Non so come andranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo: spero che le bandiere europee sventolino per aver battuto – anche se non sconfitto - i nazionalisti, i qualunquisti, i sovranisti.
Se le forze europeiste hanno vinto non è possibile illudersi e continuare ad amministrare l’esistente come se non fosse successo niente, bisogna cambiare registro, rimboccarsi le maniche e chiedere che l’Europa faccia un passo in avanti verso l’integrazione e l’unita federale: specialmente quella parte d’Italia che è erede, detiene il testimone da chi viene dall’esilio di Ventotene e porta avanti i valori del Manifesto per l’Europa libera ed unita.
Nessuno degli stati membri della Ue sembra vivere un periodo di calma e tranquilità: dall’Ungheria di Orban sempre meno democratica ai paesi dell’est aderenti al coordinamento di Visegrad, dalla Gran Bretagna che non sa che pesci prendere dopo la scelta suicida della Brexit alla Francia scossa da una particolare protesta sociale (Macron è consapevole tanto che lo dice “il destino delle persone dipende dalla sua nascita e lo stato deve assicuragli i servizi necessari…”), e poi l’Italia, franata sul piano economico, governata da una maggioranza divisa su tutto salvo che sulla polemica su chi li ha preceduti.
Insomma, questa Europa che pare aver perso al suo interno il senso del futuro, suscita entusiasmo tra i tanti che bussano alla sua porta.
L’Italia, come Paese fondatore, nel quale e nata la scelta del federalismo europeo, è diventato un territorio meno europeista? Penso proprio di no, anche se molti credono che una visione di iniziativa solo economica e di restringimento di quella sociale porti ad un’azione burocratica, che si copre dietro la tecnica delle omogeinazzazioni tecniche tra gli stati (direi più confederale che federale), mai politica che guardi alla crescita e al futuro – al riequilibrio tra economie deboli e forti dell’Unione - di ogni territorio aderente alla Ue, e non miri, nei fatti, solo a consolidare, supportare, migliorare la condizione delle economie già più forti.
È vero che l’Europa si trasforma dall’interno, non si distrugge quello che abbiamo costruito di positivo – si cambia quello che abbiamo sbagliato -, ma dobbiamo amettere che al momento Bruxelles non ci aiuta a costruire l’Europa che sogniamo, né con un progetto per raggiungerla: l’Europa è ferma alla bocciatura della “Costituzione europea”, e da quella deve riprendere.
La realizzazione della moneta unica è uno strumento formidabile, specialmente per la stabilità economica dell’Italia, per i salari erosi dalla forte inflazione, per la difesa temporanea delle classi più deboli, ma se è facile e convincente smontare le tesi dei cosidetti sovranisti e la loro “nostalgia” del passato e di una supposta “età dell’oro della lira”, non è possibile schierarsi con “l’ordine costituito” di questa Europa: specialmente quando Francia e Germania, per mantere il loro potere, vogliono realizzare un’Europa a due velocità.
La crisi della zona euro e l’allargamento della moneta unica (senza solidarietà, nonostate la Bce, monete differenti sono destinate a venire in contrasto) sono problemi politici e come tali vanno trattati, al di là di suggestioni bilaterali e di “ritorno“ ad inesistenti sovranità nazionali.
La “nuova” Europa deve offrire sicurezza (sulla percezione della insicurezza si sono fatte le fortune dei movimenti qualunquisti, mentre la Ue non ha dato risposte sulla criminalità organizzata, sulla supposta “invasione” migratoria, sulla ripartione degli immigrati in tutto il territorio aderente e la loro integrazione), ecologia (non basta aderire agli accordi internazionali: bisogna farli applicare a tutti), stabilità economica, occupazione,…
Sotto l’íncalzare della crisi ecomica internazionale, migratoria, e il terrorismo dell’estremismo islamico, le istituzioni “intergovernative” della Unione Europee hanno dimostrato tutta la loro insufficienza.
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