Di fronte alle brutali accuse nei suoi confronti da parte di molti leader, analisti e personaggi influenti occidentali che ne condannano l’ostinazione a cercare il dialogo col Cremlino, il rieletto Capo di Stato francese non cede di un passo e difende con fermezza il suo operato e le sue intenzioni.
Il faut assumer de pouvoir toujours continuer à parler à tout le monde - ha sostenuto Macron di fronte ai diplomatici francesi riuniti all’Eliseo - surtout (à) ceux avec qui nous ne sommes pas d’accord. [1].
Sin dal principio, le relazioni con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin hanno rappresentato per Macron un punto cruciale del suo progetto di politica estera: deciso a ridare slancio all’integrazione europea, il programma del neo-eletto Presidente intendeva costruire già a partire dal 2017 un’Unione Europea più compatta ed equa, un’Unione Europea alleata immancabile degli Stati Uniti ma da quelli comunque largamente autonoma, nonché un’Unione Europea a guida franco-tedesca, possibilmente più franco che tedesca. Per raggiungere tali obiettivi, si ritenne necessario primariamente riaffermare il ruolo dell’Esagono al difuori dell’Europa e nel Mondo tramite diplomazia e presenza militare. Ora, accertato il fatto che la presenza militare si confà a specifiche realtà geopolitiche di cui certamente la Russia non fa parte, il Presidente Macron optò per l’avvio di un’intensa attività diplomatica col Cremlino, a partire direttamente dall’invito a Versailles del leader di Mosca nel 2017, ricambiato da questi nel 2018 con l’invito a San Pietroburgo del francese. Questi reciproci slanci iniziali favorirono la nascita di quello che ormai si configura come il rapporto più stabile tra la Russia e un paese occidentale (se assumiamo di considerare la Turchia come un paese non occidentale).
Il sudato ottenimento di un ruolo simile da parte della Repubblica Francese rappresenta quanto meno un’ottima tappa per assicurarsi una rinnovata rilevanza sulla scena mondiale e per avviare un processo di ri-centramento geopolitico in favore dell’Europa ed a scapito (ma mai eccessivamente) degli States.
Ultimo faccia-a-faccia tra i due leader fu infine nel 2019 il tanto dibattuto invito di Putin da parte di Macron alla residenza presidenziale francese estiva, l’isola di Brégançon, lungo la Côte d’Azur. Durante il soggiorno, i presidenti hanno a lungo discusso di vitali questioni di politica internazionale, tra cui spiccano l’interesse di entrambe le rispettive nazioni nell’Africa sub-sahariana, la situazione in Libia, in Siria ed infine anche e soprattutto in Ucraina.
La Francia, insieme alla vicina Germania, era (e sarebbe a tutt’oggi) coinvolta in prima linea circa gli avvenimenti susseguitisi sul confine ucraino-russo in seguito alla crisi del 2014, quando la Crimea venne illegalmente annessa alla Russia e si originò la questione Donbass con la creazione delle due repubbliche indipendenti filorusse di Donetsk e Lugansk. Le due nazioni europee s’erano infatti all’epoca rese garanti degli Accordi di Minsk che avrebbero dovuto segnare la fine delle tensioni, impegnandosi ad accettare l’attuazione delle misure da essi previste.
Non stupisce scoprire, alla luce della nuova e più intensa fase del conflitto sorta quest’anno, che gli Accordi non furono rispettati interamente dalle due parti. Era già tempo infatti che la situazione devolveva in una degenerazione dei rapporti tra le due nazioni a causa di continue violazioni.
In particolare, in agosto 2019, quattro soldati ucraini morirono, spingendo il nuovo Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky a chiedere altri colloqui con l’omologo russo. Destata l’attenzione del leader francese, questi a sua volta si adoperò al fine di organizzare un summit a cui presenzieranno tutti i Capi di Stato coinvolti nella complessa vicenda, incontrando resistenze in primo luogo da Putin stesso.
Si giunge così alla crisi pandemica e da lì all’ultima fase ancora in atto del conflitto in Ucraina. La speciale relazione che ormai guidava le scelte diplomatiche di Macron con la Russia, dopo una prima fase d’arresto, ha continuato a sussistere tra la potenza belligerante e l’aspirante mediatore europeo.
Di fronte all’alternativa di quella che gli Ateniesi appresero a definire già cinque secoli prima di Cristo come demonizzazione ed isolamento del nemico, il Presidente Francese ha preferito assumersi l’incarico di rimanere l’unico canale di comunicazione tra Occidente e Cremlino, anche persuaso in questo dalle parole del Presidente Ucraino Zelensky stesso, che nel lontano primo giorno di guerra gli chiese durante una chiamata telefonica di parlare con Putin per ragionare degli accordi.
Oltre a ciò, il Presidente Macron ha anche sostenuto durante un’intervista alla stampa francese la necessità di non umiliare la Russia, spiegando che a tal modo il giorno in cui i combattimenti termineranno, si potrà costruire una via d’uscita attraverso i canali diplomatici. Il che ha, come si può immaginare, sollevato numerose critiche ed accuse da parte di altri membri della NATO, in particolare da stati dell’Europa Orientale, di fronte a cui la Francia ha ripetutamente negato di essere disposta a fare concessioni alla Russia o peggio.
L’Eliseo ha così avviato una serie di chiamate telefoniche tra i due Capi di Stato nell’intento di mediare una tregua, dei corridoi per civili, una fine del blocco navale od una soluzione di pace più stabile.
I dialoghi, che complessivamente ammontano a più di 100 ore di lunghezza, hanno avuto un ruolo fondamentale, seppur non direttamente, al raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Anche in risposta ai numerosi personaggi, analisti ed opinionisti che lo hanno attaccato accusandolo di ingenuità, tra cui ricordiamo l’ex dirigente della NATO Anders Fogh Rasmussen che ne ha definito l’approccio come disastrous, Macron prosegue la sua linea d’azione diplomatica. Anche in seguito alla chiusura delle comunicazioni voluta dal Presidente Russo il 5 agosto, quando l’Héxagone è venuta a far parte delle nazioni considerate ostili da Mosca, il leader francese non ha desistito ed è riuscito, il 19 agosto, ad avere una nuova chiamata telefonica con Putin. Argomento del dialogo, la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizzja.
Si giunge finalmente ad oggi. La conferenza diplomatica francese è terminata e le linee-guida sono state definite, così come le intenzioni del Presidente, che non cambiano. Al difuori della cerchia di consiglieri e ambasciatori vicini a Macron, si allarga a macchia d’olio il numero di occidentali a vedere di cattivo occhio il bizzarro rapporto col Cremlino, dando spazio ad accuse ed osservazioni critiche.
Le trattative avviate durante le chiamate telefoniche non hanno certamente sortito l’effetto auspicato da molti e dal Presidente stesso: spesso vano, il dialogo con Mosca si rivela più aspro del previsto. In molti rimproverano e continueranno a rimproverare al Capo di Stato francese l’eccessiva morbidezza con lo spietato dittatore che ha voluto l’invasione di un paese indipendente senza preoccuparsi di sporcarsi le mani qualora necessario. In molti obiettano e continueranno ad obiettare lo spreco di tempo in cui questi tentativi rischiano di risultare, a fronte dell’energia spesa.
Ora, ciò che emerge anche da sottolineare è che la politica diplomatica di Macron sta conducendo ad alcuni obiettivi, seppur per il momento marginali, e potrebbe in futuro portare a meglio ancora.
Ma soprattutto, occorre riconoscere che il tentativo, di cui magari si fatica ancora a trovare il metodo di applicazione più efficace, è una tappa imprescindibile del processo di autonomia europea.
Come evidenzia lui stesso in un comunicato stampa, la Francia e l’Europa non sono mai state dipendenti da nessuna potenza mondiale e non intendono dover ora scegliere da quale esserlo: al fine di mantenere un’indipendenza decisionale che permetta di gestire al meglio problemi regionali e questioni più ampie come quella climatica, l’Europa deve mantenere la propria indipendenza politica e geo-strategica anche e soprattutto durante questo scontro tra Stati Uniti, Russia e Cina.
Un buon modo per farlo è proporsi di gestire crisi interne al continente quanto più possibile in maniera autonoma (evitando che terzi si intromettano, i.e. la Turchia) e di confermare la centralità dell’Europa di fronte al rischio di divenire semplice campo di battaglia per guerre più grandi di noi.
Ciò che ci serve, ammonisce Macron, è unità. Ed anche una riflessione sul significato d’Europa.
Citando Emmanuel Macron stesso nelle parole scelte per il discorso di chiusura della Conferenza sull’Avvenire d’Europa di fronte al Parlamento Europeo riunito a Strasburgo il 9 maggio: En 1989, le président François Mitterrand ouvre cette réflexion lors de l’effondrement de l’Union Soviétique, proposant la création d’une confédération européenne. […] Elle a inclus la Russie dans cette confédération, ce qui, bien sûr, a été rapidement jugé inacceptable pour les États qui venaient de se libérer du joug de l’Union Soviétique. Mais elle posait une bonne question et cette question demeure: comment organiser l’Europe dans une perspective politique et avec un périmètre plus large que celui de l’Union Européenne? C’est notre obligation historique de répondre aujourd’hui à cette question et de créer ce que je qualifierais ici devant vous d’”une communauté politique européenne”. [2]
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