Per cambiare l’Unione europea in senso sovranista – secondo quel che pretende Matteo Salvini – ci vuole il consenso degli europei o – se non si ottenesse il consenso di tutti – ci vuole il consenso di un’ampia maggioranza che in un’Unione di Stati e di cittadini vuol dire una consistente maggioranza di Stati e di cittadini. In democrazia si deve accettare la decisione della maggioranza che vale ancor di più nell’Unione europea dando certamente il diritto a chi non vuole aderire alla nuova Unione di mantenere legami politici ed economici con pezzi della vecchia Unione (il mercato, la moneta, Schengen, la Carta dei diritti…).
I nazionalisti sono minoranza
I vari nazionalisti (gli ormai pochi conservatori britannici alleati con il partito al governo in Polonia e con Giorgia Meloni in Italia, i Brexiter di Farage alleati per ora con il Movimento 5Stelle, Marine Le Pen e Matteo Salvini uniti con le estreme destre europee) hanno ottenuto nel Parlamento europeo – tutti insieme ma in tre gruppi diversi (ECR, EFDD, ENF) rigorosamente disuniti – una ventina di deputati in più rispetto al 2014 ma rappresentano nell’Unione europea una minoranza di poco più di un elettore su cinque. Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea scomparirà il modesto vantaggio acquisito nelle elezioni del 26 maggio perché torneranno a casa i 29 deputati di Farage e i quattro deputati conservatori, il gruppo a trazione The Brexit Today si avvicinerà pericolosamente alla soglia minima di 25 deputati, i deputati 5 Stelle – il cui credo nazionalista è ancora tutto da verificare – non hanno ancora trovato una famiglia politica europea pronta ad accoglierli e potrebbero precipitare nel buco nero dei non-iscritti.
Intorno al tavolo del Consiglio europeo i nazionalisti mettono insieme con difficoltà una percentuale di primi ministri comunque inferiore a quella dei loro partiti di provenienza nel PE e non sono in grado di riunire una minoranza di bloccaggio né nella procedura legislativa ordinaria né – quando il Trattato richiede una maggioranza super-qualificata – nel caso della nomina dei Presidenti del Consiglio europeo, della Commissione e della BCE o dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza. Inoltre, le ultime elezioni legislative nazionali hanno espulso dal tavolo del Consiglio europeo potenziali alleati in Svezia, Finlandia, Croazia, Danimarca e forse, in autunno, Austria.
Quattro partiti…
Non ci sarà dunque il cambiamento dell’Unione europea in senso sovranista che vorrebbero Marine Le Pen e Matteo Salvini e che essi hanno promesso al 23% dei francesi e al 34% degli italiani che li hanno votati. Che il vento nazionalista annunciato per mesi dai media sia diventato un venticello apparirà evidente nei negoziati per vertici delle istituzioni europee. Nel Parlamento europeo si sono seduti intorno al tavolo i capi-gruppo uscenti popolare (quel Manfred Weber candidato da Angela Merkel alla presidenza della Commissione come Spitzenkandidat), socialdemocratico, liberale e verde e cioè una vasta maggioranza europeista che esclude l’estrema sinistra del GUE uscita ammaccata dalle elezioni europee e i tre gruppi nazionalisti. Questa per ora ipotetica maggioranza europeista tenterà di far quadrare il cerchio e cioè di costruire un quadrato con i quattro partiti europei, un quadrato che abbia la stessa area del cerchio formato da tutti gli europeisti risolvendo un problema più difficile di quello posto dalla matematica greca: popolari e socialisti (usciti fortemente ridimensionati dalle elezioni europee e privi ormai della maggioranza assoluta che aveva consentito loro di occupare i vertici delle istituzioni europee negli ultimi venti anni) sostengono il principio della democrazia formale introdotto dai partiti europei nel 2014 con il metodo degli Spitzenkandidaten nella speranza di portare alla presidenza della Commissione o il popolare Weber o il socialista Timmermans mentre i liberali e i verdi (usciti rafforzati dalle elezioni europee e divenuti indispensabili per qualunque solida maggioranza) intendono far valere il principio della democrazia sostanziale che presiede alla formazione di qualsiasi governo parlamentare facendo prevalere l’accordo politico su quello dei nomi.
…e quattro nomine da fare
La quadratura del cerchio (che comprende anche il nome del Presidente del PE da eleggere il 2 luglio) dovrebbe avvenire entro il 19 giugno e cioè prima che i capi di Stato e di governo si riuniscano per mettere insieme il puzzle di quattro nomine: il Presidente della Commissione e l’Alto Rappresentante per la politica estera e della sicurezza che dovranno poi ricevere il voto di fiducia del PE, i presidenti del Consiglio europeo e della BCE rispettando nello stesso tempo gli equilibri politici, di genere, geografici e geopolitici.
Senza gli italiani
Intorno ai due tavoli- quello parlamentare e quello intergovernativo – ci saranno molte lingue e quattro culture politiche ma non ci sarà l’italiano e non ci saranno i rappresentanti della maggioranza giallo-verde. I primi, decisivi passi della nuova legislatura avverranno senza di loro così come avverranno senza i nazionalisti degli altri paesi, una rumorosa ma ininfluente minoranza nel Parlamento europeo e nel Consiglio. I nazionalisti avranno tuttavia come potenziali alleati tutti coloro che si illudono di trarre vantaggio dall’Unione europea così come essa è oggi e cioè con il rigore finanziario, l’egoismo sulle politiche di immigrazione, un tiepido impegno sul cambiamento climatico, il silenzio sulle violazioni dello stato di diritto, la frammentazione dello stato sociale e la crescita delle diseguaglianze, l’inconsistenza nella politica estera, preferendo l’immobilismo all’innovazione. L’inerzia nell’Unione europea potrebbe essere dunque il frutto di una alleanza contro natura fra nazionalisti e immobilisti impedendo all’integrazione europea di trasformare le opportunità uniche della dimensione sovranazionale in politiche e beni comuni.
Bisognerebbe spiegare meglio a chi ha votato per i nazionalisti – pensando di garantire così il cambiamento in senso sovranista dell’Unione – che in questo modo si sono create le condizioni per facilitare la paralisi europea e per rendere irrilevante la voce dei cittadini e inconsistenti i loro interessi. Bisognerebbe convincere chi ha votato per i nazionalisti ad abbandonarli alla loro irrilevanza e sostenere nel Parlamento Europeo i veri innovatori, e cioè coloro che vogliono un’Europa sovrana, unita, democratica e solidale, contestando duramente l’ipocrisia dei nazionalisti e l’ignavia degli immobilisti.
C’è ancora tempo per farlo.
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