aziende europee intervistate stava prendendo in considerazione il dislocamento dei loro apparati produttivi in altri paesi per poter evitare che una situazione simile possa ripetersi nuovamente. Ovviamente, attuare un piano del genere è più complicato nella pratica, sempre per via dell’alta interdipendenza che intercorre globalmente oggigiorno e che rende il sistema delle GVCs sulla carta efficiente. Inoltre, un cambiamento di tale portata potrebbe creare gravi disagi in grado di intaccare ulteriormente l’intero commercio globale.

A titolo d’esempio, l’azienda automobilistica tedesca Volkswagen, famosa in tutto il mondo, è solo una delle tante compagnie che sta riscontrando numerose perdite a causa dell’improvviso lockdown a cui è sottoposta Shanghai. Gli stabilimenti del noto marchio non sono in grado di riprendere correttamente la produzione e per questo sono temporaneamente incapaci di soddisfare l’elevata domanda dei clienti. Il CEO del Gruppo Volkswagen, Herbert Diess, ha dichiarato quanto questa situazione critica abbia insegnato all’azienda la vulnerabilità delle GVCs di cui fa parte e come sia arrivato il momento di elaborare una strategia per diminuire i rischi e rendersi meno vulnerabili da fattori esterni per la produzione delle proprie auto.

Nonostante le misure restrittive siano state lentamente allentate negli ultimi giorni e la Cina stia facendo progressi nella gestione del Coronavirus, non c’è dubbio che la congestione del porto di Shanghai si ripercuoterà sulla filiera produttiva di tutto il mondo fino alla fine dell’anno corrente, causando numerose perdite e un continuum di problematiche logistiche che riguarderanno – direttamente e non – l’economia globale nel suo complesso.

Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno messo ben in chiaro la situazione drammatica in cui l’economia globale è immersa al giorno d’oggi. Il caso del porto di Shanghai è solo un’ulteriore sfaccettatura della fragilità intrinseca delle GVCs e dell’interdipendenza a cui siamo sottoposti ogni giorno. Tuttavia, queste caratteristiche vengono spesso date per scontate almeno finché il meccanismo non si arresta. Questo e altri recenti episodi mostrano quanto in realtà il sistema economico mondiale, basato sulle catene globali del valore, sia in realtà debole.

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