La questione curda e il Confederalismo democratico: una prospettiva federalista (Parte 1)

, di Michelangelo Roncella

La questione curda e il Confederalismo democratico: una prospettiva federalista (Parte 1)
Levi Clancy, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/license...> , via Wikimedia Commons

Questo articolo è il primo di una rubrica di sei che cerca di trattare una questione molto complessa in una regione già complicata qual è Medio Oriente. I testi potrebbero presentare limiti e mancanze, in particolare riguardo il Confederalismo Democratico elaborato nel 1999, con il rischio di trascurare i suoi aggiornamenti più recenti. Lo scopo è comunque che si apra un dibattito sulla questione, su come gestirla e come magari risolverla.

La guerra in Ucraina ha spinto la Finlandia e la Svezia ad avvicinarsi alla NATO, mettendo da parte i rispettivi regimi di neutralità. Mentre il Paese finnico è riuscito a entrare nell’Alleanza Atlantica, quello svedese ha più volte incontrato il veto della Turchia di Erdoğan, in quanto il Paese norreno ha dato rifugio politico ai curdi, etichettati da Ankara come terroristi.

Inoltre, il Governo turco - in risposta all’attentato di metà novembre 2022 a Istanbul - ha risposto con l’operazione “Sword Claw” (Artiglio di spada), con l’obiettivo di combattere le minoranze curde, accusate del medesimo attentato e di terrorismo “in generale”, quasi a sembrare una riedizione della “Guerra al terrore” portata avanti dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre. Tale operazione sconfina in Iraq e in Siria, dove sono state colpite anche basi congiunte curdo-russe e curdo-americane, complicando le relazioni di Ankara con gli Stati Uniti (entrambi membri della stessa NATO) e con la Russia, di cui Erdoğan si propone come mediatore nella guerra in Ucraina. La situazione non è particolarmente cambiata con le recenti elezioni che hanno riconfermato “il Sultano”. Più in là in Iran, a settembre 2022, la Polizia morale ha arrestato e provocato la morte di Masha Amini solo perché non aveva indossato “correttamente” il velo. L’episodio è collegato perché la giovane ragazza era curda.

Ma chi sono i Curdi [1]? Che cosa vogliono? E perché sono perseguitati?

I Curdi [2] sono una popolazione di quasi 40 milioni di abitanti situata nel vasto altopiano del Kurdistan, da sempre conteso tra le potenze occupanti, dagli imperi persiano e ottomano ai quattro stati di oggi - Turchia, Iraq, Siria e Iran. Una zona ricca di risorse da cui iniziano i fiumi che dettero vita alla civiltà in Mesopotamia: il Tigri e l’Eufrate.

Un popolo accomunato da una propria lingua - il curdo, di origine indoeuropea - e dalla precedente religione, lo Zoroastrismo (oggi sono in gran parte musulmani sunniti), ma in passato organizzato in molte tribù spesso in contrasto tra di loro. Nonostante i tratti identitari comuni e il passato di repressioni e tentativi di assimilazione, è diventato molto eterogeneo a causa della loro ripartizione tra i quattro Stati, complicando talvolta i rapporti tra i vari gruppi curdi.

La loro comunanza più forte è comunque il desiderio di maggiore autonomia o indipendenza. Un desiderio probabilmente influenzato dalle spinte nazionalistiche (o patriottiche) del Romanticismo di metà ‘800: il Kurdistan, come quasi tutto il Medioriente, era sotto l’Impero Ottomano, le (allora) potenze europee stavano creando i propri imperi coloniali, mentre l’Impero Austro-ungarico (indebolito dall’Italia “risorgimentale”) e la Russia Zarista puntavano sui balcani.

La questione curda emerse alla fine della Prima Guerra mondiale con la caduta dell’Impero Ottomano [3] e il suo smembramento: il Trattato di Sèvres del 1920 includeva anche la creazione di uno “stato curdo” nella regione sud-orientale dell’attuale Turchia [4]. Si prevedeva quindi la divisione dell’Anatolia, malvisto dai turchi. In risposta a questo, il movimento nazionalsita guidato da Mustafa Kemal, detto poi “Ataturk”, prese il potere, fondando l’attuale Repubblica Turca (al tempo laica), riconosciuta con il Trattato di Losanna del 1923 e includeva la stessa il Kurdistan sud-orientale, disattendendo la promessa di uno stato curdo.

Il resto dell’altopiano rimase (e rimane) spartito tra la Siria Baathista degli Assad, l’Iraq (da mandato britannico a regno indipendente e poi il regime di Saddam Hussein) e l’Iran (regno degli Scià e dopo il 1979 repubblica islamica). Questi regimi inflissero ai Curdi diversi tipi persecuzione e di repressione tra tentativi di assimilazione, divieto di insegnamento della lingua curda, negazione dei Curdi come etnia stessa, spostamenti forzati, l’immancabile uso della violenza, sia sporadica sia sistematica, e perfino la privazione della cittadinanza nello Stato di appartenenza. [5]

Un passaggio del libro “Il cuore di Kobane” di Vichi de Marchi, descrive con semplicità e chiarezza le aspirazioni dei curdi:

Aniya sorrise pensando con tenerezza al suo amatissimo papà e alle sue battaglie. Quante volte lo aveva sentito protestare e battersi per mantenere viva la lingua curda. “L’hanno bandita dalle scuole, hanno cercato in tutti i modi di cancellare la nostra identità. Siamo il più grande popolo senza uno Stato. Eppure nessuno si indigna! Non vogliono riconoscere il Kurdistan? Che almeno ci diano più autonomia, più possibilità di decidere il nostro futuro, anziché perseguitarci”, ripeteva a ogni visitatore, ricordando i milioni di Curdi che vivevano in Siria, Iraq e Turchia, senza contare chi se ne era andato in altri paesi.

A livello internazionale, oltre al “tradimento di Sèvres”, i paesi stranieri, tra cui gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (poi la Russia), appoggiarono le popolazioni curde a “uso e consumo” per realpolitik (tutela dei propri interessi, meglio se anche a scapito dell’avversario), anche durante la Guerra Fredda. [6]

Negli ultimi decenni, sono stati fatti alcuni passi avanti. Passi molto faticati e con pochi riconoscimenti: in Iraq nel 1991 nacque la regione autonoma del Kurdistan iracheno, riconosciuta (tramite legge) dopo la caduta del regime di Saddam dopo l’attacco americano del 2003. Tuttavia, il paese post-dittatura si trovò in una situazione di instabilità e con il ritiro delle truppe americane, il vuoto di potere venne colmato dallo Stato Islamico (più comunemente, ISIS), un tentativo di instaurare un Califfato basato dell’integralismo islamico. La stessa organizzazione terroristica provò a espandersi in Siria, destabilizzata (ma sostenuta dalla Russia) dalla Coalizione Nazionale Siriana, sull’onda delle “primavere arabe”, mentre i Curdi siriani sfruttarono la situazione per creare nel 2013 la Federazione del Nord della Siria (o “Rojava”) [7], la quale contribuì a sconfiggere l’ISIS [8] e assunse di fatto il controllo della regione.

Questo è dovuto in buona parte alle organizzazioni che i Curdi si sono date con i rispettivi “bracci armati” - a grandi linee simili al caso irlandese del Sinn Fein e dell’IRA - includendo anche “reparti femminili”: in Siria, ci sono il Partito dell’Unione Democratica (PYD) con le Unità di Difesa del Popolo (YPG) e le Unità di Difesa femminile (YPI). Gruppi simili si sono creati anche negli altri tre paesi.

Tutte queste organizzazioni hanno una propria “internazionale”, l’Unione delle Comunità del Kurdistan che si ispira al “Confederalismo democratico” pensiero elaborato da Abdullah Öcalan detto “Apo” (“Zio” in curdo), nato nel 1948 in Turchia, fondatore e leader del PKK, l’organizzazione curda più conosciuta che in origine è stata di ispirazione marxista. Accusato di terrorismo prima fuggì in Russia, poi in Italia, per poi essere arrestato in Kenya nel 1999. L’iniziale condanna a morte si tramutò in ergastolo, nell’isola prigione di Imrali, dove tuttora è l’unico detenuto.

Un po’ come Altiero Spinelli a Ventotene, Ocalan ebbe modo di leggere scritti, in particolare quelli di Murray Bookchin e iniziò a riflettere sulla situazione nel Kurdistan e sul pensiero marxista. Quindi il leader curdo elaborò il Confederalismo Democratico [9], in fase di sperimentazione proprio nella Repubblica di Rojava, in Siria.

Ma tutto questo cosa c’entra con l’Europa e l’Unione Europea? C’entra parecchio: a cominciare dal fatto che la Turchia è candidata ad entrare nell’Unione dal 1987. Adesione ostacolata dai difficili rapporti con la Grecia e Cipro. Ma più gravi ancora sono il degenero autoritario di Erdogan e le repressioni nei confronti di dissidenti e delle minoranze tra cui i Curdi, per non parlare del genocidio degli armeni nel 1916 - in piena violazione del mai citato Articolo 2 del Trattato di Lisbona che include “rispetto delle minoranze”. A questo si aggiunge anche il controverso accordo sui migranti del 2016 e il tentativo di golpe militare a metà luglio nello stesso anno.

Inoltre una parte consistente dei Curdi sono migrati verso altri paesi, anche in Europa, tra cui anche la Svezia, Paese membro dell’Unione Europea che aspira a entrare nella NATO, di cui è Paese membro la Turchia che pone il veto per via degli stessi rifugiati Curdi. Si chiude il cerchio logico, ma non la questione.

Questione che Öcalan propone di risolverla con il Confederalismo democratco (che sarà trattato nei prossimi articoli).

Note

[2Uno dei personaggi più famosi dei Curdi è il Saladino, condottiero saraceno delle Crociate.

[3L’Impero Ottomano, già decadente e provato dai moti nazionalisti del 1800 e dai “furti” delle sue provincie da parte delle potenze coloniali europee, si schierò a fianco degli Imperi Centrali (Impero Austro-Ungarico e Impero Tedesco), l’alleanza militare uscita sconfitta dalla Grande Guerra.

[4Il trattato era però preceduto dai contrastanti Accordi di Sykes-Picot del 1916 che evidenzia le mire espansionistiche di Francia e Regno Unito.

[5Questo è avvenuto in Siria creando la più grande “comunità di apolidi” nel mondo: dai 120.000 del 1962, i curdi in Siria sono aumentati a 300.000 nel 2010.

[6Nel 1946, l’Unione Sovietica appoggiò la Repubblica curda di Mahabad in Iran, che durò solo undici mesi per mancato riconoscimento internazionale.

[7Questo esperimento di comunità politica, ispirata al Confederalismo democratico si è data come legge costitutiva la Carta del Contratto Sociale, fondata sulla democrazia partecipativa, per garantire a tutti gli stessi diritti fondamentali, come l’uguaglianza di genere, la libertà di religione, i diritti di proprietà. La Rojava è anche abitata da gruppi minoritari arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni. Il centro studi britannico Chatham House (Royal Institute of International Affairs) ha messo in discussione questo modello sostenendo che il potere nel Rojava è in realtà accentrato nel gruppo dirigente del PYD.

[8La presenza dello Stato Islamico, spinse gli Stati Uniti a sostenere i Curdi siriani nonostante il disappunto della Turchia. La nuova entità politica curda non ottenne comunque riconoscimento internazionale. Una volta scongiurato l’ISIS, nel 2019 (Presidenza Trump) i soldati americani si ritirarono, e Erdogan colse l’occasione per promuovere un’operazione rapida (“Sorgente di pace”), seguita poi dalla tregua di Sochi tra Turchia e Russia.

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